9 - Labbra vermiglie

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«C'è nel mio desiderio più di quel che ho tra le mani.»

HARRY'S POV

Dalla stanza non filtrava nemmeno un raggio di luce quando aprii gli occhi lentamente, il soffitto bianco sopra di me e un completo e assoluto silenzio ad avvolgere la stanza. Sospirai, sconfitto dall'essermi nuovamente svegliato nel bel mezzo della notte, consapevole che difficilmente avrei ripreso nuovamente sonno.

Mi girai verso l'altro lato del letto, convinto di trovarlo vuoto come accadeva sempre più spesso nell'ultimo periodo.

Ma dovetti ricredermi.

Quasi urlai quando vi trovai due occhi ambrati intenti a fissarmi con attenzione, al posto di un cuscino ancora intonso.

Diana Denvers mi stava fissando con il viso appoggiato su una mano, con un sorriso pacifico e malizioso allo stesso tempo. 

Sembrava una dea dalle labbra vermiglie e tentatrici, con un sorriso ammaliante che sembrava preludio di un dolce buongiorno. Una dea dalle gambe lunghe e sode con il suo corpo coperto da una delle mie camicie bianche, con i capelli dello stesso colore del bronzo che contrastavano con il freddo bianco che la circondava.

«Finalmente sei sveglio.» sussurrò, tracciando con la punta delle sue dita i miei pettorali. Brividi incominciarono a percorrere ogni punto che lei prese a sfiorare, arrivando sui solchi dei miei addominali scolpiti, disegnando i contorni del disegno indelebile che li sormontava.

«Diana... - mormorai, la voce resa roca dal sonno e dall'eccitazione - Che ci fai qui?»

Lei sorrise, dolce e predatrice e si allungò verso di me per lasciare un bacio umido sul mio petto. Non riuscivo a comprendere se fosse sogno o realtà, ma non me ne importò molto quando i suoi occhi ritornarono nei miei, prima di sollevarsi per sulle sue ginocchia di fianco a me.

La poca luce che filtrava dalla finestra dietro di lei la rese quasi eterea, ai miei occhi. La trasparenza della camicia mi fece intravedere la forma dei suoi fianchi sinuosi e quando si mosse, quasi non mi strozzai con la mia stessa saliva nel notare che non indossasse nessuno slip.

«Non ti fa piacere che io sia qui?» Mi chiese, giocando con gli unici due bottoni allacciati della camicia, slacciandoli con subdola lentezza.

Mi trovai attonito, le labbra improvvisamente secche e dischiuse per il respiro pesante che dovetti prendere. I miei boxer neri improvvisamente stretti e i miei occhi che non riuscivano a staccarsi dai lembi di pelle che lei mi stava lentamente mostrando mentre si accingeva a togliersi la mia camicia di dosso.

La buttò da parte, ed io mi dimenticai di quello che mi aveva appena chiesto, quando i suoi due seni pieni e nudi si palesarono dinanzi i miei occhi, con i suoi capezzoli turgidi che mi ritrovai a voler saggiare con le mie labbra e la mia lingua.

«Perché qualcuno in particolare mi sembra invece molto felice che io sia qui.» sussurrò, quando si piegò per raggiungere il mio orecchio, sotto il quale lasciò una serie di piccoli baci all'apparenza innocenti, al contrario della sua mano, che lenta e inesorabile scese verso la parte più bassa dell'addome, dove l'elastico dei miei boxer stava cercando invano di trattenere la mia erezione ormai pulsante e fremente di più contatto.

«Sfiderei chiunque a non esserlo, - riuscii a dire, prima di dover soffocare un gemito quando la sua mano si posò sulla mia lunghezza al di sopra del tessuto, mentre le sue labbra si concentrarono sul mio petto - quello che non capisco, è perché tu lo stia facendo...»

ARGEMONIA  [HS]Where stories live. Discover now