capitolo 1

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C'era una volta, molto tempo fa,

una ragazzina che amava cavalcare.

Questa ragazzina, si chiamava Gloria, ed aveva un fratello di nome James, un padre di nome Maurice ed una madre di nome Robin.

Questa famiglia di umili origini, viveva in un posto vicino a Venezia, in campagna, noto come Spinea.

Gloria aveva un talento particolare per le lingue straniere ed una particolare inclinazione verso l'arte, in particolare, la danza e la scrittura.

La ragazza possedeva un dono che, purtroppo, sempre meno persone hanno al giorno d'oggi: una fervida immaginazione e molta creatività.

Un bel giorno, non uno qualunque, ma quello del suo decimo compleanno, sua madre l'accompagnò alla sua solita lezione di equitazione e si mise vicino alla staccionata di legno per guardarla mentre cavalcava il suo amato pony, Nuvola, e gli faceva fare lo slalom.

La piccola era quasi arrivata alla fine quando il bianco pony cambiò direzione di scatto dirigendosi verso la fine del recinto, dove l'erba che amava tanto mangiare cresceva in quantità notevoli. Robin urlò il nome della figlia in preda al panico, mentre la bimba cercava disperatamente di arrestare il suo bianco destriero senza riuscirci.
《Gloria, scendi! Lascia stare!》 ordinò la madre, in preda al panico. La piccola alzò gli occhi in direzione della madre e questo bastò per farle perdere l'equilibrio e la concentrazione . Successe tutto in un batter d'occhio. Un attimo prima la bimba era incollata alla sella e l'attimo seguente giaceva senza sensi a terra. La madre era immobilizzata dal panico e dal terrore, lo sguardo fisso sulla piccola figura senza sensi di fronte a lei. Dopo ciò che a lei parve un'eternità, arrivò l'ambulanza e le annunciò che la caduta era stata molto brutta ma per fortuna la piccola non si era fatta male, se non alla testa, dove aveva preso una brutta botta, che l'aveva mandata in coma. Robin, con un gesto meccanico, chiamò il marito ed il figlio per avvisarli dell'accaduto e, dopo aver passato la notte in bianco con loro in ospedale, tornò a casa con James e cercò di continuare la sua vita per quanto le fosse possibile, visto il senso di colpa di non essere riuscita a salvare la sua stessa figlia.

Passato,1993

《Sei sicura di volerlo fare, cara?》 le chiese il marito, preoccupato.
《Sì.. non è stato facile prendere questa scelta, ma è giusto che viva la sua vita e che lo faccia essendo felice e per farlo, deve dimenticare tutto ciò che sa...inoltre questa famiglia, le darà tutto ciò di cui ha bisogno》rispose lei decisa ma con le lacrime agli occhi, guardando la bambina nel suo letto. 《ma non siamo costretti a farlo...voglio dire, dopotutto le abbiamo fatto 3 bellissimi anni pieni di ricordi con la sua famiglia... Perché farli svanire?》chiese incerto lui.《Lo so, caro ma... se resta con noi sarà in costante pericolo ed io... io non voglio questo per mia figlia》 rispose lei, guardando il suo amato negli occhi.《No, hai ragione, tesoro..》disse lui a malincuore.《Va bene, allora facciamolo》 continuò il suo amato, per poi tirare fuori dalla tasca interna della sua giacca una bacchetta. La moglie prese invece un biglietto dove c'era scritto un'incantesimo che lui pronunciò agitando la bacchetta e posandola sulla fronte della piccola. Una scia di luce dorata fuoriuscì dalla piccola testolina della piccola, venendo prosciugata dalla bacchetta fatata, assieme ai ricordi della bambina. La donna, con l'aiuto del marito,  prese la bimba e la mise dentro all'armadio magico, creato dal famoso falegname Geppetto appositamente per loro. Prima di chiudere la porta e lasciarla andare per sempre, si sporse verso di lei e le diede un bacio sulla fronte.  Il marito appoggiò un libro tra le sue piccole mani: La Bella e la bestia. 《Era il suo preferito》 si giustificò con la madre della piccola. La donna prese una copertina bianca di lana con inciso il nome della piccola in lilla, che aveva cucito con le sue mani, e la appoggiò su di lei, delicatamente. 《Ti vogliamo bene, Gloria, non scordartelo mai》 sussurrò infine, guardando il suo amato, anche lui in lacrime, e chiudendo infine le porte stringendogli la mano.
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Era buio. Ero appoggiata su qualcosa di morbido. Volevo aprire gli occhi ma facevo fatica a farlo. Mi ci vollero dieci minuti, ma dopo, con non poca difficoltà ce la feci e ciò che vidi mi lasciò senza parole. La caduta non mi aveva fatta cadere sulla sabbia del recinto di equitazione, ma su un immenso prato di fiori bianchi che mi circondavano e che avevano attutito la caduta. Attorno a me un' immensità di alberi molto alti, erba e in alto in cielo un sole splendente come pochi. Mi feci forza e mi alzai. E fu solo in quel momento che capii che non mi trovavo più a casa. Non avevo idea di dove fossi. Non c'era traccia di una strada asfaltata vicino , né il rumore di motori o l'odore di smog e, per quanto quella potesse sembrare montagna non sembrava essere il tipico ambiente montuoso a cui ero abituata. Dovevo trovare qualcuno che mi spiegasse dove mi trovavo, in modo da poter tornare da mia madre e la mia famiglia il prima possibile. Più camminavo in quel posto e più confusa diventavo: la gente viaggiava in carrozze, indossava vestiti assai bizzarri, aveva acconciature strane e parlava come io avevo sentito parlare solo i vecchi nel mio mondo. O i personaggi delle favole. Ecco, era proprio come se mi fossi catapultata nel mondo delle favole. Ma non era possibile. Vero ?!?

La ragazza che crede nelle favole volume 1Where stories live. Discover now