L'eccezione

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Agguantò il telefono e bloccò il pollice a mezz’aria: il nome del padre di Cecilia trillava sullo schermo. Una quantità di pensieri gli esplosero nella mente, primo fra tutti quello di non rispondere. Serrò le labbra e trattenne l’ansia che gli pulsava nelle vene, guardò il suo pollice scorrere e si tuffò.

"Cecilia è lì?”

Andrea soffiò fuori l’aria e riemerse.

"Ho provato a chiamarla ma non risponde” continuò l’altro.

"No, è uscita”

"Quando rientra dille di chiamarmi”

"Ok… cioè no, non posso”

Sentì il padre di lei tirare dentro l’aria come un pugile prima di scavalcare le corde del ring.

"Perché?”

"Ecco è che” incespicò “non so a che ora rientra e dopo io non… non sono in casa”

"Ti ha detto dell’appartamento, no?”

"Certo, ma non abbiamo ancora deciso nulla”

"Ci sono dei problemi?”

"No, no… è che noi” deglutì “più che altro io avevo il dubbio che non fosse proprio… cioè non vorremmo dar fastidio perché noi siamo abituati ad invitare degli amici, e sa, ecco il discorso è un po’ quello”

"Non dovete preoccuparvi di nulla, a noi fa piacere avere dei giovani in giro per casa. Comunque appena la vedi dille di chiamarmi” chiuse il padre di lei.

Andrea riattaccò il telefono e l’aria gli uscì dai polmoni come da un pallone forato. Ogni volta che aveva a che fare con quell’uomo il cervello gli andava in pappa e funzionava più lento di una vecchietta col deambulatore.

Lanciò il cellulare sul divano e poi sprofondò lì accanto.

Allungò i gomiti sulle ginocchia e si prese la testa tra le mani. Il telefono aveva lo schermo nero. Allora sbattette i palmi contro le cosce e selezionò il numero di Cecilia. Restò appeso a sussultare ad ogni scricchiolio della rete fino a quando cadde la linea per due volte.

Era ovvio che non gli avrebbe risposto, neanche provarci.

Prese le chiavi della macchina e uscì. Imboccò dritto la circonvallazione. Guidava e basta, non sapeva niente di più.

Allungò il naso fin sopra il volante e sbirciò in alto: cumuli di nuvole grigie come il rimorso coprivano il cielo. Al posto dello stomaco aveva un groviglio di cavi elettrici in cortocircuito e in testa solo un rincorrersi di domande affastellate e nessuna soluzione. Lui in ogni caso aveva ragione, era lampante. Solo un povero zerbino avrebbe accettato quella situazione. Però qualcosa non tornava, c’era un resto che non era pari a zero.

Lì attorno tutti correvano avanti senza esitazioni e lui sbirciava il profilo delle auto negli specchietti, affiancava una stazione di servizio, rallentava, controllava con un’occhiata il parcheggio e poi tirava dritto.

Un semaforo rosso, la corsa si arrestava e le auto si animavano di vite. Al loro interno non c’era chi aveva immaginato. Niente era come sembrava e qualcosa sfuggiva via sempre.

Ripartirono e di nuovo le vite si mescolarono come carte da gioco. E lui, come una nullità qualunque nata e cresciuta in un banco di acciughe, eseguiva e non sapeva più quale fosse la meta da raggiungere.

Azionò i tergicristalli alla velocità più bassa. Con le dita tamburellava sulla leva del cambio. Un altro semaforo, poi un ristorante, una fabbrica chiusa, un campo coltivato, le canne ingiallite nel fosso e un’auto ferma sulla corsia di emergenza e più avanti un’altra con il guidatore fuori appoggiato allo sportello aperto e subito dopo un altro girato all’indietro con il telefono teso davanti a sé. E mano a mano la fila delle auto in sosta si ingrossava e allo stesso modo c’era gente ferma con i telefoni in mano nei parcheggi delle pizzerie, vicino alle pompe di benzina e nei cortili delle case; allora Andrea fece come tutti gli altri, tornò pesce, mise la freccia e accostò. Scese dall’auto, si guardò attorno e capì.

Sbucava da sotto le nuvole nere poco sopra le colline, un attimo prima di calare e illuminava radente la pianura cupa rinchiusa sotto la coltre di nubi temporalesche. Il cielo verso il mare virava al blu cobalto e le pitture delle case si accendevano vivide come fuochi.

Appoggiò i pugni uno sopra l’altro sul bordo dello sportello e il mento sopra di essi e restò a guardare la gente rallentare e i colori puri tutt’attorno accendersi come se fossero appena usciti dal tubetto di un pittore. E non si meravigliò dell’arcobaleno oltre la strada e nemmeno delle foto della gente e del loro entusiasmo, non si sorprese di niente. Stava accadendo anche se nessuno l’aveva architettata, era al di là della volontà di chiunque, l’eccezione era lì limpida e chiara. E lui in quel preciso istante l’aveva acchiappata.

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