CAPITOLO 17

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Dopo quella scenata di cui si sono probabilmente accorti tutti i miei vicini, rientriamo nel cortile di casa mia. Non ho avuto nemmeno il tempo di vedere andare via con l'auto Nathan, poiché ho voluto portare via Matt prima che potesse accadere qualcosa di veramente brutto. Penso che sia accaduto già abbastanza e voglio risparmiare a me stessa e a chi mi sta intorno altra sofferenza. Voglio definitivamente allontanarmi dagli ultimi avvenimenti e sperare in qualcosa di meglio in futuro.
Dopo che mio fratello ed io siamo giunti nel cortile di casa nostra, mi richiudo finalmente il portoncino alle spalle. Guardo mio fratello e noto che ha ancora il volto paonazzo per il suo gridare e dimenarsi. Oltre che paonazzo, però, ha un'espressione estremamente arrabbiata e posso prevedere cosa sta per dire.
"Perché hai dovuto parlargli?", mi chiede, esattamente come ho pensato.
Io lo guardo a lungo, come a cercare la risposta giusta da dargli. So bene, però, che non c'è una risposta che per lui sarebbe valida in questo momento. Per questo mi limito a dirgli la prima cosa che mi è venuta in mente alla sua domanda: "Perché è il mio migliore amico".
Lui spalanca gli occhi d'improvviso, probabilmente stupito dalla grande cazzata che per lui ho detto. "Il tuo migliore amico?", domanda ancora, quasi ridendomi in faccia per come mi sto comportando. "È il tuo migliore amico dopo quello che ti ha fatto?"
A quel punto anche io mi lascio sopraffare dall'ira che tengo nascosta da mesi, nonostante non ne sia mio fratello la causa. "Era ubriaco, Matt!", esclamo, sembrando probabilmente una bambina che fa i capricci ai suoi occhi.
Matt si avvicina a me per prendermi per le spalle e parlarmi nuovamente con la sua solita dolcezza da fratello. "Credi che questo basti a giustificarlo?", mi chiede con calma, guardandomi direttamente negli occhi, senza rimproverarmi più.
Io distolgo lo sguardo dal suo, domandandomi perché gli sia così difficile comprendermi. Non capisco come possa essergli così difficile capire che sbagliare è umano e che so che lui non l'avrebbe mai fatto se fosse stato sobrio. Non capisco come possa essergli così difficile capire che quando si tiene così tanto ad una persona si è disposti a perdonarla in ogni caso. Non ci crederei se mi dicesse che non ha nessuno a cui tiene così tanto.
"Lasciamo stare", dico, e mi allontano da lui, avviandomi verso la porta di casa lungo il vialetto. "Non voglio più parlarne".
"Ma Hollie...", comincia lui, riposizionandosi accanto a me che sono già davanti alla porta di casa nostra e sto cercando le chiavi dentro la mia borsa.
"No, Matt, basta così", dico ancora, sperando che non parlarne possa farmi dimenticare tutto ciò che è successo in poco più di ventiquattr'ore.
Dopodiché, riesco a trovare le chiavi, rendendomi poi conto che non sono affatto necessarie. Sbuffo con più rabbia possibile, aprendo la porta solo girando la manopola e spingendola in avanti. Sento gli occhi di mio fratello bruciarmi sulla pelle mentre entro in casa con il passo pesante di chi non ne può più.
Mi dirigo direttamente verso le scale per rifugiarmi in camera mia e non uscirci più per più tempo possibile. Voglio starmene da sola, soprattutto perché le persone attorno a me non fanno che deludermi o farmi arrabbiare. Voglio una tregua da tutti. Voglio una tregua dal mondo. Voglio una tregua dalla vita.
Sento lo scatto della porta chiudersi e subito dopo il mio gemello che mi chiama. "Ehi".
Io mi giro a guardarlo, probabilmente con la faccia più demoralizzata che lui abbia mai visto. Odio mostrarmi così vulnerabile davanti a lui, soprattutto dopo tutti gli anni in cui sono stata la sua spalla su cui piangere. Quasi mi vergogno a mostrarmi così debole quando mi sono sempre mostrata una roccia.
Nonostante tutto, lui sta venendo verso di me. "Ehi", ripete, e spalanca le braccia appena è abbastanza vicino da potermi stringere a sé.
Mi circonda il collo con tutt'e due le braccia, spingendomi la testa contro il suo petto e cominciando così ad accarezzarmi i capelli. Appoggia il mento alla mia testa e mi tiene stretta il più possibile, sperando che questo possa farmi passare tutto il dolore che sto provando.
In quella stretta, effettivamente, tutto il malumore che mi aveva assalita si cancella e mi chiedo sempre più come sia possibile che lui con un gesto così banale mi faccia sentire decisamente meglio. Mi chiedo come un suo gesto così piccolo possa tranquillizzarmi così tanto.
Mi chiedo tutto questo finché non ricambio il suo abbraccio, lasciando cadere la borsa a terra nonostante ci sia il telefono dentro. Ricambio il suo abbraccio, sperando che questo attimo di calma che mi è concesso duri per tutto il tempo che ci rimane ancora da vivere.
Dopo quel momento di affetto che mi permette di continuare la giornata un pochino meglio di quello che sarebbe potuta andare, entrambi ci rifugiamo nelle nostre stanze, probabilmente troppo stanchi per poter fare una qualsiasi altra cosa.
I miei genitori vengono anche a salutarmi meglio una volta che si sono svegliati intorno alle 5:30. Sembrano più stanchi di quando li ho visti stamattina, probabilmente perché li aspetta un'altra nottata al lavoro. E sono talmente tanto stanchi che non si rendono nemmeno conto che ho qualcosa di evidente che non va. Forse, però, è meglio così.
Arrivata l'ora di cena, non ho neanche la forza di alzarmi dal letto per andare a mangiare. Vorrei solo sprofondare nel mio letto e non dovermi far vedere più da nessuno. Nemmeno mio fratello riesce a convincermi a scendere in cucina per stare almeno tutti insieme una volta in questa giornata.
"No, Matt, davvero non mi va", gli dico ancora, non guardandolo nemmeno in volto mentre gli parlo.
"Hollie", mi chiama lui, entrando in camera mia dopo esser stato sulla soglia della porta. "C'è qualcos'altro che vuoi raccontarmi?"
"Magari sì", dico, e lui si siede sul bordo del letto cominciando ad accarezzarmi la gamba, "ma non adesso".
"È successo altro oltre alla vicenda con Nathan?", mi domanda e lo vedo fare una smorfia con la coda dell'occhio, nonostante il mio sguardo sia fisso sulle pagine del romanzo che sto leggendo.
"Sì, ma non voglio parlarne", gli rispondo, alzando finalmente lo sguardo sul suo viso. Gli faccio un sorriso, cercando di tranquillizzarlo un minimo, nonostante sappia meglio di me che questo non è un vero sorriso.
Matt mi guarda con aria preoccupata, probabilmente immaginandosi il peggio su ciò che dovrò raccontargli. Poi mi fa un'ultima carezza sul viso e si alza dal mio letto per uscire da camera mia e andare a cenare al piano di sotto.
Dopodiché, cerco di rimanere concentrata quel poco che mi basta per finire di leggere il capitolo. Ormai mi manca veramente poco per concludere il libro in sé e sono in quella solita fase in cui voglio disperatamente finirlo, ma non voglio allo stesso tempo. Ogni volta che mi manca un certo numero di pagine da leggere entro in conflitto con me stessa. Finisco, poi, per sentirmi triste una volta letta l'ultima pagina e chiuso definitivamente il romanzo.
Una volta finito il capitolo, poso il libro sul mio comodino e, appena mi corico sul letto, mi assopisco in un batter d'occhio. Ciò che sogno è ancora più confuso della realtà che sto vivendo e non riesco assolutamente a comprendere il senso dei miei sogni. Probabilmente, però, ormai è diventato tutto un riflesso del periodo che sto attraversando e che non mi lascia un attimo di tregua neanche mentre sto dormendo.
Dopo un tempo che mi sembra infinito, dal sogno riesco a percepire una vibrazione. Subito non comprendo di che cosa si tratti, ma poi realizzo che si tratta del mio cellulare che mi avvisa che qualcuno mi sta chiamando.
In un attimo ho di nuovo gli occhi aperti, seppur ancora con la vista appannata dalla dormita. Raggiungo il telefono che ho lasciato sul libro e riesco per miracolo a scorgere il numero di Sam salvato in rubrica.
Con la voce ancora impastata dal sonno, rispondo: "Pronto?"
Mi giunge presto la voce della mia migliore amica, quasi allarmata. "Hol?", domanda infatti, probabilmente chiedendosi perché avessi quella voce. "Tutto bene?"
Io mi stropiccio un occhio mentre mi faccio passare la lingua sulle labbra. "Sì, stavo solo dormendo", dico in un modo che alle mie orecchie pare comprensibile. Deduco che è un buon segno. "Hai bisogno, comunque?"
Per un bel po' di tempo non sento più nulla. Non capisco, infatti, se sia caduta la linea o se lei stia semplicemente temporeggiando. Quando sto per riattaccare, però, Sam si decide a rispondermi.
"Ho bisogno di parlarti", dice e riesco a scorgere una punta di tensione nella sua voce. "Sono sotto casa tua, potresti scendere, per favore?", mi chiede poi e comincio a sentirmi tesa anche io per ciò che dovrà dirmi.
Le dico che va bene e che cerco di uscire di casa il più in fretta possibile. Infatti, termino la chiamata ancora prima che lei possa rispondere a ciò che le ho detto io. Mi metto le scarpe in fretta e furia e mi do un'occhiata nello specchio per controllare di non essere proprio inguardabile. Stranamente, però, ho solo il trucco sbavato che mi traccia due aloni neri sotto gli occhi. Decido comunque di darmi una sciacquata alla faccia e pettinarmi. Anche se è solo la mia migliore amica ho una reputazione da mantenere.
Dopodiché, mi fiondo giù dalle scale e fuori dalla porta. Attraverso il vialetto ed esco dal cancello. All'inizio non noto la figura di Sam proprio davanti a me perché proprio dietro di lei si staglia la luce del sole che sta tramontando. Sembra quasi una figura divina così illuminata.
Non faccio in tempo a mettermi una mano davanti agli occhi per vederla meglio che lei mi abbraccia con probabilmente tutta la foga possibile. Io mi reggo a malapena in piedi in quella sua stretta che mi fa scrocchiare la schiena. Poi, però, riesco a ricambiare quel gesto pieno d'affetto e mi rendo conto che le sue braccia, oltre a quelle di mio fratello, sono l'unico posto in cui mi sento veramente al sicuro. Sono le uniche che riescono a darmi un minimo di sollievo dopo tutti gli avvenimenti della giornata. Sono le uniche di cui so che potrò sempre fidarmi e che non mi tradiranno per alcuna ragione al mondo.
Sento il suo cuore contro il mio e battono alla stessa velocità, come se avessero bisogno l'uno dell'altro per battere regolarmente. Eppure, stanno battendo entrambi all'impazzata, come se Sam ed io non avessimo mai avuto quel tipo di contatto, il che probabilmente è vero data la sua poca propensione ad abbracciare le persone in generale.
Quando sciogliamo l'abbraccio, riusciamo finalmente a guardarci bene negli occhi. Non so perché, ma, a parte il sole, questa sera la mia migliore amica sembra avere una luce completamente diversa dal solito, quasi come se qualcosa l'avesse resa particolarmente felice.
"Hai voglia di fare una passeggiata?", mi chiede con un tono dolce che non le ho mai sentito prima, mentre mi sorride a trentadue denti, da un orecchio all'altro.
Io annuisco, quasi timorosa che pronunciare una sola parola possa rovinare quest'atmosfera che si è creata tra di noi. Quasi timorosa che anche lei possa scivolare via da me come mi sta succedendo con tutte le persone a cui tengo di più. Quasi timorosa che anche quest'ultima persona così importante che mi è rimasta trovi qualcuno di meglio.
Dopodiché, lei mi afferra una mano, intrecciandoci le dita come ha fatto qualche giorno addietro mentre eravamo ancora in vacanza. Il suo gesto mi sorprende, ma mi fa sentire sicura allo stesso tempo, come se fosse un modo per dirmi che lei non mi abbandonerà mai.
Cominciamo a camminare in silenzio, probabilmente intente a pensare a come iniziare una conversazione. Io vorrei poterle chiedere che cosa deve dirmi, ma non voglio rovinare questo momento quasi strano che si è creato tra di noi.
Non saprei spiegare come mi sento adesso, però la sua presenza mi sta trasmettendo qualcosa di completamente nuovo. Sia come emozione in sé, sia il fatto che sia proprio lei a farmela provare. Sta riuscendo a farmi dimenticare ciò che mi è successo durante tutta la giornata. Sta riuscendo a farmi stare bene dopo veramente tanto tempo. Solo adesso posso dire che non posso desiderare di meglio.
Dopo non molto raggiungiamo il parco più frequentato del paese, nonostante ora non ci sia nessuno al suo interno. Decidiamo di sederci su una panchina e, in quel momento, il contatto tra le nostre mani si spezza e quasi sento freddo a non averla così vicina. Mi manca già la sicurezza che mi ha trasmesso quel nostro legame.
Appena ci sediamo, con pochissimi centimetri a separarci, lei si mette con il peso del corpo in avanti, come è tipico dei ragazzi, probabilmente per riflettere.
Questo suo riflettere, però, sembra durare in eterno e io comincio a non avere più la pazienza di aspettare. Anzi, comincio quasi ad avere paura di quello che deve dirmi, perché, da quanto tempo ci sta mettendo, sembra sia una cosa estremamente difficile. Non vorrei fosse qualcosa di grave.
"Sam", la chiamo e lei si gira a guardarmi, "cosa devi dirmi?"
Lei mi fissa a lungo negli occhi, ma non sembra stia guardando me. Sembra più abbia lo sguardo perso in qualche parte remota del suo cervello. Questo, però, mi fa solo preoccupare ulteriormente e non so come comportarmi.
Dopo attimi che mi sembrano infiniti, però, lei si mette seduta dritta, mi prende il viso tra le mani e mi bacia. Mi bacia con una tal passione che non le ho mai visto quando stava con Nathan. Mi bacia e sento le mie budella muoversi casualmente all'interno del mio corpo, mentre il mio cuore improvvisa una danza tanto veloce da sembrare che mi debba esplodere fuori dal petto. Mi bacia e mi rendo conto in quei pochi secondi che è il gesto che ho aspettato da parte sua per tutti questi anni.
Assaporiamo ogni millimetro delle nostre labbra, come se ci fossimo aspettate da sempre e probabilmente è davvero così. Mettiamo tutte noi stesse in quel bacio tanto atteso dalle parti più remote e nascoste dei nostri cuori. Mettiamo tutte noi stesse come non abbiamo fatto con nessuno, tenendoci l'una avvinghiata all'altra fino a farci mancare il fiato. Tenendoci l'una avvinghiata all'altra per la paura di vedere l'altra scivolare via come acqua e di sentire la mancanza di questo nostro contatto fisico.
Quando ci allontaniamo, infatti, vorrei dirle che non mi è bastato e che ho bisogno di altro. Vorrei dirle che ho bisogno di questa nostra cosa perché il mio cuore continui a battere regolarmente e i miei polmoni continuino a ventilarsi. Vorrei dirle così tante cose che non ho neanche il tempo di riordinare i pensieri per comporre una frase sensata che ne arrivano altri a cascata.
Vorrei dirle tantissime cose, ma il suo sguardo mi pietrifica come non ha fatto nessun'altro sguardo prima. Mi pietrifica tanto da permettermi di semplicemente guardarla sorridere in quella poca luce che ci circonda.
Mi rendo conto che le sue mani incorniciano ancora il mio viso e non accennano a staccarsi. I nostri volti si trovano ancora a pochissimi centimetri l'uno dall'altro e ho quasi paura che quest'atmosfera si spezzi da un momento all'altro. Sono sicura, però, che saremo in grado di ricrearla ogni volta che vorremo.
Stiamo molto a fissarci, probabilmente senza vederci per davvero perché entrambe assorte nei nostri pensieri. Sono convinta, però, che i nostri pensieri coincidano in questo momento, nonostante io non abbia mai sentito una tale connessione con lei. Anzi, non penso di aver mai avuto una tale connessione con nessuno. Con lei, però, è totalmente diverso al momento. Sento che le nostre anime si incastrano alla perfezione come non mi è mai successo con nessun'altro. Sento che si intrecciano come se avessero finalmente trovato ciò che hanno cercato per fin troppo tempo. Sento che si legano e che sarà difficile allontanarle dopo.
Stiamo molto a fissarci, ma non abbiamo bisogno di parlare. Non abbiamo bisogno di sprecare altre parole, perché sappiamo tutto quello che c'è da sapere. Lei ed io non abbiamo più bisogno di parlare, perché ormai siamo pienamente consapevoli di ciò che proviamo l'una per l'altra. E poi, perché utilizzare le parole quando abbiamo un metodo molto più efficace per dialogare?
Per questo ci baciamo di nuovo, con tutto quel sentimento che ci è scoppiato nel petto in un attimo.

Half a Heart // COMPLETAWhere stories live. Discover now