Finalmente, sentì i suoi passi tornare, fermarsi dietro la sua schiena. La presa della sua mano sulla nuca, le unghie a graffiargli il collo, poi un gran calore e un sottile dolore sulle spalle. Anna, ridendo, gli stava rovesciando addosso della cera calda sulla schiena e sul collo. Silvio mugolò e tremo un poco, ma sopportò.
- Guarda, avrei tante idee... ma sono buona e le riservo per altre volte.
A quel pensiero, di ripetere una cosa del genere, Silvio sussultò, non sapendo se averne timore o estrema speranza. Di sicuro era eccitato come non avrebbe mai voluto ammettere, ma la risata di lei gli fece capire che lo sapeva già. Poteva del resto vederlo.
Anna tornò davanti a lui, con il telefono in mano.
- Ora faccio un po' di foto - spiegò.
Lui si irrigidì e mugolò.
- Taci. - Gli tirò un altro schiaffo. - Voglio avere un po' di materiale - disse cominciando a scattare. - Sei così patetico e carino, in ginocchio, sporco di cera, le mani legate, le mie mutandine in bocca, e le scritte "puttanella" e "bravo cane" sul petto. - prese a ridacchiare lei. Si mise la veste da camera, la chiuse e tolse il collant dai suoi occhi. - Scatto ancora qualche foto, così sei perfettamente riconoscibile. Se vuoi puoi anche rotolarti per terra come una bestiola eccitata. - consigliò, poi lo spinse schiena sul tappeto, con il piede, e mentre lui si rotolava e mugolava gli fece un breve video, poi si stancò.
Lo fece rimettere in ginocchio e gli liberò le mani.
- Ora devo uscire un po'. Voglio che stai qui immobile finché non mi senti uscire. Quindi lava i piatti che ho lasciato nel lavandino, e poi vattene. Non voglio vederti quando torno. - fece per uscire sulla soglia ma si fermò, controllò che lui fosse perfettamente immobile, con ancora in bocca le mutandine. - Quelle puoi tenerle, - sorrise. - Come io mi terrò le foto: ora sai che se non sarai un bravo cagnolino e farai quel che chiedo, sia in studio sia fuori, mi basterà un click per distruggere la tua reputazione.
Lui rabbrividì, confuso. Ancora, non sapeva se quel ricatto fosse umiliante o eccitante. In qualche maniera però, sapeva di meritarselo: era esattamente quello che necessitava.
Lei andò in bagno e tornò vestita di tutto punto. Un tubino nero, scarpe col tacco, una borsetta bianca e i capelli stirati. Lui era ancora immobile.
- Bravo che sei rimasto qui, rise - poi aggiunse qualcosa mentre gli pose due dita sulla bocca, che lui baciò piano: - Vorrei farti notare che non ti stavo puntando la pistola da un bel po', e che non mi serve quella né le foto: stai diventando un mio oggetto, e sarai finalmente felice. - Mostrò poi il telefono: - Ma queste le tengo lo stesso, non si sa mai! - rise. Infine, prese qualcosa dalla borsetta, e gli lanciò il quaderno vicino alle ginocchia.
- Direi che era quello che hai scritto... ma mi sono presa qualche libertà... e già che c'ero, mi sono presa la tua.
Lo guardò un ultima volta, spettinandogli i capelli come fosse un cucciolo. - Ciao cagnolino, ci vediamo allo studio settimana prossima. Portami un regalino, e te ne farò uno anche io, forse - sorrise ammaliante. Lui la guardò dall'alto, così bella. Voleva chiederle dove stava andando, ma lei già uscì dalla stanza. Si ricordò che non aveva il diritto di chiederglielo, e poi, aveva dei piatti da lavare, ora.