PROLOGO

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La mia guancia aderiva perfettamente alla parete, il marmo blu freddo come il ghiaccio contro il fuoco che divampava dalle mie gote arrossate. Mi teneva i polsi stretti, uniti dietro la schiena nella morsa della sua mano. Avevo il suo fiato sul collo, disgustoso.
«E non provare mai più a metterti contro di me, è chiaro, mia piccola puttanella?»
Il suo alito sapeva di alcool, vino, rum, gin, non avrei saputo dirlo, forse tutti insieme. Il suo mento ruvido a causa della barba sfiorava la parte sensibile sotto il mio orecchio e il suo corpo continuava a premere insistente su di me, schiacciandomi ancor di più contro la parete.

Chiusi gli occhi deglutendo, cercando di mandare giù insieme alla bile anche tutte le lacrime che minacciavano di uscire. Avrei solo peggiorato le cose, lui si sarebbe infuriato ancor di più e se la sarebbe presa con la mamma.
E io non volevo.
Non volevo vederla piangere.
Non più.
Annui con difficoltà tenendo gli occhi chiusi mentre percepivo l'altra mano stringersi nells parte interiore della mia coscia, fasciata solo da un paio di leggings.
«Tu...Tu. Mi hai rovinato la vita. Da quando quella troia di tua madre ti ha messo al mondo non hai fatto altro che rovinare la mia vita, brutta puttanella di merda.»
Strinsi le palpebre a tal punto che mi cominciarono a far male e non ce la feci: cominciai a piangere.
L'effetto fu immediato, lui lascio andare la presa sulla mia coscia -ne fui sollevata solo fino a quando non capii quale sarebbe stata la sua mossa successiva- e aumentò la presa sui polsi che ormai pulsavano di dolore, mentre con l'altra mano mi afferrò i capelli tirandoli all'indietro in modo che i miei occhi lucidi e le sue pupille nere come la pece potessero incontrarsi.

Lanciai un urlo che di umano non aveva nulla.
«E' inutile piangere. Continuerai a fare tutto quello che io ti ordinerò fino a quando non salderai il tuo debito e quello di quella stronza.» Disse indicando con un cenno del mento mia madre stesa sul pavimento con gli occhi sgranati in mia direzione e le braccia protese in un inutile tentativo di raggiungermi.
Mia madre, la bellissima donna in carriera che adesso era stesa lì, morente, a pochi metri da me.
«Voi siete mie. MIE.» sibillò a denti stretti mentre tirava ancor più forte i miei capelli. Avrei voluto sputargli. Perchè questo era tutto quello che si meritava quando si riduceva in quel modo. Chiusi gli occhi e pensai giallo. Non so perchè, ma il colore giallo mi rilassava. Pensavo sempre giallo quando avevo bisogno di tranquillizzarmi, ma quella volta non funzionò.
Mi carezzò il ventre in un modo che mi fece rabbrividire e mi fece voltare in modo che potessi vedere ancor meglio il viso di quel pazzo che fino a pochi anni prima era colui che mi aveva stretto tra le braccia e cantato la ninna nanna prima di addormentarmi.
Lasciò la presa sui polsi continuando a tirarmi i capelli che sentivo strapparsi dalla cute ad uno ad uno. Era un dolore lancinante ma niente in confronto a quello a cui ero abituata.
«Spogliati.» il mio corpo era in preda agli spasmi, mi sentii le gambe molli, sentii che non avrebbero retto ancora per molto. «No, no no. Ti prego.» riuscii a sussurrare prima che un altro strattone arrivasse. Lanciai l'ennesimo urlo di dolore. La gola mi bruciava e non avevo più foza di fare nulla. «Mi preghi...» scoppiò in una risata amara, nevrotica. «Avresti dovuto pensarci prima di venire al mondo.» disse spalancando gli occhi e fissandomi con un ghigno spaventoso sul viso mentre io mi accartocciavo sempre di più, ormai incosciente del dolore alla testa. «Adesso devi solo pagare. Spogliati, ho detto.» Cominciai a piangere ancor più forte allora lui mi sbattè forte al muro mozzandomi il respiro. Sentii qualcosa di caldo e bagnato colarmi dal naso e arrivare alla bocca. Sangue. Ne avvertivo il sapore.
Lasciò la presa sui miei capelli e spostò la mano nell'incavo tra il collo e la spalla tenendomi la testa pressata contro il muro. Le mie braccia erano stese lungo i fianchi incapaci di reagire e dalle mie palpebre rivolte al soffito sgorgavano fiumi di lacrime silenziose.
Con la mano libera mi afferrò il seno e lo strinse. Trattenni un urlo di dolore quando continuò sempre più forte lasciando che il suo corpo premesse sul mio. Le sue labbra lasciavano baci e saliva nel mio collo e un conato di vomito fu tutto quello che riuscii a provare; avrei dato non so cosa per morire in quel momento. Qualunque cosa sarebbe stata meglio di quello, persino la morte. Singhiozzavo quando lui lasciò il mio seno e abbassò la mano fino al bottone dei miei jeans che stacco abbassandomeli fino alle ginocchia. Fece lo stesso con i suoi e ripensai a tutti i bei momenti della mia infanzia, poi pensai ai miei amici, quei pochi che avevo, alla scuola, ai miei progetti per l'università, per il futuro. E presi in considerazione l'idea di morire in quel momento. Così, come niente. Mi premette ancor di più contro il muro godendosi la sensazione del mio seno contro di lui, poco prima che abbassasse il resto della biancheria intima la mia testa cadde lateralmente e gli occhi si chiusero.
Le ultime cose che riuscii a percepire prima che il mio corpo toccasse terra furono il dolore alla nuca e l'urlo di mia madre che sovrastava le sirene della polizia. Poi, tutto divenne nero.

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#Autor'sNote_

Ciao a tutti! Questo è solo l'inizio della storia e vi assicuro che ho un migliaio di idee che al momento mi vorticano in testa.
Al prossimo aggiornamento! ♥

~ Mia xx

Don't be afraid {H.S.}Where stories live. Discover now