Capitolo VII

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Partecipare alle feste di fine campionato poteva sembrare bello.

Tutti i più grandi atleti del settore pallavolistico erano riuniti in un unico spazio più o meno chiuso a conversare, mangiare, bere e fare tutto quello che si faceva di solito ad eventi del genere. La serata iniziava mettendosi in tiro, flirtando impunemente con un Romero selvatico appena spuntato fuori dalla zona banchetto, facendo ridere la splendida signora Romero con battute cretine sperando che capisse qualcosa di giapponese, scrutando la situazione laddove le voci erano di un centinaio di decibel troppo alti per la media mondiale e scegliendo consapevolmente di non avvicinarsi neanche se pagati, cercando di arrivare alla fine dell'evento più o meno lucidi e con una collezione di minacce di male fisico al di sotto delle tre cifre.

Quelle erano situazioni in cui studiare la futura concorrenza prodigandosi in battute insidiose e risate falsissime, era il momento di affilare gli artigli limandoseli sul sedere di qualsiasi elemento talmente poco furbo da avvicinarlo per due chiacchiere.

La cosa valeva per lui ma anche per gli altri. E gli altri che intendeva lui non avevano il suo charme, davvero.

"Secondo te se sparisco dall'altra parte dell'edificio e mi metto a dormire su, che ne so, qualche divano abbandonato da qualche parte, se ne accorge qualcuno?" Domandò tranquillamente Suna con un flûte di champagne in mano, guardando ipnotizzato il liquido dorato roteare ad ogni movimento neanche gli stesse sussurrando i segreti dell'universo. Si era avvicinato qualche tempo prima con nonchalance, senza nemmeno salutarlo, e quelle erano le prime parole che gli rivolgeva.

"Perché mi metti al corrente delle tue cose?" Chiese Atsumu, un'espressione sofferente in faccia. "Non voglio sapere niente di quello che fai, non voglio nemmeno che mi parli."

"No, perché ho veramente sonno. Tanto sonno." Continuò imperterrito Suna, prendendo un sorso dal bicchiere e staccandosi con una smorfia. "Dio, è scadente."

"Come se ne capissi qualcosa." Mormorò Atsumu. "Dov'è Samu?"

"Al buffet."

"Perché non vai a dire a lui queste cose?"

"È lui il motivo per cui ho sonno." E il ghigno osceno sulla sua faccia lo fece gemere schifato.

"Per favore, vattene." Sibilò appena, bagnandosi le labbra con le bollicine. Fece una smorfia e guardò il bicchiere accusatorio. "Cazzo, hai ragione, sembra pipì."

"Visto?"

"Come fai a sapere qual è il sapore della pipì?" Osamu arrivò in quel momento, due piatti pieni in ogni mano e altri due sugli avambracci. Atsumu non lo vedeva in tiro da un casino di tempo e doveva ammettere che stava benissimo in quel completo blu scuro. Non glielo avrebbe mai detto. "Sai una cosa? Non voglio saperlo." Osamu sporse verso di loro le braccia, obbligandoli a prendere un piatto. "Tartina?"

"Sì, grazie." Mormorò piacevolmente Suna afferrandone una con sopra qualcosa di marroncino dalla consistenza grumosa. "A cos'è?"

"Le ho prese e basta." Lo informò con tono secco. "E limitati a ringraziare, ci sono Hinata e Hoshiumi che si stanno organizzando per una gara, ho preso quello che ho potuto il più velocemente possibile."

Atsumu recitò una preghiera per Tobio-kun e il suo bellissimo completo Armani che gli aveva invidiato appena era entrato nel suo campo visivo. Ripensandoci bene, no, nessuna preghiera, se l'era cercata. Così imparava ad essere tutto splendido e tirato con quella bella faccia truce che si ritrovava e a non avere alcun problema al mondo, se non farsi crescere le palle e togliere ufficialmente dal mercato Shou-kun prima che lo facesse qualcun altro.

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