Luca si era rigirato più volte nel sacco a pelo, accorgendosi poi di avere più spazio a disposizione della sera precedente. Era balzato a sedere in un lampo, constatando che Tancredi non fosse più lì.
Quando si era ricordato delle parole che si erano scambiati, aveva trattenuto il respiro.
E che ne sai, di qual è il mio tipo?
Poi quello sfiorarsi incessantemente, quelle piccole carezze sul volto, quel rasentargli le labbra con le proprie. Tutti fattori che avevano contribuito a fargli credere che da un momento all'altro qualcosa sarebbe successo. E qualcosa in effetti, quando aveva chiuso gli occhi, era successo: Tancredi gli aveva dato le spalle.
Infilò una mano tra i capelli, scrollandoseli.
Chissà che ora erano.
Con quella domanda in testa uscì dalla tenda, schermandosi gli occhi con le dita quando un raggio di sole lo colpì il pieno viso.
Le voci e gli schiamazzi dei suoi compagni gli permisero di adocchiarli e raggiungerli in poche falcate.
Alcuni di loro erano seduti in circolo, a chiacchierare animatamente di chissà quale argomento.
Quando Deddy lo notò, gli fece segno di accomodarsi affianco a lui.
«Giusto in tempo per il pranzo, Lù».
Proprio in quel momento Martina, che stava distribuendo piadine, gliene porse timidamente una.
La ringraziò, voltandosi stupefatto verso il torinese.
«Mi avete fatto dormire tutta la mattina!? Non potevate svegliarmi, scusate? Sai quanto odio essere improduttivo».
«Non prendertela con me, l'incarico di svegliarti ce l'aveva Enula».
«Ei! Io stavo facendo yoga, l'ho detto a Giulia».
La mora, accoccolata tra le braccia di Giovanni, alzò la testa.
«A me non hai detto niente, Enu».
«Ero io, ero io» alzò il braccio Rosa, «ma Tancredi mi ha detto di non svegliarti».
Tancredi. Ancora.
Meno cercava di pensare a lui, e più gliene veniva rammentata prepotentemente l'esistenza.
E soprattutto, la sua fissa permanenza nella propria vita.
«E perché quell'idiota l'avrebbe fatto?» sbuffò scocciato, ma allo stesso tempo compiaciuto di quella lieve attenzione da parte del più piccolo.
«Perché quell'idiota ci tiene alla tua salute. Sai che dormire poche ore a notte fa male?»
Tancredi era di ritorno con Alessandro dal suo tanto agognato bagno nel lago.
Aveva i ricci umidi sulla fronte, piccole goccioline d'acqua a imperlargli il torace, i bicipiti, la schiena. Il costume viola gli si era incollato addosso, fasciandogli perfettamente le gambe.
Che il milanese avesse un bel fisico, questo Aka lo sapeva molto bene, ma vederlo in quel modo lo fece comunque deglutire a vuoto, destabilizzandolo come ogni volta.
«E poi, eri carino» terminò, scuotendo le spalle e anche i capelli, facendo così volutamente cadere delle gocce su Luca. Quest'ultimo camuffò il suo reale stato d'animo, fingendo di essere infastidito.
«La smetti di scrollarti come un cane bagnato?»
Il riccio rise, tirandogli una pacca sulla nuca e accomodandosi vicino a Serena.
«Bel ringraziamento, la prossima volta dormi fuori».
«Approposito! Perché hai dormito con lui stanotte? Non dovevi stare da me?» si intromise nel discorso Alessandro, osservandoli curioso.
Tancredi incrociò lo sguardo di Luca senza sapere cosa dire, la bocca semiaperta, restio sul rivelare che l'aveva letteralmente pregato di restare con lui.
«Tu e Deddy avete praticamente il sacco a pelo uguale. Al buio non ho riconosciuto il tuo e quindi...» gli venne in aiuto il biondo, riportando quella che era una mezza verità.
Il ballerino sembrò soddisfatto della risposta e non fece più domande, per poi concentrarsi sul suo pranzo.
Trascorsero il pomeriggio un po' come il precedente.
Aka si rifiutò categoricamente di fare il bagno con la scusa del "c'è il vento e soffro di cervicale, vuoi che mi prenda una cosa?", seppure Tancredi avesse cercato di convincerlo in tutti i modi. Aveva addirittura provato a prenderlo di peso, ma il ragazzo era stato più lesto e gli aveva rifilato una gomitata nelle costole. Poi aveva cominciato a elencare una sfilza di scuse, sotto lo sguardo truce dell'altro che si era rassegnato per andare via imbronciato.
