capitolo 1

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capitolo 1: i ragazzi senza nome

Era ormai mezz'ora che quattro ragazzi aspettavano impazienti nell'ufficio della preside McGranitt aspettando la ragazza che gli avrebbe permesso di rivedere il loro amato castello. Si guardavano attorno in quell'ufficio che sembrava avere un'aria completamente differente da quella che loro ben ricordavano. Vedevano appeso al muro il quadro di un professore, o per meglio dire un ex preside. Inconfondibile, lui con la sua folta barba che si confondeva con i capelli del medesimo colore: un bianco candido.  Li osservava a sua volta dagli occhiali a mezza luna sorridendo loro. Un sorriso che sembrava nascondere mille segreti, sembrava un sorriso di saluto quelli fatti giusto per cortesia ma a volte, se visto con più attenzione, sembrava quasi un ghigno divertito, come quello che Sirius e James erano soliti fare durate uno scherzo, come quello di qualcuno che sa già cosa sta per succedere e di sicuro non perderà l'occasione di stare in prima fila a godersi lo spettacolo.
La preside, dal canto suo non riusciva a non osservare i quattro ragazzi. Era ormai ben consapevole di ciò che fosse successo e di come avessero fatto a trovarsi lì anche se solo per errore. Eppure era così strano, non si era mai dimenticata di loro, sarebbe stato impossibile, ma oramai si era del tutto autoconvinta di non poterli più rivedere, e mai si sarebbe aspettata quella mattina di entrare nel suo ufficio e ritrovarseli di fronte, con un'aria corrucciata ma la stessa espressione malandrina di sempre.

<è in ritardo.> costatò l'unica ragazza dalla chioma rossa che riflettendo la luce che entrava dalle finestre sembrava quasi illuminare la stanza mentre picchiettava nervosamente il piede a terra e stringeva la mano del ragazzo occhialuto seduto accanto a lei, altrettanto impaziente.

<sta arrivando signorina Evans. Ha preso l'abitudine ad arrivare in ritardo da suo padre.> affermò con voce di rimprovero ma con un sorriso divertito sul volto osservando per qualche secondo Sirius il quale rimase piuttosto interdetto dall'affermazione e ancora di più da quel breve scambio di sguardi avvenuto con l'attuale preside della scuola. Perché avrebbe dovuto guardare proprio lui, perché non Remus o magari James. Sapeva che non era una coincidenza, sapeva dentro di sé che quel breve contatto visivo non era stato casuale, ma più che voluto dall'anziana signora che sembrava sapere qualcosa che a loro era ancora sconosciuto.

Venne però risvegliato dai suoi pensieri dal bussare della porta. <avanti.> rispose prontamente la donna che faticava a non sorridere pronta a godersi la reazione dei quattro giovani già presenti nella stanza. Con lo scricchiolare della vecchia porta in legno che si apriva si mostrò una ragazza minuta dai lineamenti delicati e la pelle candida che combatteva con il nero intenso dei capelli e del grigio dei suoi occhi. Sembrava un persona che si prendeva cura di sé stessa, non in maniera ossessiva e di certo non dava l'impressione di qualcuno che passava ore e ore allo specchio solo per ammirare il proprio riflesso, però dava la sensazione di qualcuno a cui importava di apparire in un determinato modo. I capelli avevano delle ordinate onde naturali che cadevano dolcemente sulle sue spalle e sulla sua schiena e che lei accuratamente spostava dietro le orecchie ogni tanto per far in modo che i ciuffi davanti non le coprissero il volto. La divisa non era proprio messa come il regolamento stabiliva ma era comunque completa di tutto: la cravatta rosso-oro c'era per quanto non fosse proprio stretta al massimo, la camicia bianca era ben abbottonata fatta eccezione per gli ultimi due o tre bottoni che a detta sua "la soffocavano" e che quindi dal primo anno ormai non abbottonava mai, e sulla divisa spiccava il simbolo della sua casata, griffondoro, di cui lei andava tanto fiera. Camminava fiera, pancia in dentro, petto in fuori e mento in alto come le era sempre stato spiegato, alla fine le veniva così naturale che quasi non ci faceva caso. La voce invece era calma, costantemente, in pochi l'avevano sentita alzare la voce ma anche in quei casi lo faceva con un'eleganza disarmante. L'unica nota che sembrava non centrare nulla in lei era il ghigno malandrino, sempre e costantemente presente insieme alla sua risata di cui lei andava tanto fiera, perché amava ridere e far ridere la gente. Quella ragazza risultava ai quattro amici parecchio famigliare, ma proprio non riuscivano a capire chi gli ricordasse. <alla buon'ora signorina.>

<scusi, mi dispiace davvero tanto ma ero impegnata con...> lasciò la frase in sospeso perché forse non era il caso di spiegare ogni dettaglio di quello che stava facendo fino a pochi minuti prima, senza rendersi però conto che la preside già aveva intuito.

<scommetto che era insieme a Potter.> e a quel cognome i malandrini si sistemarono dritti sulle sedie e aprirono le orecchie pronti ad ascoltare anche ogni minima sillaba <signorina Black, se vengo a scoprire che voi due avete congeniato un nuovo scherzo io sarò costretta a prendere seri provvedimenti!> 

Fu quel "signorina Black" che fece subito intuire perché quella ragazza avesse un viso così famigliare e quel ghigno malandrino sul volto. Addirittura si diedero degli stupidi da soli per non essere subito riusciti a riconoscerla, dopotutto era la copia di suo padre. Sirius Black.

<scherzo? preside si figuri se io e Harry organizziamo uno scherzo ora che mancano pochi mesi ai M.A.G.O.!> provò a giustificarsi la ragazza che ancora non aveva notato i quattro ragazzi che ascoltavano attenti il dibattito. Il quale venne interrotto da una furente professoressa Sprite che entrò senza neanche bussare e con il fiatone.

<tu!> disse indicando la giovane Black <adesso rimedierai a ciò che tu e il tuo amico avete combinato!>

<che cosa hanno fatto di preciso?> domandò esasperata la McGranitt che dopo sette anni non ce la faceva più a stare dietro ai continui scherzi dei due ragazzi.

<lei e Potter hanno dato la Felix Felicis a tutte le mie mandragole! ho tre serre piene di piante che cantano e ballano e io non ce la faccio più! Questa volta l'avete combinata grossa.> i giovani nella stanza faticarono a trattenersi dal ridere alla sola immagine. Quelle piccole piantine, sempre così isteriche e che non producevano nessun altro rumore oltre alle loro grida disperate e disumane.

<lei dovrebbe esserci grata professoressa.> provò a dire la Black che tutto si poteva dire di lei ma di certo non si poteva negare che in quanto a furbizia e abilità nel far girar le cose a suo favore aveva preso dal padre <immagini come cresceranno forti e robuste! e poi sono mesi che si lamenta a forza di sentirle piangere e strillare. Noi l'abbiamo fatto per lei e per il bene suo e delle sue orecchie.> la sua voce era calma come sempre nonostante il suo volto stesse combattendo per reprime una risata fragorosa.

<forse ha ragione signorina. Ma questo certo non vi risparmia dal prendere una severa punizione! Una settimana a pulire i bagni di Mirtilla Malcontenta.> e poi come era arrivata se ne andò lasciando finalmente i giovani liberi di ridere. Stupiti anche dal fatto che perfino la preside non si risparmiò dal sorridere.

<oh scusate non pensavo foste già qui. Molto piacere Ines Black> disse rivolta ai malandrini una volta accortasi della loro presenza. Tutti le strinsero la mano cordialmente rispondendo con un sorriso e una faccia stupita per l'incredibile somiglianza con Sirius, ma nessuno si premurò di dirle il proprio nome <voi invece? Come vi chiamate?> chiese quindi lei notando che loro di certo non sembravano volenterosi di parlare. L'unica cosa che le era stato detto è che avrebbe dovuto fare da "guida" ad un gruppetto di nuovi studenti del settimo anno che arrivavano da un posto lontano e ignoto a tutti.

<é meglio se per ora il loro nome rimane sconosciuto. Credo che anche lei signorina abbia notato la somiglia con le persone che entrambe conosciamo bene.> e Ines si trovò ad annuire fragorosamente. Era impossibile non notare la somiglianza tra i giovani che aveva davanti e i genitori di Harry, oppure con suo zio Remus e tanto meno con suo padre Sirius. <tutto verrà spiegato a tempo debito, per ora fai fare loro un giro del castello, magari fagli conoscere i tuoi amici. L'importante é che li tieni lontano dai guai.> la ragazza sorrise divertita dall'ultima raccomandazione visto quanto in quegli ultimi anni lei e il suo gruppo per quanto si impegnassero a comportarsi bene si ritrovavano inevitabilmente nei guai.

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