Capitolo 16

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Undici

Sono le 19:12, ho già cambiato due autobus, ora sono in una stazione sconosciuta vicino ad Hawkins e dovrei prendere l’ultimo bus per arrivarci. Fa freddo e sta piovigginando da qualche minuto, fortunatamente ho preso il mio impermeabile. Mi siedo in una panchina in attesa dell’autobus, che dovrebbe arrivare a momenti, è buio e ci sono poche persone in giro, in stazione rimaniamo io e un gruppo di ragazzi non troppo lontani che barcollano, sembrano ubriachi, spero non si avvicinino troppo.
Ascolto attentamene in attesa del rumore di ruote sulla strada bagnata che mi faccia capire che il bus sta arrivando ma non sento nulla, tranne le voci di quei ragazzi che, tra l’altro, stanno venendo nella mia direzione.
“Hey ciao” mi saluta uno.
Faccio finta di niente, non rispondo al suo saluto e non lo guardo neppure.
“Si risponde a un saluto” mi intima un altro prendendomi il viso con le mani.
“Già” gli fa eco un altro ancora.
“Diamo una lezione alla bambolina” propone un quarto.
Ve la do io una lezione! Spingo via con i poteri il ragazzo che mi teneva il mento e lui fa un volo di qualche metro, finendo seduto per terra. Gli altri lo guardano a bocca aperta, nessuno di loro sa spiegarsi cosa sia appena successo. Uno di loro prova ad avvicinarsi a me ma fa la stessa fine dell’amico. Gli altri non hanno più il coraggio di importunarmi, così se ne vanno lasciandomi in pace. Problema risolto. Grazie poteri.
Aspetto ancora qualche minuto sotto la pensilina, nel frattempo penso e ripenso a quello che sto facendo. Joyce sarà sicuramente preoccupata, non le ho lasciato nemmeno un biglietto, spero che Will e Jonathan la fermino prima di farle fare cose folli, come chiamare la polizia o cose del genere. Se le avessi lasciato un biglietto mi avrebbe fermata, sapendo i bus che avrei dovuto prendere. Cerco di convincermi che ho fatto bene ad agire come ho agito, la chiamerò appena ne avrò la possibilità.
Arriva il mio bus, così salgo e mi vado a sedere. Ci siamo quasi! Ancora trenta minuti e sarò ad Hawkins! Chi avrebbe mai immaginato che avrei trovato una famiglia in quella città? Quella è casa mia, lì ho i miei amici e la persona che amo. Non so quanto rimarrò, immagino finché non riesco a contattare Joyce, una parte di me spera che questo avvenga il più lontano possibile, desidero rimanere qui con tutta me stessa, l’altra parte di me sa che prima o poi dovrò tornare nella mia nuova abitazione. Ora però non voglio pensarci, sono quasi arrivata e devo prepararmi a scendere. Sarà bellissimo rivedere Mike e gli altri, mi recherò prima di tutto da lui, ho bisogno di stare con lui, di vederlo e averlo accanto.
Ringrazio il conducente e scendo dal bus. Piove a dirotto, prima dava solo qualche gocciolina, ora diluvia e il cielo è passato da grigio a nero, non so più che ore siano, non c’è un orologio qui vicino. Sto camminando per delle vie buie e silenziose, tranne che per il rumore dei tuoni e delle gocce d’acqua che toccano violentemente il suolo.
Un passo dopo l’altro cerco casa di Mike, non ho mai avuto un buon orientamento, ora per di più non visitavo la città da un po’. Impiego più del previsto a trovare la casa del mio ragazzo, a un tratto però svolto l’angolo e mi trovo nella via di casa sua, la riconoscerei tra mille. Inizio a correre e mi tolgo il cappuccio, tanto ormai sono fradicia, tanto vale completare l’opera in bellezza. Correre sotto la pioggia, con l’acqua che ti picchietta sulla pelle è davvero liberatorio.
Se penso a quanto sono fortunata ad aver incontrato Mike nella mia vita mi scendono perfino delle lacrime, le quali mi bagnano il viso insieme alla pioggia, sono finalmente qui, sono finalmente da lui.
Busso alla porta e sento crescere in me un’emozione incontrollabile.

Mike

Sto sistemando delle cose in cantina quando sento bussare alla porta. Chi sarà mai a quest’ora?
“Mamma vai tu?” grido nell’intento di farmi sentire.
Non mi risponde o, meglio, non sento cosa dice, perciò salgo le scale scocciato.
“Mamma vuoi andare o no ad aprire?” ripeto.
“Vai tu, non posso lasciare i fornelli” risponde.
Come al solito sta cucinando, ogni volta che ho da fare mi interrompe e sono costretto a lasciar perdere per fare quello che mi dice, potrebbe anche fare da sé qualche volta.
Suonano alla porta, prima avevano bussato, ma chi può mai essere all’ora di cena?
Nancy scende le scale diretta alla porta.
“Dove vai?” le chiedo fermandola.
“Ad aprire” risponde.
“Perché?” domando visto che stavo per farlo io.
“Perché nessuno si muove” afferma scocciata.
Con uno scatto di velocità la supero e raggiungo la porta, non so cosa mi sia preso ma non voglio che pensino che io sia uno sfaticato, inoltre oggi mia sorella mi ha già aiutato tanto, non mi costa nulla aprire una porta, così lei se ne torna in camera sua. Sono proprio curioso di sapere chi si è recato a casa nostra questa sera.

MILEVEN~ Lontani per troppo tempoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora