Capitolo 29

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Mike

La macchina guidata da mia sorella sfreccia tra le vie della città di Undi verso casa sua e l’emozione sale dentro di me. Sento un misto di dolore e gioia, mi sento male al solo pensiero di come ho trattato Undi poco fa, l’ho lasciata senza ascoltare minimamente le sue spiegazioni riguardo quanto è successo, e allo stesso tempo mi sento speranzoso all’idea di poter sistemare le cose. ‘Mi perdonerà’ mi ripeto. Riconosco di aver sbagliato ma mi ha dato molto fastidio vederla baciare un altro ragazzo, anche se stava recitando, poiché non ne sapevo nulla, ma sono sicuro che se le avessi dato la possibilità di spiegarsi sarebbe finita diversamente, l’orgoglio ha prevalso sui sentimenti ed è finita così.
Mi sento terribilmente in colpa all’idea di aver fatto e di star facendo soffrire tanto la persona a me più cara. Undi c’è sempre stata per me, come io per lei, ci sono persone che sono destinate a stare insieme, c’è poco da fare, e sento che noi siamo così, che siano i sogni di un giovane adolescente che si monta la testa o che sia la realtà non mi interessa, io inseguirò questo pensiero, qualunque cosa sia, e indipendentemente da dove mi porterà, perché questo è ciò che mi rende felice ora e voglio inseguire la felicità.
“Ci siamo quasi” annuncia Nancy svoltando l’angolo della strada che porta a casa di Undi, luogo che conosco ormai molto bene, mi sembra ieri la prima volta che sono venuto qui, l’ansia e l’adrenalina del momento…
Appena Nancy si ferma mi fiondo fuori dall’auto, chiudo velocemente la portiera e corro. Correre è l’unica cosa che voglio fare ora. Correre dalla mia ragazza, perché questo è e sarà, l’ho lasciata poco fa ma sappiamo entrambi che non è davvero finita, perché quando una storia finisce se non soffre nessuno non è mai iniziata, se soffre solo uno è finita, e se soffrono entrambi non è finita.
Avete presente quei momenti in cui vi sentite in cima al mondo, pieni di energie, così carichi che potreste scoppiare e rilasciare milioni di particelle di forza nello spazio attorno a voi? Ecco, io mi sento esattamente così, un adolescente speranzoso e nel pieno delle sue forze, carico ed energico come non mai.
Busso alla porta e saltello mentre cerco di calmarmi. E se non dovesse perdonarmi? Questa prospettiva mi salta in mente solo ora e mi fa sprofondare in un vortice di preoccupazioni immenso. E’ una possibilità troppo grossa, alla quale non voglio neppure pensare. Cerco di scacciare questo pensiero e di fare ordine nella mente, tutto quello che devo fare è esprimere i miei sentimenti in maniera sincera, magari le cose tra me e Undi non si sistemeranno subito ma io farò il possibile affinché tutto torni a posto. Io lotterò per noi, per la nostra storia.
Vengo risvegliato dai miei pensieri dalla porta che si apre, uno spiraglio di luminosa speranza in un mare di oscure ansie.
“Mike”.
“Joyce”.
“Che ci fai qui?”.
“E’ una lunga storia, ho fatto una sorpresa ad Undi, è in casa? Posso vederla?”.
“Mi dispiace ma...”.
La interrompo pensando che Undi le abbia raccontato tutto e non voglia farmi entrare per la brutta opinione che si è fatta ora di me. Questo problema in cui sono incorso ora è risolvibile, conosco Joyce da quando ero un bambino, basteranno un paio di parole per farle cambiare idea.
“Ascolta Joyce, sono consapevole di aver sbagliato in come mi sono comportato con Undi ma ero fuori di me, non avrei mai dovuto dirle certe cose, sono stato davvero scortese, voglio chiederle scusa”.
“Di cosa stai parlando?”.
“Lei non sa nulla?”.
“No… volevo soltanto dirti, prima che mi interrompessi, che Undi non è in casa”.
“COME?! Non è in casa?! Ormai dovrebbe essere tornata da teatro!”.
“Mike vieni con me” annuncia lei prendo le chiavi della macchina.
Sta per chiudere la porta quando Nancy ci raggiunge e aumenta la sorpresa che Joyce sta provando. Ma ci sarà tempo per parlare più tardi, ora dobbiamo andare, dobbiamo trovare Undi, devo farlo, è necessario che io la veda quanto prima, chissà cosa potrebbe succedere nel frattempo, non si sa mai con certezza quali conseguenze può provocare il dolore. E’ strano da dire ma la verità è che non si può comprendere appieno cosa significa soffrire se non lo si prova sulla propria pelle. Il dolore fa male, molto male in alcuni momenti, ma piano piano si impara a conviverci, consapevoli che non sarà sempre così, che il dolore si alternerà alla gioia. Nella vita è così e lo si può accettare o meno. Si può scegliere di non provare niente, controllandosi, né gioia né dolore, o di provare felicità accettando di correre il rischio di provare anche tristezza.
Anche la macchina di Joyce corre veloce nelle strade delle città e freme quando è costretta a fermarsi ai semafori rossi.
Finalmente arriviamo alla scuola di Undi, scendiamo e la cerchiamo. Giriamo i corridoi della scuola, in cui sono rimasti ormai soltanto i bidelli che puliscono, ma non la troviamo da nessuna parte. Non c’è. Undi non è qui.
“Dove sarà andata??” chiede preoccupata la signora Joyce.
“E Will??? e Jonathan??” aggiunge non vedendoli.
“Non ne ho idea” rispondo.
Ho un nodo alla gola e un senso di ansia e angoscia che cresce dentro di me. Undi è scomparsa ed è colpa mia.

Undi

“Quanto manca?” chiedo a Jonathan appena apro gli occhi, dopo aver fatto una dormita in macchina, con un senso di dolore che cresce dentro di me e lentamente mi divora. Fa così male l’idea di essere stata lasciata dalla persona che più amavo e con cui credevo che sarei rimasta per un tempo lunghissimo.
“Poco, siamo quasi arrivati. Ti sei riposata?”.
“Più o meno”.
“Come ti senti?”.
“Male, molto male, sento un dolore al cuore”.
“E’ normale, funziona così purtroppo, è il decorso del dolore, ogni giorno che passa lo sentirai di meno, all’inizio non ti sembrerà così ma in realtà anche se di poco il tuo stato d’animo cambia. Con il tempo passa”.
“Lo spero, fa davvero male”.
Ho sempre creduto di conoscere il dolore ma in realtà non era così, solo ora ho capito cos’è davvero la sofferenza, quel dolore psicologico che si tramuta in dolore fisico, in colpi diretti al cuore che gradualmente distruggono la persona.
Dopo una mezz’ora arriviamo. Scendo lentamente dalla macchina, chiudo lo sportello e osservo la bella casa di Mike, mi è sempre piaciuta e Hawkins è casa mia, o meglio è la città delle persone che costituiscono la mia casa, perché ‘casa’ per me non è un luogo fisico ma un insieme di persone, tra le quali vi è anche Mike.
Busso e aspetto che qualcuno mi apra, immagino la prospettiva in cui sia proprio lui a farlo, che si chiuda la porta alle spalle, mi abbracci e dica che è tutto come prima, che tra noi va tutto bene, che siamo ancora una cosa sola insieme.
Invece mi apre Karen, con la quale sono andata abbastanza d’accordo nelle ultime volte in cui l’ho vista.
“Undi!” mi saluta euforica.
“Ciao Karen”.
“Come mai da queste parti?”.
“Devo parlare con Mike”.
“Mike non c’è...”.

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⏰ Last updated: Apr 26, 2022 ⏰

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MILEVEN~ Lontani per troppo tempoWhere stories live. Discover now