Parte 3

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In principio, se la faceva sotto di brutto. Era ben oltre l'agitazione, inutile negare. La sua ansia era a livello del panico e la scelta di come vestirsi era stato solo il primo di tanti piccoli avvisi che il suo inconscio aveva elargito.

Risultato? Non ce l'avrebbe fatta mai. Solo il giorno prima si erano baciati con una naturalezza e un coinvolgimento quasi dolorosamente familiare. Uscire insieme prendendo le cose alla leggera, così, senza impegno, era solo il preludio di un delirio da crisi emotiva senza precedenti.

A conti fatti però, era tutto nella sua testa. Izuku non gli aveva fatto alcuna pressione. Era stato tenero e delicato, rispettoso dei suoi spazi fin quasi allo sfinimento.

Si era limitato a mandargli il buongiorno con un messaggio piuttosto semplice e garbato. Nello stesso messaggio, c'era l'orario al quale sarebbe passato a prenderlo dopo aver lasciato la piccola a sua madre.

Niente foto. Niente gif con il buongiorno che esce dal cilindro di un coniglio. Niente di niente. Poche parole. Rudimentali. Minimaliste.

Informazioni base comunicate senza fronzoli ma con un tocco di gentilezza recondita e - ne era certo - innata.

Era bastato quel breve messaggio a mandarlo in allarme. Erano bastate poche parole a scatenare il panico e mandargli il pranzo di traverso.

Era stato tentato di chiamare Mina e delirare al telefono imprecando a destra e a manca finché lei, con parole cariche ma rassicuranti, non lo avrebbe minacciato goffamente di fargli il culo se non si fosse ripreso da quella crisi da adolescente alle prese con la prima cotta.

Alla fine, il suo personalissimo urlo silenzioso, era durato quasi quaranta minuti e, siccome non  voleva tardare, si era visto costretto a sopprimere il suo panico e iniziare a prepararsi.

Alla fine, aveva scelto il maglione a collo alto, jeans e anfibi. Era piuttosto elegante ma comunque comodo e perfetto dovunque fossero andati.

Anche perché - altra nota dolente che ardeva in lui sotto forma di cocente vergogna - non era stato in grado di chiedergli dove sarebbero andati. A quel famoso messaggio di buongiorno che aveva fatto sbottare in lui una crisi esistenziale, non aveva risposto.

Lo aveva aperto però, lo aveva letto e come il più cafone degli stronzi, non aveva risposto.

Erano rimasti online entrambi per qualche secondo. Come una specie di limbo. In attesa. Poi Katsuki aveva sbottato e chiuso la chat. Non si era domandato come si sarebbe sentito Izuku vedendosi ignorato.

Non se l'era chiesto fino a quel momento quando, nervoso ed irascibile, si era trascinato giù dal suo appartamento e si era stanziato in strada ad attenderlo.

Erano già passati tre minuti. Tre cazzo di minuti di ritardo in cui il subconscio di Katsuki aveva ballato la samba con i suoi dubbi, con le sue incertezze e il ballo era concluso con una domanda fondamentale: verrà?

Non avrebbe saputo dirlo.

Fu quando il rombo di una moto squarciò i suoi pensieri che Katsuki riemerse dalle sue insicurezze e si fece attento.

Izuku Midoriya in sella ad una fiammante Benelli nera come la notte con uno sgargiante telaio rosso fuoco, si ergeva dinanzi ai suoi occhi in tutto il suo splendore.

Le gambe flessuose ma toniche cingevano la moto con grazia e lascivia. Il suo petto ampio e le sue spalle larghe erano messe in evidenza dalla giacca in pelle da motociclista che non lasciava proprio niente all'immaginazione. Katsuki amava già quella giacca.

Poi si tolse il casco e quell'ammasso informe di ricci scuri si fece prepotentemente largo nel suo campo visivo. Così come i suoi occhioni verdissimi che sembravano salutarlo entusiasti quasi quanto il suo sorriso ampio e smagliante.

Distolse lo sguardo, Katsuki, borbottando con un grugnito infastidito al suo ritardo.

Inutile negare che se non avesse distolto lo sguardo, avrebbe iniziato a sbavare senza ritegno alcuno.

Poi un movimento, una risata complice e cristallina.

Katsuki afferrò al volo il casco che Izuku gli aveva lanciato.

"Sali o hai paura?" Raccolse quella provocazione a due mani, come un assetato viandante nel deserto quando trova una polla d'acqua.

Ghignò strafottente in risposta, perché poteva anche negarlo, ma gli piaceva da matti come Izuku gli tenesse testa ribattendo colpo su colpo.

S'infilò il casco e salì con un movimento agile, cingendogli la vita  in un abbraccio maliziosamente familiare.

(709 parole)

First dateWhere stories live. Discover now