1. Fratello e Sorella

52 9 0
                                    

Viltor svoltò l'angolo del corridoio dell'imponente casa che l'avrebbe portato davanti alla camera di sua sorella. I due soldati di guardia si irrigidirono e portarono le mani sulle else delle spade, non appena lo scorsero. Si rilassarono non appena lo riconobbero e arretrarono per lasciarlo passare. Lui e sua sorella odiavano tutti quei soldati e quel controllo, ma il padre era stato irremovibile. Aveva giustificato la presenza di tutti quegli uomini per il clima che si era fatto ancora più teso a Gadiya, ma Viltor sapeva che il vero motivo era un altro.

Bussò con un unico colpo secco e aspettò che la sorella gli aprisse la porta. Non avevano bisogno di usare una sequenza precisa per comunicare l'uno all'altra la propria identità. Entrambi avrebbero controllato usando i loro poteri.

Il viso di Dishga comparve alla sua vista quasi all'istante.

Si fece da parte per farlo entrare e richiuse subito l'entrata, scoccando rapide occhiate alle guardie.

Viltor si accostò alla grande finestra della stanza e appoggiò i gomiti al davanzale, mentre osservava le vie della città sotto di loro e i cittadini che vi si avvicendavano. «Come mai mi hai convocato?».

Avevano instaurato un rapporto molto stretto negli anni, ma Dishga tendeva sempre a ricercare di più la solitudine, al contrario suo.

La sorella gli si avvicinò, mentre tormentava l'orlo della manica. «Riguardo al matrimonio, ho preso una decisione e volevo che tu fossi il primo a venirne informato» proruppe.

Viltor voltò di scatto la testa per guardarla. Dalla sua voce non si aspettava nulla di buono.

«Ho pensato che qualsiasi ragazza vorrebbe trovarsi al mio posto e sposare il futuro principe di Gadiya. Io sono l'unica figlia della nostra famiglia ed è mio dovere onorarla. Quindi, accetterò la proposta del principe» pronunciò, solenne.

Viltor raddrizzò la schiena e serrò le dita intorno al ripiano di marmo freddo. «No! Scordatelo!».

Era fuori discussione che Dishga andasse in sposa al figlio del governatore delle pianure di Daktsee. Aveva una pessima reputazione e, nonostante i soldi e i titoli, non era un buon partito. Non avrebbe permesso a quell'uomo di rovinare sua sorella, di renderla infelice.

«Non decidi tu per me. Ti ho chiamato solo per dirtelo» ribatté, secca. Si guardarono negli occhi, sfidandosi.

Viltor cercò una soluzione, una scappatoia che evitasse a Dishga di sposare un uomo che non amava e di vivere una vita triste.

«È questo che vuoi?!» chiese, sbattendo un pugno sul davanzale.

Dishga sobbalzò. Sapeva bene quanto la spaventava vederlo arrabbiato e lui non aveva mai provato tanta ira come in quel momento.

«Viltor» mormorò, facendo un passo indietro.

Sentì la magia risvegliarsi. Con molte probabilità, i suoi occhi erano diventati del tutto blu a causa del potere che gli scorreva nelle vene.

«È questo che vuoi?!» gridò, ancora. Non gli importava che le guardie fuori lo udissero, doveva farle cambiare idea.

Dishga si sedette sul letto e si strinse le ginocchia al petto, quasi a volersi proteggere. Tra i due, era lui il più potente, sia perché esercitava la magia da più tempo, essendo più grande di età, sia perché possedeva più forza.

Mentre lui lasciava che il potere fuoriuscisse e lo usava in ogni occasione, Dishga lo reprimeva dentro di sé. Sapevano entrambi che le avrebbe solo fatto male non dare sfogo alla magia, ma alla sorella non sembrava importare.

Il padre non era un mago, per cui non voleva sentir parlare di quella che definiva una pratica eretica. Erano già fortunati che non li avesse cacciati di casa. A Gadiya la magia veniva tollerata, ma ciò non significava che la gente la vedesse di buon occhio. La madre se n'era andata poco dopo aver partorito Viltor ed era tornata circa un anno dopo per dare alla luce Dishga. Poi, li aveva abbandonati per sempre. Era lei ad aver trasmesso loro il potere.

I Draghi delle Regine - raccolta di novelleWhere stories live. Discover now