Divino Profumo - Quinta Parte

231 8 0
                                    

"Cannella e chiodi di garofano."

Sabine mi guarda sconsolata dall'altra parte del bancone.

"Eppure sembrano una gran bella coppia. Eh sì. Peccato."

Sì, peccato. Sarebbero stati una gran bella coppia. Ma non sono fatti l'uno per l'altro. Guardo i due seduti ad un tavolo accanto alla vetrata. Vengono dalla città. Quelle che qui in paese sarebbero indicate come due persone distinte. Abito blu gessato impeccabile per lui, camicia bianca, senza cravatta, scarpe di cuoio scuro ben lucide, barba e mani curate. Anche lei non è da meno. Indossa un tubino nero che ostenta una ricercata semplicità, sandali eleganti decorati con pietre luccicanti, una lunga collana di perle che le gira due volte intorno al collo, labbra rosse, come le unghie, e due occhioni azzurri circondati da una cascata di riccioli biondi.

L'estremo tentativo di lui di strapparle un sì. Un tentativo senza speranza. Lei ha accettato l'invito per pura cortesia. Ma non ha alcuna intenzione di andare oltre, credendo che in questo modo lui soffrirà meno per il suo rifiuto o per la sua indifferenza. La solita bugia pietosa che spesso uomini e donne raccontano a loro stessi.

È un sabato mattina di maggio del 2005. L'enoteca "Da Berto" è piena come non mai. Piena di avventori, di colori e profumi delle piante e dei fiori che Sabine cura con attenzione maniacale.

Il locale è cambiato, l'arredamento con colori pastello. Le pareti decorate con foto in bianco e nero e vecchie stampe. L'illuminazione soffusa. Le panche sostituite da poltroncine di pelle rubino. I tavoli sono sempre i soliti. E anche il piano del banco. E nell'angolo il camino, indifferente a quel che succede, continua a fare la guardia all'osteria in maniera discreta.

Con il tempo ho iniziato Sabine agli insegnamenti della nonna.

Quando arriva una coppia di clienti basta un attimo per capire se c'è affinità fra di loro. Ed è naturale decidere quale è il tavolo più adatto. Mai sprecare il tavolo migliore, il mio, quello accanto al camino, per una impresa impossibile.

Di conseguenza scegliamo il vino da proporgli.

Il vino, anche se loro non lo sanno, è il collante, o il tramite, che permette ai loro profumi di avvicinarsi, di mostrarsi, di lasciarsi gustare.

Molte di quelle coppie ritornano qui. Ma non per il vino o per l'atmosfera del locale.

In realtà non sanno il perché. A domanda precisa rispondono che "qui siamo stati bene, e continuiamo a star bene, perché è una sensazione che ci piace".

Cinque anni fa, dopo una intensa serata di lavoro, Sabine si era avvicinata a me mentre stavo rimettendo i calici di cristallo sulla mensola dietro al banco.

"Stella di cosa profumo io? Sentiamo il profumo degli altri, ma non riusciamo a sentire il nostro."

L'avevo guardata perplessa, non mi aspettavo quella domanda in quel momento.

Aveva continuato.

"Rashid sa di erba e di terra bagnata."

"E tu, Sabine, hai il profumo delle primule."

Aveva sorriso, mentre distoglieva il suo sguardo dal mio, quasi che non volesse condividere l'emozione di quella mia risposta con nessuno, ed era tornata a sistemare i tavoli in sala.

Meno di un anno dopo sarebbe arrivata la piccola Estelle.

Divino ProfumoWhere stories live. Discover now