È quasi come una sinfonia.
All'inizio c'è solo lui, lui che suona nella sala del pianoforte.
«Come si chiama?» gli aveva chiesto poco prima, ma non aveva ricevuto risposta.
Attorno a lui, i ritratti racchiusi in cornici d'oro che adornano le pareti sembrano danzare sulle note del suo brano.
Ancora nessuna risposta. Un po' stordito dal vino che hanno bevuto a cena, gli si avvicina. Lui - il suo maestro - non osa staccare gli occhi dai tasti bianchi e neri, alzandoli appena di tanto in tanto quando ha bisogno di dare un'occhiata allo spartito.
Quando finisce di suonare, l'intera sala sprofonda nel silenzio: è come se fossero rimasti nella villa solo loro due e il pubblico immaginario dei ritratti; ha anche quasi paura di parlare, ma fortunatamente l'altro decide di farlo per primo.
«Non ha un nome,» esclama, rispondendo alla sua domanda rimasta in sospeso. La sua voce è profonda, calma, ha quell'inflessione tipica dei francesi a cui sta iniziando ad abituarsi. «Non ho grandi ambizioni, in ambito musicale.»
«È comunque una bellissima composizione.»
«Beh, ti ringrazio,» lui accenna una risata, sobria e controllata, come ogni cosa che lo riguarda. «È dopo aver ascoltato Liszt che ho iniziato ad amare il pianoforte. È una vera tragedia che ci abbia lasciati di recente.»
L'altro continua, gesticolando, come se d'improvviso si trovasse su di un palco e stesse cercando di convincere un pubblico immaginario: «È quasi... è quasi come ascoltare un racconto».
«Un racconto?»
«Sì,» annuisce, accennando un sorriso un po' imbarazzato, «un racconto. Una favola. È come venir trascinati in un luogo mai visto prima. Oppure un luogo che non esiste nemmeno.»
«Sono ottimi suggerimenti per un titolo,» dice lui, sorridendo. Finalmente si alza dallo sgabello, sistema i fogli dello spartito e poi prende l'orologio da taschino dal panciotto, controllando l'ora. Ogni suo gesto è pacato e controllato, come al solito. È da quando lo conosce che sembra stia recitando senza mai smettere. A volte sembra che il suo maestro venga da una dimensione parallela, una dimensione in cui si trova costantemente a teatro, su un palco, nelle vesti del protagonsita di qualche tragedia classica.
«Conosci la Totentanz di Liszt?» gli domanda all'improvviso. Alla sua risposta negativa, continua: «Vuol dire danza della morte in tedesco. Composizioni del genere sono tutte ispirate alla danza macabra, un tema ricorrente nelle rappresentazioni artistiche medievali, in cui gli scheletri dei defunti si rianimano e partecipano ad una danza con i viventi».
Il maestro gli si avvicina, posando di nuovo l'orologio.
«Se ci pensi, è un tema simile ai nostri studi, alle nostre ricerche. Anche ciò che facciamo noi può essere categorizzato come danse macabre.»
Dal suo punto di vista, la loro è una missione ben più delicata e soprattutto complicata che danzare con la morte, qualunque cosa il suo maestro voglia dire; ma è troppo intimidito per esprimersi ad alta voce, per contestarlo, quindi si limita ad annuire sommessamente.
«Raymond arriverà oggi pomeriggio, per l'ora del tè. Sono riuscito a convincerlo a vendere a me il libro che stava per dare ai Marlowe,» riprende il suo maestro, con il tono di voce sbrigativo di chi ordina qualcosa al proprio maggiordomo, «non capirò mai la sua devozione per quella famiglia.»
«Questo vuol dire che potremo continuare con le operazioni, nel frattempo?»
Il maestro sorride, e giunto davanti a lui porta una mano sulla sua spalla; un gesto affettuoso, paterno, e soprattutto inaspettato.
«Ogni cosa a suo tempo, mon chère. Nel frattempo, però, credo di aver trovato il nome adatto alla mia umile composizione.»
«Quale sarebbe?»
Allora lui dice: «Racconti da un luogo inesistente».
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Thanatopsis
Mystery / ThrillerRaymond Orwell entra nella sua vita nello stesso modo in cui, tempo dopo, ne uscirà: passo cadenzato, arrogante, con uno dei suoi completi eleganti addosso e un ghigno misterioso sul volto. • Aggiornamenti lenti •