seconda parte

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L'estate era passata in un soffio. Un battito di ciglia ed era già Settembre. Simone e Manuel non si erano sentiti per tutta l'estate e stavolta non per volontà del più grande. Era stato Simone a mettere un distanza tra loro, emotiva prima che fisica. Si era allontanato da Roma per due mesi con lo scopo, sì, di trascorrere del tempo con suo padre, ma soprattutto con la pretesa di dimenticare il suo amore impossibile. Che con la distanza di mezzo fosse più facile l'aveva sempre saputo. E così aveva smesso di rispondere ai suoi messaggi e alle sue chiamate, e si era riempito di cose da fare pur di non pensare a lui. Cosa, questa, che non gli era risultata molto difficile, avendo programmato un'avventura in moto in Europa. Non sapeva dire quanto lo avessero cambiato quelle settimane. Sicuramente quello che era tornato a Roma era un Simone più maturo, che aveva cambiato look e si era messo anche l'orecchino. Un ragazzo nuovo, insomma. Più forte, sfrontato, bello. E forse, forse, un po' più sereno.
Manuel, d'altra parte, aveva viaggiato con sua madre e per lui, smettere di pensare a Simone, era risultato un po' più complicato dal momento che l'altro non rispondeva né ai suoi messaggi né alle sue chiamate, e aveva avuto modo di sapere qualcosa di lui solo attraverso le foto che pubblicava sui social. Ma anche per lui quell'estate aveva portato qualche cambiamento, soprattutto a livello di crescita personale...


Era appena tornato a Roma, Simone, quando Laura l'aveva chiamato. "Ci vieni alla mia festa sabato?" gli aveva chiesto.
E inizialmente era bastata quella semplice domanda per mandarlo in crisi. Ci sarebbe stato anche Manuel? Anche lui era in città?
Poi aveva deciso di accettare.

Così quella sera ancora calda di inizio Settembre, si presentò alla festa della sua ex ragazza con un regalo per lei, portatore di un carisma tutto nuovo che lo aveva reso magnetico agli occhi di tutte le sue amiche. Ma con una mancanza, in fondo agli occhi, che non era passata inosservata a chi gli voleva più bene, e che lo costrinse a rimanere in disparte per buona parte della serata.

"Allora, com'è andata quest'estate? Ti sei divertito?" gli domandò Laura con il suo solito tono gentile e un po' malinconico, porgendogli una birra e sedendosi accanto a lui.
"Sì, è stata molto stimolant..."
Ma a metà discorso si fermò, la voce spezzata lo tradì. All'improvviso aveva visto Manuel entrare nella stanza, guardandosi intorno disinteressato come sempre. Come se non attraversasse il mondo, ma il mondo gli scivolasse addosso. Indossava un paio di jeans neri e una maglietta a maniche corte, aveva i capelli appena più lunghi, ed era abbronzato. Non lo vedeva da due mesi, da quella sera al garage. Quanto era cambiato... Nel rivederlo, il cuore aveva saltato un battito.
"È tornato una settimana fa" disse Laura guardando nella sua stessa direzione, come leggendogli nel pensiero.
"Non lo sapevo"
"Ma non vi siete sentiti?" domandò lei, sgranando gli occhi come faceva sempre quando era incuriosita. O sorpresa.
"No" e bevve un sorso di birra, strizzando gli occhi con insofferenza.
Laura annuì. Non disse niente.
"Scusami, devo andare" mormorò Simone. E si alzò di scatto.

"Aspetta, dove vai?" lo fermò Laura afferrandolo per un lembo della maglia.

"Non mi va di incontrarlo" le rispose mesto, gli occhi languidi che chiedevano pietà.
"Ma perché?"
"Non mi va" la freddò lui.

"Ho capito, ma non te ne andare adesso... È la mia festa"
A quel punto Simone si piegò su di lei, le posò una carezza e un bacio sui capelli, e disse:
"Ci sentiamo domani, va bene?"
"Va bene" annuì amareggiata lei.


E non appena Simone scomparve alla sua vista, inghiottito dalla calca di persone, le si avvicinò Luna affannata, e domandò: "Allora?"

"Se n'è andato..."
La sua amica sbuffò.
"L'ha visto?"
"Certo che l'ha visto, per questo è andato via"

"Dai Laura, non è colpa tua. Forse non era ancora pronto" e le mise un braccio intorno alle spalle.


Stava percorrendo il corridoio a passo svelto, Simone, facendosi spazio tra i gruppetti di ragazzi, quando all'improvviso udì una voce alle sue spalle. E non una voce qualunque, ma la sola in grado di fermargli il respiro.

"Oh"

Non voltarti. Fai finta di non aver sentito. Non voltarti.
Ma all'improvviso era come se le sue gambe non collaborassero più. Erano diventate due pezzi di legno piantati nel terreno, e muoverle era diventata un'azione quasi innaturale.
"Simò" gli gridò dietro la voce di Manuel.

Non voltarti.

"Simone!"
Era ormai fuori quando, con un tono che era tutt'altro che pacifico, si sentì afferrare violentemente da dietro. "Ma che cazzo fai, scappi?"
"No..." mormorò voltandosi verso di lui. "Non scappo" mentì.
"Quando sei tornato?"
"Due giorni fa"

"Non mi hai detto niente"

Simone abbassò lo sguardo, non rispose.
"Sei sparito"
Adesso il tono di Manuel era più pacato. Deluso, quasi. Lo sguardo a cercare quello di Simone, timido e sfuggente.
"Non sono sparito, sto qua"
"Intendevo st'estate. Che fine hai fatto?"
"Ero con mio padre, lo sai"
"Certo che 'o so. Ma non mi hai chiamato una volta, manco ai messaggi mi hai mai risposto"

"Avevo bisogno di essere lasciato in pace"
"Ah, scusa..." declamò con enfasi Manuel. "Scusami se me so' preoccupato pe' te"

"Ti sei preoccupato per me" ripeté lui annuendo, serio.
"Sì, me so' preoccupato pe' te" replicò il più grande. "Pensa che stronzo" e lo spinse con violenza. C'era disprezzo nella sua voce. O forse sarebbe più giusto dire amarezza.

A quel punto Simone si rese conto di essere stato troppo duro. Gli corse dietro anche se non aveva scuse.

"Manuel aspetta" afferrandolo per la maglia.
"Che cazzo voi, Simò?" sbottò lui voltandosi di scatto. Gli occhi grandi e rossi, la vena sul collo gonfia di rabbia.

"Fammi spiegare"
Pacifico.
"Non c'è niente da spiegà. M'hai rotto le palle pe' cinque mesi con 'sta storia che te piacevo! Poi è arrivata l'estate e tanti saluti, nn'è vero?"
"Sai benissimo che non è così"
"No io non so più un cazzo Simò! Non so - più - un cazzo" gli urlò contro scandendo bene le ultime cinque parole. "Te me devi fà capì, perché sennò io ce perdo la testa dietro a 'sta storia"

"Adesso vuoi capire, Manuel? Adesso?" occhi negli occhi come quella volta al cantiere. Una tensione che si poteva tagliare col coltello. "E quando ero io a cercarti? Quando mi hai usato, quando mi hai insultato... Quando hai detto che per te manco esistevo, te lo ricordi?"

"Non c'entra un cazzo questo, adesso" scosse la testa Manuel. "Me la vuoi fà pagà? Eh? Me la vuoi fà pagà?" afferrandolo per la maglietta.

"No io non voglio farti pagare niente. Ma per una volta, una volta soltanto, ce la fai a rispettarmi? A rispettà quello che provo io, ce la fai?"

"E che provi te?" lo sfidò lui. Fronte contro fronte, occhi alzati nei suoi.

"Non lo so!" gli gridò addosso. Poi più calmo, "Non lo so che provo, okay?"

"Vaffanculo, Simò" lo spinse. "Vaffanculo"


Per un attimo gli tornò in mente quella volta che a mandarlo a fanculo con le lacrime agli occhi era stato lui. Manuel gli aveva appena urlato contro delle cose bruttissime e gli aveva spezzato il cuore. C'era una parte di sé che adesso, a parti inverse, sperava di aver fatto lo stesso con lui. E ce n'era un'altra che avrebbe voluto corrergli dietro e farci l'amore.

Ma per quella sera, fece prevalere la prima. E si ritrovò così da solo al centro del piazzale, il respiro corto e le parole di Manuel che gli rimbombavano in testa. Per fortuna, in quel momento all'esterno non c'era nessuno. Nessuno, almeno apparentemente, aveva assistito a quella scenata pietosa.

Buona fortuna amore || Simone e ManuelWhere stories live. Discover now