1° capitolo - un sogno che si realizza

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Corsi trafelata giù dalle scale del mio appartamento e salii in macchina alla velocità della luce.

Ero emozionatissima: incredibile come la mia carriera di architetto mi avesse portato a dover riprogettare la sede di una delle squadre di calcio più famose d'Italia: la Roma.

Guidavo mentre nella mia mente scorrevano le immagini di tutta la mia vita, di tutto il lavoro che avevo fatto per arrivare fino a lì.

Avevo tutto: un appartamento a Roma, un meraviglioso lavoro da architetto e una sudata laurea guadagnata studiando come una disperata per cinque anni, al PoliMi (politenico di Milano). Non mi mancava nemmeno un ragazzo: Tommaso.

Stavamo insieme dal primo anno di università: ci eravamo incontrati per caso in una Frecciarossa diretta a Milano ed io ora me lo tenevo stretto, decisa a portare avanti la nostra relazione fino al matrimonio.

Cosa potevo volere di più?

Premevo il piede sull'acceleratore, impaziente di realizzare uno dei miei più grandi sogni.

Dopo un'oretta giunsi di fronte ad un imponente cancello con il simbolo della Roma, che tante volte avevo visto, e che tante volte mi era sembrato così irraggiungibile.

Scesi dall'auto e trassi un profondo respiro. Dovevo stare calma. Ero solo una dipendente di uno studio di architetti, che era stata inviata alla sede della squadra per fare delle foto all'area da ristrutturare.

Entrai nell'edificio, e mi ritrovai in una sala enorme, al centro della quale si trovava una reception.

Non vidi nessuno, per cui mi fermai ad attendere.

Osservai l'ampiezza della sala in cui mi trovavo, mentre in mano stringevo il mio iPhone, strumento ideale per fare foto.

Ad un tratto, dietro di me, sentii una voce che disse: "Anna se ha ido, como siempre"

Mi voltai. Sulle prime non riconobbi chi mi stava di fronte, ma poi mi si gelò lo stomaco: era Paulo Dybala.

Mi fissò con quei suoi penetranti occhi verdi, poi mi chiese, con un marcato accento spagnolo: "Stai cercando Anna?"

"A... anna?" Nella mia mente pensai "chi cacchio è anna?"

Il calciatore mi rispose. "Sì, anna, la receptionist"

"Ah.. sì... io dovrei..."

"¡Espera, sé quién eres!"

Lo guardai per qualche istante, poi dissi: "scusa... non so lo spagnolo..."

"ah no, scusami tu. Dicevo che so chi sei: sei l'architetta che deve progettare il grattacielo"

Sorrisi. Paulo Dybala sapeva chi ero. "Sì, sono io". Sorvolai sul fatto che in realtà io non ero altro che un'impiegata, e che il progetto vero e proprio, purtroppo, sarebbe andato al mio principale.

"perfecto"

Mi guardò qualche istante. Non sapevo cosa dire, o cosa fare. La tentazione di chiedergli un autografo era dietro l'angolo, ma mi trattenni, pensando che magari potesse non fargli piacere.

"ti accompagno io", mi disse poi, sempre con quel suo marcatissimo accento spagnolo.

"Grazie mille", risposi, seguendolo. Lo osservai per qualche istante mentre camminava di fronte a me.

L'avevo visto tante volte su Instagram, in Tv, o anche allo stadio, ma essere lì, a un metro da lui era tutta un'altra cosa.

Sorrisi pensando alla reazione del mio fidanzato non appena gli avessi detto che avevo incontrato Paulo Dybala e che gli avevo parlato come ad un collega.

Quando entrammo nell'ascensore, il calciatore mi chiese: "da dove vieni?".

"Vivo a Roma, però sono originaria di Conegliano, in Veneto"

"Dove è nato Del Piero!", esclamò.

"Sì, proprio là", gli risposi, ridendo.

"Siamo arrivati", mi disse poi, indicando la porta dell'ascensore che nel frattempo si era aperta, mostrando così di fronte ad essa un lungo corridoio, ultra moderno, pieno di porte.

Entrammo insieme in una di esse, dove un uomo mi accolse sorridendo, e salutando Dybala come un vecchio amico.

"Beh dato che Paulo è qui, può accompagnarti lui in giro per l'edificio per farti fare tutte le foto che ti servono", mi disse poi, sorridendo.

Mi venne un colpo al cuore. Non ero psicologicamente pronta per un giro turistico con La Joya.

 Deglutii, e dissi: "beh, se non è un disturbo sarei onorata".

"mi honor", rispose il calciatore sorridendo.

Uscimmo dall'ufficio. Il calciatore mi accompagnò per tutto l'edificio, mi indicò i punti che secondo lui andavano risistemati e mi diede addirittura delle opinioni riguardo a come avrei dovuto modificare il tutto.

"Te ne intendi di architettura", gli dissi, per fare un po' di conversazione.

"un poco, no mucho"

Continuammo per un po' nella nostra "visita turistica", finchè ad un certo punto Paulo mi chiese: "chi è il fortunato che ha l'onore di essere il tuo fidanzato?"

Gli sorrisi. "Si chiama Tommaso"

"¿como supiste?"

"Cosa?", gli chiesi, ridendo.

"scusa, come vi siete conosciuti?"

"Ah", gli sorrisi, ringraziandolo con lo sguardo per aver tradotto la domanda, "ci siamo incontrati anni fa su un treno per Milano"

Paulo annuì. "Che storia romantica", disse poi.

Per continuare la conversazione ridendo gli dissi: "non serve che io ti faccia domande, da Instagram ho visto abbastanza".

"Sei una stalker", rispose lui ridendo a sua volta.

Mi morsi la lingua. "oddio scusa non volevo sembrare una stalker... dato che ti seguo ho visto...."

"tranquilla", mi disse lui, ridendo, e posando una mano sulla mia spalla per invitarmi a calmarmi.

Sentii un brivido lungo la mia schiena. La sua mano era molto morbida, calda.

Cercai di proseguire indifferente.

"Non ti è mai venuto in mente di imparare lo spagnolo?", mi chiese poi.

"Sì, però alla fine mi sono dedicata all'inglese... e al tedesco"

"sai il tedesco?"

"teilweise ja"

Paulo rise. Mi sentii incredibilmente fiera all'idea di aver fatto ridere un mito come lui.

Al termine del nostro "giro turistico", Paulo mi disse: "ti accompagno alla macchina"

Ci dirigemmo quindi alla mia auto, una 500 rosso fiammante.

"E' bella... ma ti vedrei di più con un'auto più grande, sportiva", ammiccò Paulo.

"una Ferrari?", gli chiesi ridendo.

"Anche, sì"

"Beh se me ne vuoi regalare una, la accetto di sicuro"

Ridemmo entrambi.

Prima che salissi in macchina mi chiese: "ti va un giorno di questi di berci un caffè insieme? sei simpatica"

Rimasi a bocca aperta. "sì, volentieri... grazie"

"domani? Verrai qui?"

"Sì, sarò qui tutto il giorno"

"aggiudicato"

Lo salutai e richiusi la portiera dell'auto. Dopo qualche istante, dopo aver lasciato il parcheggio, mi voltai, per assicurarmi di non aver sognato tutto.

Era tutto vero. Avrei preso un caffè con Paulo Dybala.







Il sole e la luna II Paulo DybalaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora