teenagers scare the livin' shit outta me

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«𝐭𝐡𝐞𝐲 𝐬𝐚𝐲, 𝐚𝐥𝐥 𝐭𝐞𝐞𝐧𝐚𝐠𝐞𝐫𝐬 𝐬𝐜𝐚𝐫𝐞 𝐭𝐡𝐞 𝐥𝐢𝐯𝐢𝐧𝐠 𝐬𝐡𝐢𝐭 𝐨𝐮𝐭 𝐨𝐟 𝐦𝐞»𝐭𝐞𝐞𝐧𝐚𝐠𝐞𝐫𝐬 - 𝐦𝐲 𝐜𝐡𝐞𝐦𝐢𝐜𝐚𝐥 𝐫𝐨𝐦𝐚𝐧𝐜𝐞

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«𝐭𝐡𝐞𝐲 𝐬𝐚𝐲, 𝐚𝐥𝐥 𝐭𝐞𝐞𝐧𝐚𝐠𝐞𝐫𝐬 𝐬𝐜𝐚𝐫𝐞 𝐭𝐡𝐞 𝐥𝐢𝐯𝐢𝐧𝐠 𝐬𝐡𝐢𝐭 𝐨𝐮𝐭 𝐨𝐟 𝐦𝐞»
𝐭𝐞𝐞𝐧𝐚𝐠𝐞𝐫𝐬 - 𝐦𝐲 𝐜𝐡𝐞𝐦𝐢𝐜𝐚𝐥 𝐫𝐨𝐦𝐚𝐧𝐜𝐞

Quando sei alle medie di solito ti viene detto che al liceo le persone matureranno. In un certo senso é vero, non é del tutto una bufala inventata per farti stare meglio, poi conosci soggetti discutibili e tocca cambiare idea. Allora conviene aspettare l'università, dove l'asticella si alza ancora di più. Tuttavia, quando Emmeline Becker si ritrovò nell'ambiente collegiale per la prima volta, era stata costretta a domandarsi se per caso non fosse erroneamente finita in qualche serie TV adolescenziale.
L' ambiente universitario era gremito di gente di ogni tipo, ma che non aveva niente di originale da rivelare. Nei mesi aveva capito che chi godeva del miglior status sociale erano gli atleti, che si aggiravano per i corridoi nelle loro giacche della squadra con tanto di cognome e numero stampati. Non aveva avuto mai un contatto diretto con loro, ma suscitavano lo scalpore di lei nel modo in cui venivano visti come delle celebrità. Oltre a loro, la cheerleader più discussa sembrava non essere nemmeno interessata al suo ruolo, mentre veniva circondata da scavezzacollo che tentavano disperatamente di entrare nelle sue grazie. Infine, i nerd della situazione se ne stavano per conto loro, all'ombra di un albero, a discutere dei loro interessi dal più comune al più particolare. Tutto sembrava impilarsi in una sottospecie di piramide gerarchica in cui gli atleti e le cheerleader erano al di sopra, per qualche strano motivo, mentre tutti gli altri seguitavano. Con ciò, Emmeline dopo mesi non sapeva dove inserirsi. Sapeva solo che aveva fatto l'audizione per fare la chitarrista e la seconda voce nella band della scuola e che aveva funzionato. Ora faceva anche parte del club di musica. Ma ciò non sembrava aver cambiato niente in quello strano microcosmo universitario. Lei e il suo gruppo si erano esibiti solo una volta, del resto, e quello che faceva piú parlare di sé era il cantante e fine.
Neanche gli amici che si era fatta erano inquadrabili in quello strambo contesto. Sasha Blouse, la sua compagna di dormitorio, avrebbe potuto fare amicizia anche con un palo della luce. Emmeline era grata di essere finita in camera con lei,  ma la sua ossessione per il cibo alle volte la rendeva terrorizzata. Si pentì presto di averle fatto scoprire cosa fosse un'etichettatrice, visto che ora anche i kiwi erano etichettati "Sasha" nel loro mini-frigo. Emmeline ebbe modo di fare amicizia anche con il batterista della sua nuova band, Connie. Lui e Sasha erano già amici da tempo, e si poteva dire che fosse comprensibile visto il loro modo di fare. Connie Springer era energico, costantemente in movimento, e un totale idiota. Ma in una maniera positiva e comunque divertente, il ruolo del batterista gli calzava a pennello. Più avanti si aggiunse anche Jean Kirschtein. In realtà, Emmeline e Jean erano migliori amici sin dal liceo. Lui al tempo era totalmente diverso. Capelli che sembravano leccati da una mucca, vestiti discutibili ma che lui reputava "alla moda", e un'irrefrenabile tempesta di ormoni che lo spingeva a volere ogni ragazza esistente in ogni corso. Pensava che bullizzare gli altri compagni lo avrebbe fatto rimorchiare. Per fortuna Emmeline lo aveva rimesso in riga. Era rimasto ancora un po' arrogante, ma per fortuna un arrogante finalmente ben vestito e sopratutto che non chiamava più nessuno "quattrocchi". Non dopo che Emmeline lo aveva definito un insulto veramente anni ottanta.
Jean si aggiunse dopo alla loro cricca in quanto aveva provato a trovarsi dei nuovi amici indipendentemente dalla sua migliore amica per dare prova di sé stesso, cosa che in realtà lei aveva apprezzato molto come indice di maturità. Era contenta che si decidesse a conoscere persone nuove a parte lei, era anche molto determinato nel farlo.
I due erano sempre e comunque insieme, ma tutte le volte in cui lei gli aveva proposto di uscire con il suo gruppetto, lui aveva risposto dicendo che poteva anche trovarsene uno tutto suo di gruppo e che non aveva bisogno di facilitarsi la vita con il suo trio fatto e finito.
Invece un mesetto dopo eccolo lì, un Jean Kirschtein tutto terrorizzato, che le chiedeva di uscire con il suo trio perché "la gente qui é stramba forte, e anche un po' preoccupante".
Aveva provato ad avvicinarsi agli atleti, ma aveva scoperto che erano abbastanza terrificanti. Ogni adolescente pompato di testosterone lo era, che si fosse al liceo o all'università.
Di gente strana ce n'era in giro, ma gente anche normale e pure nei bassifondi di quella strana piramide sociale. E loro quattro, non sapevano proprio che posto occupassero.
Stavano meglio così, non inseriti da nessuna parte, perché potevano decidere per conto loro. Certo, Jean era rimasto sconvolto quando alla richiesta di salvataggio dagli stramboidi si era ritrovato a frequentare Connie e Sasha, ma ormai stava bene così. Bastava non perdere quel poco di dignità che aveva riguadagnato dopo aver finito la sua fase da bullo del liceo.
Emmeline in quei primi mesi si era anche divertita a inquadrare e catalogare tutti quei particolari tipi umani, quasi fosse una ricerca scientifica.
E la cosa più certa era che, in università, il re indiscusso era Reiner Braun.
Aveva tutti i prerequisiti del maschio alfa di turno: alto, muscoloso, capitano della squadra di football, biondo e con un'ampia cerchia di amici/aspiranti imitatori. Tutta la sua figura incanalava quella sicurezza di sé che lo aveva reso padrone di qualcosa di cui forse non aveva neanche consapevolezza. Poi, quando si levava la giacca della squadra con "Braun" stampato a caratteri cubitali sulla schiena, indossava una felpa, prendeva una chitarra e si metteva a strimpellare nel cortile per la sua cricca.
Non era particolarmente bravo con la chitarra acustica, era un miracolo se conosceva quattro accordi e se sapeva in qualche modo suonare Wonderwall degli Oasis. Peró era quanto bastava per avere tutte le ragazze ai suoi piedi, buon per lui. Emmeline condivideva qualche corso con Reiner, ma non lo aveva mai visto molto partecipe. Prendeva due appunti a inizio lezione, poi parlottava con qualche suo compagno della squadra di football, poi poggiava la testa sulla mano e dormiva. Gli atleti non sembravano avere particolari problemi nella loro vita. Ad Emmeline non piaceva avere quel tipo di pensiero su di loro, del resto tutti abbiamo dei problemi, per quanto possiamo sembrare spensierati da fuori. Ma per quanto ci provasse, non riusciva a figurarsi quali problemi potessero affliggere il capitano della squadra di football: bello, sorridente e sempre al centro dell'attenzione. Non erano affari suoi però, non che avesse mai avuto uno stralcio di conversazione con qualsiasi individuo della squadra di football americano.
Reiner Braun aveva notato Emmeline Becker. Per quanto lei si reputasse invisibile, neanche degna di essere inserita in una categoria sociale, lui si era in qualche modo accorto della sua presenza. L'aveva vista esibirsi una volta con la band, ma non le aveva prestato molta attenzione perché troppo occupato a cercare di chiudere una conversazione con una ragazza della squadra di atletica fin troppo chiacchierona. E che non la smetteva di tocchicciargli gli addominali.
Si rese veramente conto di Emmeline la volta dopo quell'esibizione, quando si accorse che la ragazza che si sedeva sempre al centro dell'aula era la stessa che aveva suonato la chitarra elettrica sul palco qualche giorno prima. Da lì, Reiner cominciò a prestare attenzione alla sua presenza in classe, al modo in cui parlava, o faceva interventi.
Era intelligente, non sapientona, ma molto acuta. I momenti in cui Emmeline interveniva erano gli unici in cui lui si ridestava dal suo pisolino di classe per prestare attenzione. Più che altro perché Emmeline non sembrava avere peli sulla lingua. Se un suo intervento veniva interrotto da qualche commento sarcastico di un compagno, lei sapeva rispondere a tono, zittendolo con una secchezza tanto comica che Reiner doveva nascondere una risata dietro a un colpo di tosse. Per un periodo di tempo, si limitò ad ascoltare quegli interventi e a ridacchiare segretamente, senza aggiungere niente. Quella ragazza suscitava la sua completa attenzione ogni volta che la scorgeva mentre suonava nell'aula di musica, o quando roteava gli occhi a qualche commento idiota di un compagno di corso, oppure mentre la vedeva fumarsi una sigaretta tra una lezione e l'altra insieme alla sua stramba compagnia. La trovava interessante, in una maniera in cui non aveva trovato interessanti nemmeno le sue ex o ragazze per cui aveva avuto un debole. Non era una cotta, era una semplice e strana curiosità verso una persona neanche così tanto straordinaria. Non era neppure attrazione fisica. Anche se pensava che Emmeline fosse piuttosto attraente. Non era di una bellezza fulminante come tante ragazze che gli andavano dietro, era piú che altro il modo di fare che la rendeva attraente. Aveva tratti che la rendevano convenzionalmente bella. Occhi grandi e verdi, sopracciglia sempre ben tenute e spesse, e i suoi capelli erano di un bellissimo colore tra il rosso e il castano, praticamente scorza d'aranci. Per comodità, Emmeline li teneva sempre legati in uno chignon, che peró aveva difficoltà ad annodare e dal quale qualche ciuffo qua e là riusciva sempre a sfuggire. Il suo viso, che sembrava perennemente annoiato da qualcosa, era incorniciato da due ciuffi di capelli rossi che le ricadevano ai lati delle guance, uno dei quali si prolungava da una frangetta laterale che per fortuna se ne stava sempre al suo posto. Aveva un corpo non allenato, ma comunque ben formato, che lei teneva sempre nascosto nella sua impressionante collezione di maglioni e felpe unicolore. Non erano però queste le cose nella figura di Emmeline che suscitavano la curiositá di Reiner, forse era più quel cipiglio che ogni tanto faceva la sua comparsa sul suo viso. Spuntava quando era confusa in classe, o quando provava una sigaretta schifosa, oppure quando era molto concentrata a suonare. Era un'espressione indecifrabile tra il rabbioso e il genuinamente confuso, cosa che teneva gli occhi di Reiner incollati finché poi non se ne spariva dal volto di Emmeline.
Un giorno, sempre per curiosità, Reiner decise di parlarle.
Il suo primo tentativo di approccio fu non soltanto sperimentale, ma addirittura fallimentare.
Mentre ciondolava per i corridoi con altri membri della squadra, incappò nella ragazza intenta a scaldarsi dei noodles istantanei al microonde vicino al distributore di drink.
Non seppe resistere all'impulso, e finalmente ebbe il coraggio di fare una mossa.

"Le camicie di flanella si usano ancora?"

Quel commento, che coincise esattamente con il beep del microonde che aveva finito di riscaldare, fece piombare nel silenzio i presenti per qualche istante. Capì che aveva sbagliato tutto nel momento in cui i suoi compagni di squadra scoppiarono a ridere, e lei lo stava guardando furente con un bicchiere di noodles scottanti appena tirato fuori.

"Ah...eh cioè..." balbettò Reiner.

"Grazie per la tua opinione non richiesta, stronzo" sibilò lei, per poi passargli accanto e lasciarlo indietro inseme agli schiamazzanti compagni.

"Grande Reiner" esclamò uno di loro, con tanto di pacca sulla spalla "mi fai morire!"

"Chiuda la bocca Floch, cazzo!"

Dopo quell'episodio, Reiner rinunció ad avvicinarsi per la vergogna. Non che gli cambiasse molto, voleva solo togliersi lo sfizio di parlarle una volta per vedere come andasse, ma visto che era riuscito a farsi dare dello stronzo decise che era fiato sprecato. Quel che era peggio, era che da quella volta della camicia, tutti i suoi amici avevano cominciato a chiamare Emmeline "flanella". A Reiner infastidiva, perché era stato erroneamente lui a cominciare. E non era stato intenzionale. Era in un certo senso consapevole di rispecchiare tutto quello che probabilmente Emmeline odiava, a giudicare dal modo in cui lei guardava gli altri atleti, però non doveva necessariamente ricoprire ogni stereotipo. Le prese in giro non erano nel suo stile, ma per un mese Emmeline fu condannata a sentirsi chiamare da lontano flanella per le sue camicie a quadri che teneva sempre aperte. Per fortuna, dopo un po' Reiner riuscí a far smettere i suoi compagni a suon di "piantatela teste di cazzo".
Se le prese in giro non erano nel suo stile, insultare i suoi amici dal cervello vuoto lo era di certo.


Onestamente non credevo neanche io che avrei mai pubblicato davvero un primo capitolo di questa nuova storia, eppure eccomi qui! É passato praticamente un anno dalla mia ultima long, mi era mancato tanto farlo e spero che questa storia non finisca nel dimenticatoio 😭
La lunghezza e il modello dei capitoli sono sulla scia di Bloom Later e Stand By Me, quindi sapete (e so pure io) come regolarmi lmao.
Questo primo capitolo come vedete è un po' un mattonazzo ma é per introdurre la storia, quindi non preoccupatevi!
Ci vediamo al prossimo :)

hold me up | reiner braunDove le storie prendono vita. Scoprilo ora