explosion

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Ricordo quel giorno come se fosse ieri.

Le rocce calde sotto il sole, lo scalpiccio degli scarponi sul sentiero, il rumore dei ruscelli che scorrevano indisturbati accanto a noi.

E dire che di solito ho la memoria abbastanza corta.

"Guarda Baku, siamo quasi arrivati!" urlai in preda alla felicità, pregustando un po' di sano riposo per le mie gambe martoriate.

La grande casa di montagna che era la nostra destinazione in effetti si ergeva possente sul terreno brullo a mezzo miglio da dove ci trovavamo, avrei dovuto accorgermene prima.

Mi voltai verso il biondo, che mi stava guardando a sua volta, chissà da quanto tempo. Gli occhi rubini erano stranamente tranquilli, come a sintonizzarsi con la calma natura che ci circondava. Spesso quando non c'era troppa gente con il quale fare il gradasso quel ragazzo riusciva ad essere persino calmo.

 Seppur eravamo in cammino dall'alba, non sembrava stanco, anzi. Spesso mi aveva ripetuto, durante i nostri allenamenti, che per lui una passeggiata di quel tipo non era una grande fatica, dato che allenava sempre con suo padre, quando era più piccolo.

Il rapporto tra lui e suo padre restava sempre un mistero per me, ma solo mesi e mesi dopo capii quanto il signor Bakugou fosse un uomo fantastico. Tale padre tale figlio. Quello stesso figlio che mi stava guardando in quel momento.

Mi guardava con  quello sguardo così insolito per lui e io non potei far altro che gioire. Il mio cuore era pieno zeppo di gioia solo per il fatto che lui, Bakugou Katsuki, il futuro eroe numero uno, aveva scelto me come compagno di escursione in montagna. Aveva scelto un inutile esemplare di Kirishima Eijiro, e si era premurato del fatto che avessi le scarpe giuste, i vestiti pesanti.

In quel momento potevo vedere Katsuki come realmente era: un ragazzo premuroso e... normale.

Non in senso negativo, ovviamente.

Semplicemente non avrebbe dovuto meritarsi tutti quei castighi e quegli sguardi strani che si beccava dalla gente a causa di quel alone di pregiudizi che si portava dietro. Riuscire a scavalcare prepotentemente i muri di indifferenza e rabbia che si era faticamente costruito era un onore, più che una vittoria, per me.

"Hai ragione. Siamo quasi arrivati, Capelli di Merda"

Mentre lui riprendeva a camminare gli angoli della mia bocca si alzarono istintivamente, senza che nessuno avesse chiesto loro di farlo, fino a formare un grosso sorriso storto, veloce, un po' nascosto. 

Stare con lui mi faceva questo effetto. Non avevo più il pieno controllo del mio corpo, della mia mente, del mio tutto. Quando mi guardava, mi toccava, mi parlava, il mio cervello andava a farsi fottere, senza che potessi farci nulla. 

Forse in cuor mio sapevo che non era un semplice amico, ma decidevo puntualmente di lasciar perdere questi pensieri e lanciarmi in una piccola corsetta, affinché Katsuki non mi chiudesse la porta della baita in faccia.

Sapevo ne fosse capace.

Dentro, la casa, era grande e confortevole grazie ad un grosso camino  che riscaldava la stanza.

I nostri sguardi si incrociarono di nuovo, come attratti uno dall'altro.

"Ramen?"

"Ramen."

A volte non servivano troppe parole per capirci, e ci andava davvero bene così.

E, mentre il ramen istantaneo scendeva nel mio stomaco, mi resi conto effettivamente di quanto fossi esausto. Oltre alla fatica della camminata, che aveva occupato tutta la giornata, la notte precedente non avevo chiuso occhio, grazie alla mia mente che viaggiava velocemente sui possibili scenari da ricreare in quella baita. Ero troppo emozionato per fare qualcosa di inutile come dormire, anche se la mia somiglianza con una dodicenne alle prese con il suo primo appuntamento non mancava.

EXPLOSION - kiribaku one shotWhere stories live. Discover now