Colpa.

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[Trigger warnings: menzioni di sostanze stupefacenti, attacchi di panico.]

"Pazienta per un poco: i calunniatori non vivono a lungo. La verità è figlia del tempo: presto la vedrai apparire per vendicare i tuoi torti."
~Immanuel Kant
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Simone fu svegliato da un debole raggio di sole che inevitabilmente filtrò attraverso le tende di quell'enorme stanza, e da un mal di testa atroce che pulsava sui suoi occhi chiusi come una scarpa che batte ripetutamente sul terreno.

Non capì molto, all'inizio. L'unica cosa che riusciva a percepire era una mancanza accanto a sé, il calore di un corpo ormai scomparso. Si domandò più volte, con le palpebre ancora abbassate, perché il letto sul quale era steso non avesse la rigida consistenza del suo, ma fosse così morbido da sprofondarci. Si chiese anche perché il suo cuscino profumasse, di un odore così familiare da insediarsi negli angoli più oscuri della sua mente e far partire successioni di immagini sconnesse riguardanti la serata appena trascorsa.

A tutte queste domande, però, non seppe darsi una risposta.

Così, con estrema fatica, si tirò su, stiracchiandosi e sbadigliando. Aprì gli occhi incrociando l'intensità della luce solare, e questi quasi cedettero sotto tutta quella luce.

La testa, nel frattempo, continuava a fargli male.

E, come se non bastasse, il posto in cui si trovava era a lui sconosciuto.

Mordendosi un labbro, diede un'occhiata alla stanza in cui si trovava. Poté constatarne la grandezza e l'asetticità, il bianco delle pareti contrastato dal nero del mobilio, e perfino il prezzo del lampadario che pendeva su di lui, dettaglio che lo portò a ipotizzare che il proprietario fosse decisamente ricco.

Ma non riconobbe nulla, e la mente non lo aiutò in quel processo. I ricordi erano troppo sfocati per essere visti sul serio, cancellati subdolamente dalla crudeltà dell'alcol.

Simone ricordava solo di aver bevuto, tanto. Di essersi rifugiato in un locale per scappare dai problemi, e di aver speso ore a contemplare la situazione in cui si trovava. Di come ne fosse uscito, però, non ne aveva idea.

Un po', iniziava ad avere paura. Era in una casa sconosciuta e non sapeva neanche come ci fosse arrivato, dopotutto.

La paura era un'emozione lecita.

Ultimamente, lo è sempre.

Le sue pupille vagarono ancora, il cuore prepotente in petto, la mente che lavorava per ricostruire i momenti passati poche ore prima.
Le mani tremavano un po'; lo fecero per alcuni attimi ancora, finché il suo sguardo non si posò su un angolo più nascosto della camera.

Proprio lì, appoggiata al muro, giaceva una chitarra. Una chitarra vecchia, dal legno un po' scolorito ed una corda rotta. Segnata dal tempo, dall'uso, dalle emozioni del musicista.

Simone tirò un sospiro di sollievo. O almeno, inizialmente.

I ricordi iniziarono a riaffiorare un po', ora che aveva capito dove si trovava. Rivide vagamente il viso di Manuel nel locale, e sentì di nuovo le sue stesse braccia stringersi intorno a lui mentre il vento gli accarezzava il viso. L'eco di due voci si mischiò poi a quelle mille sensazioni, urlando con la sua stessa voce e rispondendo con quella di lui.

Scacchi | Simone e ManuelOnde histórias criam vida. Descubra agora