Capitolo 7

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IL VICE,

IL CUSTODE DEL PALAZZO

Mentre il Re Vittorio Terzo e Margaret si avventuravano nei corridoi del castello, in cerca di Faust, quest'ultimo proseguiva la sua esplorazione in cerca di Margaret, sperando di trovare tracce della compagna scomparsa.

Ogni percorso segnato da grandi finestre penetrava poco la luce solare, data la polvere che ne imbiancò i vetri, e faceva sembrare come se stesse attraversando un labirinto senza fine.

A un certo punto, un rumore proveniente da un corridoio laterale attirò la sua attenzione e lui si girò in fretta, percependo l'oscurità.

«Margaret?», chiamò, ma l'eco della sua voce risuonò senza risposta.

Si fermò, poggiò lo zaino a terra e da esso ne estrasse il dispositivo di comunicazione fornitogli da Tommaso, lo accese e tentò di stabilire un contatto, ma in quella zona non vi era campo, perciò registrò una traccia vocale.

«Ragazzi sono io, Faust. Sono al castello di Ceniville e mi sono perso, ho lo zaino con me, ma Margaret è sparita. Non so dove sia, questo castello è immenso e ci si potrebbe perdere facilmente, a quanto sembra. Sto tentando di trovarla, ma è passata un'ora e nulla. Vi terrò aggiornati, spero non le sia successo niente di grave...», disse e chiuse la registrazione.

Deciso a esplorare, si avventurò nel corridoio laterale che tanto lo catturò, procedendo con passo lento e attento, ma il solo rumore dei suoi stessi passi lo impauriva. Procedendo lentamente, il suono di passi si moltiplicò, e Faust si preparò ad affrontare chiunque fosse dall'altra parte, estraendo un manganello dallo zaino.

«Chi è là?», la sua voce fece di nuovo eco e la schiena del ragazzo ebbe un brivido.

Faust riprese a camminare con l'arma salda tra le mani.

«Chi è là?», gridò di nuovo, osservando come l'oscurità si dissolse lentamente, rivelando la figura di un uomo che avanzava con passo deciso dalla direzione opposta.

«Chi sei tu?», chiese ancora, notando il volto dell'uomo che aveva di fronte dalla presenza imponente: alto, robusto, e i suoi capelli lunghi e bianchi come la neve si dipanavano fino alle spalle, contrastando in maniera vivida con le ombre del castello.

Così come le sue labbra carnose incorniciavano un volto che portava le rughe di esperienze trascorse, allo stesso tempo i capelli non negavano un leggero tratto di accurata vecchiaia, con le iridi azzurre brillanti e penetranti, come se fossero di un animale notturno.

Era il vice del Re, che si fermò di fronte a Faust e indietreggiò di un passo, sorpreso.

«Sono Adriano Losso, il vice di Sua Maestà. E tu, chi sei, e cosa fai qui?», domandò, osservandolo attentamente.

Faust lo fissò e per un istante si sentì sollevato nel vedere un altro essere umano, dopo essersi perso nei corridoi del castello, nonostante avesse l'aspetto palese di un fantasma.

«Sono Faust, un investigatore di Enigley. Sto cercando la mia amica, Margaret. Ci siamo separati questa notte, quando siamo venuti qui, poi ci siamo addormentati, ma da quando mi sono svegliato non l'ho più rivista, la sto cercando», disse, con sconforto.

Adriano sembrò riflettere per un momento.

«Anche noi ci siamo separati, subito dopo che abbiamo udito i vostri passi, io e Sua Maestà intendo. Avevamo deciso di cercare eventuali estranei nel palazzo, che mi pare siate voi, tu e la tua amica di cui parli? Probabilmente l'ha trovata il mio Re, non so in quale stanza».

Disse Adriano, avvicinandosi di poco a Faust, che annuì.

«Il mio siero è stato rubato non ricordo da chi! E vedermi vedi qui, a parlare con te, vivo, dimostra che funziona!», esultò il vice.

«Non sta parlando di un siero che rende vampiri, giusto?», chiese Faust con innocenza.

Adriano si girò verso di lui con uno sguardo minaccioso.

Faust si spaventò, «Volevo dire... che forse parli del siero alterato», disse, aggiustando il tiro.

«Oh? E chi è lo stolto che ha cambiato i connotati del mio capolavoro?».

«Richard Sendel, Edoardo Lavoglia, insomma un gruppo di uomini di una associazione mafiosa che traffica illegalmente una droga letale creata con la formula del vostro siero... ma, per sapere... in precedenza, cos'era?», domandò Faust, incuriosendosi.

«Ora, non avendo i miei strumenti a portata di mano ti direi poco se non proprio niente, ma in passato, nel lontanissimo passato, ho rischiato la morte per aver inventato questo, chiamiamolo siero, una medicina che avrebbe aiutato a prolungare la vita delle persone tenendole in custodia frigorifera per svariati anni, in modo da non consumare il corpo...».

«In pratica una specie di ibernazione all'antica?», chiese Faust, interrompendo il vice.

«Ibe- cosa?», domandò il vice, volgendo il capo sul lato e facendo ondeggiare la chioma bianca dietro la schiena. 

Faust si schiarì la gola, «Ibernazione... dimenticavo fossi... vecchio... nel senso dei secoli...», balbettò, cercando di essere più discreto e rispettoso possibile nei confronti dell'altro, il quale, notando il suo nervosismo, ridacchiò.

«Puoi dirlo, vecchio. È quel che sarei, ma non lo dimostro...».

«Sul corpo, a parte i capelli bianchi», interruppe di nuovo Faust.

Adriano espirò irritandosi dai continui interventi del ragazzo, «Sembra che tu conosca il mio siero meglio di me stesso, posso chiederti, dunque, cosa ti ha portato a ficcanasare qui? Sai, coincide col risveglio mio e del mio Re, provami che non sei tu il ladro».

Faust balzò, imbarazzato, il biancore del vice gli ricordò appena lo stato fisico in cui fu ridotto Jonathan Valente dopo aver assunto la G. V. 32.

«No signore! Io sono qui perché quest'uomo, Richard, ha fatto creare con la vostra ricetta, alterandola, una droga che fa esattamente ciò che avete detto: giovane fuori, vecchio dentro. Io e i miei amici detectives abbiamo lavorato faticosamente per scagionarlo e sembra che lui non sia morto, quindi forse è lui il motivo per il quale vi siete svegliati?», chiese, sudando freddo.

Adriano lo guardò, poi girò gli occhi intorno a loro, scrutando i corridoi silenziosi, «Ah, Richard non mi sembra un brav'uomo, vorrei vederci meglio su questa situazione, ma per ora preferirei rimanere qui e ritrovare le mie antiche formule, potrebbero tornarci utili...», disse.

«Quindi voi e il Re ci aiuterete a capire cosa tramanda Richard?», incalzò Faust, con occhi lucidi.

Adriano sospirò, «In modo indiretto, ma prima dobbiamo trovare Sua Maestà e la tua amica».

«Va bene, avviamoci. Ho la mappa del castello con me, ma non conosco le stanze, sono tutte vuote. Quindi guidami tu», lamentò.

Adriano gli rubò il foglio dalle mani, gridando, «Accidenti! Dove l'hai trovata?! Questa mappa era personale del Re dove sono indicati anche i sentieri segreti, chi te l'ha data?».

«Il mio amico Tommaso, detective anche lui come me», rispose.

Adriano accennò un "sì" col capo, «Hm, è molto strano che la abbia, ma solo parlando con lui potrei avere le risposte che cerco. Dai vieni da questa parte, nei pressi del giardino, sono più che sicuro che Sua Maestà sia lì».

«Come mai?», domandò Faust.

«Era il suo posto preferito del palazzo, il più tranquillo, dove spesso si isolava a pensare».

«Ah, capisco», Faust annuì e lo seguì.

Passo dopo passo, mentre camminava, si sentì anche sollevato dal peso della paura, e con quel nuovo compagno di esplorazione, sentì come se ci fosse un po' di speranza nell'affrontare il mistero che avvolgeva il castello e il suo legame con la L.U.I.

Il Mistero di CenivilleWhere stories live. Discover now