capitolo quinto

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Non avrei davvero mai saputo se il mio amore per lui fosse o meno ricambiato. Forse, però, non è per la sua incapacità a farmelo capire, bensì per la ristrettezza dei miei sentimenti e la mia stessa incapacità di comprendere i risvolti positivi di essi. Durante la mia vita ho conosciuto l'odio, per la mia famiglia, il piacere, nel suo senso più volgare, l'indifferenza, verso mio padre, la mia nuova esistenza e tutto ciò che comportava. Ma non avevo mai davvero conosciuto l'amore, forse nemmeno nei miei giorni con Yoongi. Quando dico che l'ho amato, intendo che ho provato un sentimento tanto forte che sembrava mi volesse divorare le viscere e lasciarmi esangue: ma un uomo che non ha mai conosciuto l'amore, nemmeno verso la sua stessa famiglia, come può riconoscerlo? Come posso io, anche tempo dopo questa mia storia che vi sto a raccontare, definire cosa è stato o meno amore, cosa nella mia testa stesse succedendo? Non ne ho idea. Ma la risposta più indubbiamente facile è una sola: ho conosciuto l'amore con Yoongi. Qualsiasi altro risvolto o sconcertanti rivelazioni non sono, al momento, di mio preciso interesse e voglio credere, oltre i limiti della credibilità, che quello fra noi due fosse stato un reale, sincero amore. Primo amore per me, chissà cosa per lui.

Ma ho tralasciato, mi sono reso conto, dei determinati sentimenti che ho provato nel corso della mia vita. Ho provato l'angoscia, il dolore e, soprattutto, il senso di colpa. Sentimenti che cerco di abbandonare in profondità nel mio animo, troppo spaventato di quello che potrebbero diventare se li lasciassi crescere e svilupparsi, come un neonato. O almeno c'ho provato.

- Sono felice di rivederti, Jungkook. - Disse la donna, Min Hayoon, i cui capelli tinti di rosso erano ora più curati, l'abito più formale. - Nonostante tutto, posso dire che mi sei mancato. -

Io non dissi nulla. La mia bocca era secca, i miei occhi sbarrati e le labbra rischiavano in continuazione di produrre un tremolio che avrebbe scoperto le mie emozioni. Ma non potevo. Non ne avevo il diritto, non davanti a lei.

- Jungkook, sto seguendo un percorso... di riabilitazione. - Lei fece un profondo respiro, le mani le tremavano violentemente. - Dopo quello che è successo con... beh lo sai, io ho avuto un periodo davvero difficile. Ma sono qui dopo essermi ripulita.

Cercò qualcosa nella tasca dei pantaloni a sigaretta e ne estrasse quello che sembrava una piccola medaglietta in metallo. Sopra c'era inciso un numero: 60.

- è molto difficile per me essere qui oggi, Jungkook, davvero tanto.

Odiavo il modo in cui continuava a ripetere il mio nome. Sembrava che tentasse continuamente di attirare la mio attenzione anche se, purtroppo, l'aveva già.

- Ma le persone che mi seguono dicono che devo fare ammenda, anche con te. Ma voglio che tu sappia: voglio davvero fare ammenda con te. C'ho pensato a lungo e...-

non volevo ascoltarla, faceva troppo male. i ricordi affioravano alla mia mente come dei cani rabbiosi pronti a mordermi.

- eri solo un ragazzino, Jungkook. Lui era più grande di te, avrebbe dovuto porre maggiore resistenza, se davvero non voleva. Ma non l'ha fatto, ed è... è morto, ora, da troppi anni affinché sia opportuno portati ancora rancore. Io ti capisco, davvero. E ti perdono.

Quelle parole non hanno senso nella mia testa, appaiono come un vortice confuso senza capo né coda. è come se la sua voce fosse distorta, come se arrivasse alle mie orecchie unicamente per maltrattarle dicendo cose senza senso alcuno.

Perdono. Non lo meritavo. Come potevo mai meritare una cosa tanto sacra come il perdono, io? Non c'erano scuse per quello che avevo fatto anni prima, non c'erano parole adatte che potessero giustificarlo. Quello che avevo fatto era intriso nel peccato, nella stupida scelta di un quindicenne, scelta che risaliva al '78 e che, mi resi conto con una certa paura, stavo ancora tentando di dimenticare, nonostante il senso di colpa non me lo permettesse.

mors non accipit excusationes / yoonkookWhere stories live. Discover now