"Lo senti?"

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"Cosa vuoi da me, eh? Dimmelo Manuel. Cosa vuoi?" gli domanda Simone, mentre una lacrima gli riga il viso.

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Esattamente due settimane e tre ore prima di quel tardo martedì pomeriggio, Simone e Manuel erano seduti a bordo piscina di Villa Balestra. Era un pomeriggio piuttosto caldo quello, nonostante fosse ancora primavera. I due stavano chiacchierando del più e del meno - come si fa tra amici del resto - e d'un tratto, senza un apparente motivo, Manuel aveva deciso di alzarsi, di andarsene senza dare alcuna spiegazione e di non farsi più vedere per le due settimane successive.

Simone, così, era rimasto lì, solo - come succedeva il più delle volte - con le gambe a penzoloni nella piscina perennemente vuota e con le parole che gli morirono in bocca, per forza di cose.
Ma in fondo non poteva saperlo.
Non poteva sapere che mentre raccontava a Manuel della clamorosa vittoria alla partita di Rugby, quest'ultimo si stava innamorando.
O no, innamorato lo era già, ma se ne stava rendendo conto sì, solo in quel momento per la prima volta, guardandolo fare una delle cose che più ammirava di lui: sorridere.

Oh cazzo, pensava.

Era tutto troppo nitido, stavolta nella sua testa - e nel cuore - era tutto troppo chiaro e quello strato di certezza che iniziava ad avvolgerlo non andava bene, affatto. Non poteva essere. Non se ne capacitava, per questo aveva creduto che l'unica soluzione possibile fosse quella di scappare, ancora, da quel fuoco che gli bruciava dentro ogni volta che sedeva accanto a lui, ogni volta che i suoi occhi si incontravano e si incastravano in quelli dell'altro, senza controllo. Aveva deciso di scappare da quel miscuglio di sensazioni a cui non voleva dare un nome, perché lui non si meritava di viverle. Corrodeva tutto ciò che sfiorava, tutto ciò che provava ad aggiustare, a proteggere, ne era convinto. Aveva scelto di allontanarsi da quella quotidianità che lo faceva sentire apprezzato, vivo, semplicemente, perché lui non si sentiva abbastanza - per Simone soprattutto - e non riusciva a reggerne il peso.

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"Oh, me rispondi o no?!" gli domanda Simone ancora una volta, afferrandogli con forza la felpa e spingendolo appena indietro.

Dopo l'ennesima chiamata che Manuel gli aveva rivolto in quei giorni, il minore aveva deciso di raggiungerlo nel suo garage quel pomeriggio - tanto sapeva per certo che l'avrebbe trovato lì.

Simone era stremato, un fiume in piena sul punto di straripare. Aveva bisogno di buttare fuori ogni cosa, subito.

"So' stanco Manuel. So' stanco de tutto, okay?
- non le controlla più quelle emozioni che gli distruggono il cuore - Io non ce la faccio più a gestire questi tuoi comportamenti. Prima mi vuoi proteggere, poi ti incazzi perché ti senti abbandonato da chissà quale donna e mi baci e mi fai sentire tuo, poi mi respingi, mi allontani e mi dici che per te manco esisto e poi come al solito tuo, mannaggia a te, ti fai perdonare e mi stai vicino e io t'accetto, accetto la tua amicizia come la cosa più bella che posso ave' da te, e te che fai? Mi lasci solo, di nuovo. Si può sapere che t'è preso ancora? E soprattutto per quale cavolo di motivo continui a chiamarmi al telefono se non te fai vede'? Se so' due settimane che non me rivolgi neanche uno sguardo? Che-vuoi-da-me?" Sbraita, sfinito, scandendo le sillabe dell'ultima frase. E poi riprende fiato senza dare il tempo all'altro di replicare.

"Lo capisci che non ne posso più? Lo capisci? Io me so' rotto il cazzo! - grida mentre lascia cadere le lacrime lungo tutto il viso, senza più respingerle - sono stanco di soffrire per te, sono stanco di avere paura di perderti ogni secondo della mia vita. Io ti odio. Ti odio così tanto perché stai qui dentro, tutti i minuti - preme più volte sulla fronte con un dito - ma soprattutto ti odio perché stai qua, stai sempre qua."

Lo senti? | Simone e ManuelWhere stories live. Discover now