22.

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Non appena Silvia uscì dalla stanza cercai di rendermi conto di ciò che stava per accadere. Da un certo punto di vista, il pianto di Vittoria fu quasi un sollievo: ero senza dubbio eccitato e pronto per spogliare la mia ex fidanzata, avevo immaginato quel momento dal primo giorno che l'avevo rivista. Averla così vicina a me, percepire la sua voglia di toccarmi mi aveva fatto impazzire al punto da mettere da parte la razionalità. Una piccola parte di me, però, sapeva che non eravamo più nella posizione di farci trascinare dalle sensazioni, e mia figlia me lo ricordò nel momento esatto in cui stavamo per valicare definitivamente il confine che avevamo tracciato tra l'essere genitori e tutto ciò che c'era stato prima.
Approfittai di quei minuti da solo nel bagno per far rifluire il sangue al cervello e mettere in fila due pensieri.
Mi ero pentito di essere finito in quella situazione? No.
Speravo che Silvia rientrasse dalla porta per finire ciò che avevamo iniziato? Decisamente si.
Negli ultimi mesi però una domanda aveva prepotentemente occupato la mia mente, diventando quasi un'ossessione, e sentivo la necessità di parlare finalmente a cuore aperto. Da quando era tornata, e ancora di più dopo aver letto il quadernino blu della gravidanza, avevo desiderato chiedere a Silvia il motivo della sua scelta, senza mai trovare il coraggio di farlo.
L'ultimo messaggio che le avevo mandato recitava 'ci vediamo stasera, non dimenticarti che ti amo'. Eppure poi quella sera tutto era precipitato: avevo organizzato una festicciola per il mio compleanno con qualche compagno di squadra, e Silvia mi avrebbe raggiunto da Firenze. Nelle settimane precedenti avevamo vissuto il periodo più complesso della nostra relazione, con l'iniziale notizia della gravidanza e la conseguente scoperta del falso positivo. Alla fine però, il nostro sentimento aveva prevalso ancora una volta e stavamo lentamente cercando di superare quel momento di crisi.
Quella sera litigammo, per qualche cavolata che sinceramente neanche mi ricordo, e Silvia se ne andò: io stupidamente la lasciai uscire dalla mia casa e dalla mia vita, stremato dal continuo rincorrersi senza trovare mai un equilibrio. Pensavo che si sarebbe fatta viva, ma non lo fece. Pensai più volte di farmi vivo, ma non lo feci. Alla fine è così che si perdono le cose: poco alla volta, senza neanche accorgersene. Come sabbia stretta in un pugno, e quando poco a poco i granelli iniziano a cadere neanche ti preoccupi, convinto di averne ancora molti al sicuro. Ma quando poi apri la mano non saresti neanche in grado di dire se ci fosse sabbia o altro: rimane solo la polvere.
Dopo qualche minuto passato sotto il getto d'acqua a riflette, avevo capito che Silvia non sarebbe rientrata: me la immaginai sul divano, con mia figlia attaccata al seno, e la confusione totale in testa. Finii la mia doccia e mi coprii con l'accappatoio. Dopo aver prosciugato i capelli presi coraggio e raggiunsi Silvia in salotto, guidato dai versetti di Vittoria. Era in piedi, con addosso una tuta pulita, che camminava avanti e indietro con la bimba in collo; ero sicuro che avesse percepito la mia presenza, ma non si voltò e continuò a cullare Vittoria. Se non fossi stato totalmente lucido, avrei dubitato di ciò che era appena successo: davanti a me sembrava esserci una donna completamente diversa da quella che qualche minuto prima si trovava in doccia con me, con la pelle appiccicata al mio corpo. I capelli bagnati di Silvia, che le avevano inumidito la felpa grigia, sembravano essere l'unica testimonianza degli eventi appena accaduti nel bagno.
Non sapevo come comportarmi; già una volta, dopo aver letto la lettera di Silvia, avevo represso le mie sensazioni al fine di preservare l'equilibrio familiare. Quell'equilibrio però ormai non esisteva più; qualsiasi decisione avessi preso, avremmo dovuto ricostruire da zero le fondamenta del nostro rapporto e non avremmo potuto fare finta di niente.
Silvia sembrò captare i miei pensieri e disse: "è arrivato il momento, vero?" Fui sorpreso di vederla così insicura, forse per la prima volta da quando era tornata.
"Si Silvia, dobbiamo parlare"

VITTORIA - Federico ChiesaWhere stories live. Discover now