4. Luna

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Vorrei incontrarlo adesso per dirgli tutto quello che ho provato. Tutto quello che ho passato. Vorrei che vedesse chi sono ora, che osservasse la luce che hanno i miei occhi, da quando non fa più parte della mia vita. Vorrei parlargli a bassa voce, senza urla, tanto gridare non servirebbe a nulla. Ciò che sussurrerei, gli farebbe comunque da eco nel cuore e nell’anima, sempre che ne abbia una. Vorrei rivederlo solo un’ultima volta per dimostrargli che, alla fine, ce l’ho fatta. Sono andata avanti e tutto il male che mi ha fatto l’ho accettato, abbracciato, e poi trasformato in una splendente forza interiore. Lo guarderei dritto negli occhi solo per dirgli grazie. Perché è solo grazie a lui se ho capito chi non voglio nella mia vita. Nessuno che gli somigli. Già, sono questi i pensieri che tormentano la mia mente alle sei del mattino, mentre fisso la mia immagine riflessa nello specchio. I miei capelli sono un disastro. Ho le doppie punte da quasi quattro mesi e le sopracciglia sembrano due foreste tropicali.
La mia psicologa, all’inizio della terapia, mi aveva avvertito del mio imminente disinteresse estetico, tranquillizzandomi però sul fatto che sarebbe stata solo una fase che avrei superato una volta ricomposta la mia anima, dopo quella notte in cui Rick me la ridusse a brandelli. Beh, credo che quella fase sia passata. Afferro il cellulare e, quando faccio scorrere con l’indice la lista contatti, clicco sul nome di Naomi, la mia estetista personale, con la quale prendo appuntamento tra un’ora esatta. Sospiro profondamente, maledicendo la fase antiestetica in tutte le lingue che conosco, il che si riduce a sole tre lingue: italiano, inglese e, ovviamente, lo spagnolo, la mia lingua madre. Se ve lo state chiedendo, sì! Sono di origine ispaniche. La mia famiglia è composta da due splendidi genitori e due sorelle che, al mio contrario, fin da piccole godono di una disarmante bellezza. Ciò ha garantito loro una grande popolarità tra i ragazzi dell’università e disprezzo tra le altre ragazze, invidiose di sapere che chiunque sarebbe stato disposto a inginocchiarsi, per infilare nel loro anulare un anello di fidanzamento, pur di baciarle e stare al loro fianco per sempre. E questo è ciò che accadde a una di loro tre anni fa. Bethany, la maggiore, oggi è sposata con un affascinante comandante della marina militare, ha due bellissime figlie e un cane bassotto di nome Spike. Che dire, la fortuna è solo per poche! Melany, d’altro canto, è fidanzata ufficialmente con uno straordinario chirurgo. Si sono conosciuti due anni fa, quando lei iniziò il suo corso di formazione infermieristica, in uno dei centri ospedalieri più importanti della nostra città. Da allora, divennero inseparabili e, in men che non si dica, si innamorarono follemente l’una dell’altro. I miei, ovviamente orgogliosi delle mie sorelle, si aspettano che io abbia la stessa fortuna in amore e nella vita lavorativa. Beh, credo che questa loro aspettativa, diventerà presto il mio incubo peggiore. Diversamente dalle mie sorelle io non ho una bellezza disarmante, non che sia proprio racchia, intendiamoci! Non sono però snella al punto che mi si intravedono le ossa e il mio viso non è setoso e liscio come quello di una bambina, ho i brufoli! Sì proprio così, ogni tanto mi spunta qualche brufolo. Sono molto bassa, il che comporta che le mie gambe non siano slanciate e il mio seno è molto prosperoso rispetto al corpo minuto che mi ritrovo. Ricordo che alle superiori mi prendevano in giro, solo perché indossavo maglie larghe per non evidenziarlo. Mi sentivo davvero a disagio. Non sono il tipo di persona che si atteggia da diva, né una che si mostra per piacere agli altri. Sono più una ragazza che se ne sta in disparte ad osservare il mondo da lontano senza viverlo, magari privandomi di tutte le esperienze che si susseguono e che ti portano a una crescita personale. Solo una volta, mi convinsi a lasciarmi andare e, credetemi, se si potesse tornare indietro, per cancellare quel giorno, lo farei volentieri. Scaccio via il doloroso ricordo di quella notte e raccolgo i miei capelli neri in una coda bassa. Fisso i miei occhi marroni allo specchio e mi sorrido. Ogni tanto è bello amarsi. Mi volto verso il letto e afferro la mia tracolla floreale prima di dirigermi giù per le scale, nella sala da pranzo illuminata dai raggi del sole.
«Ehi, tesoro! Buongiorno!» esclama mia madre, quando si volta verso di me con un sorriso, mentre prepara dei pancake. Le sorrido e le regalo un abbraccio caloroso, prima di prendere posto sullo sgabello accanto alla penisola, dove ogni mattina, consumiamo la colazione e condividiamo le nostre disavventure o avventure giornaliere.
«Buongiorno mamma. Ascolta… tra meno di un’ora ho l’appuntamento con l’estetista. È tempo di rinascere da queste ceneri, non trovi?» le domando con un sorriso largo, mentre faccio segno alle mie spaventose sopracciglia. A questa notizia i suoi occhi si illuminano. «Tesoro! Ma è meraviglioso! Fase superata?» mi chiede con tono speranzoso.
«Stra-superata mamma! Ora sto bene!» le rispondo con tono deciso, mentre lei con un sorriso annuisce e mi passa un piatto di pancake che io afferro al volo.
«Non ti ingozzare! Poi ti lamenti se prendi qualche kilo di troppo sui tuoi sudatissimi sessanta!»  rimprovera.
Alzo gli occhi al cielo e, senza darle ascolto, afferro la nutella e la sistemo con un coltello sul pancake.
«Mi-Luna!» esclama il mio nome per intero, con la bocca semi aperta e un’espressione scioccata in volto, mentre continuo a masticare. Le dedico uno sguardo buffo e credo di avere le labbra, o forse il naso, sporchi di nutella, perché scoppia in una fragorosa risata che contagia anche me. La vita è tornata a essere bella. Riesco a ridere e a godermi ogni momento di spensieratezza. Non ricordo l’ultima volta che sono stata felice, prima di oggi. Forse la sera prima che quell’incubo devastasse la mia vita. Sì, il ricordo è ancora vivido nella mia mente. Rick quella sera mi portò a guardare le stelle all’interno del cortile della nostra scuola. A lui piacevano le cose proibite, ma più di ogni altra cosa amava farmele compiere. Ricordo che, distesi sul prato, dopo aver varcato i cancelli, dedicammo intere ore a osservare le costellazioni: le conosceva tutte. Ero affascinata dalla sua intelligenza, dalla sua sete di sapere. Potevo rimanere lì ad ascoltarlo anche tutta la vita. All’improvviso, quella magia venne interrotta dagli schizzi gelati dell’acqua, provenienti dalle micro fontanelle situate lungo i vialetti e l’espressione di Rick, a contatto con l’acqua gelata, mi divertì talmente tanto che scoppiai in una risata che contagiò anche lui.  Fu una bella serata quella, davvero. Una serata così meravigliosa che mi portò a compiere un gesto importante. Un gesto che ti cambia la vita, per sempre. Svolto l’angolo dopo il semaforo verde e continuo per la stessa strada con le note di Don’t Look Back In Anger degli Oasis, una delle mie canzoni preferite, messa nella playlist che ascolto ogni giorno. Sistemo lo specchietto retrovisore e mi accorgo di un riccio ribelle che sistemo in fretta, prima di svoltare a destra e accostare la mia auto di fronte al salone di bellezza.
Daina: Ehi straniera! Ho saputo che sei tornata in città! Dove hai trascorso le vacanze? Se vuoi ci incontriamo da Jox per un caffè e quattro chiacchiere! Baci D. Fisso lo schermo del cellulare sulla chat WhatsApp aperta con Daina, la mia migliore amica e ingoio il groppo che ho in gola. Non ci vediamo da quella sera. Le mandai un misero messaggio, il giorno dopo, con scritto che partivo per le vacanze e che non avevo idea di quando sarei tornata a Seattle. Stronzate. Solo stronzate, per nascondere una sola verità. Una verità che mi costrinse a lasciare la città per un po'. Non so cosa risponderle. Non voglio mentirle ancora. Non voglio continuare a tenerla all’oscuro di ciò che Rick, suo fratello, fece quella notte. Non a lei, la mia migliore amica.
Con il cuore a mille digito il messaggio di risposta, mi ci vuole un gran coraggio per premere invia, ma lo faccio.
Luna: Ehi, tesoro… ciao. Sai ho davvero bisogno di vederti, ma soprattutto, di parlarti. Ti ho mentito su ogni cosa e mi sento una merda per questo. Ma non posso più nasconderti la verità…
Sento il cuore martellare forte contro la gabbia toracica in quei momenti, da quando visualizza a quando appare sta scrivendo.
Daina: Tra un’ora da Jox.
Risponde in modo freddo. Bene, cosa pretendevo? Sapevo che non l’avrebbe presa bene. D’altronde chi prenderebbe bene la notizia che la sua migliore amica le ha tenuto nascosto qualcosa di importante, ma soprattutto che, nel farlo, le ha mentito spudoratamente?
La seduta con l’estetista passa in un attimo e, appena tornata in macchina, sospiro pesantemente, mentre mi siedo sul sedile, studiando dallo specchietto il perfetto lavoro di Noemi. Cerco di calmare l’ansia che mi sovrasta e penso a quali parole potrei usare per dire a Daina che razza di mostro sia in realtà suo fratello, ma nessuna, in realtà, è adatta. Qualsiasi cosa racconterò, le farà male e questo mi distrugge. Ho evitato questo giorno sino all’istante in cui mi ha contattata e ora è arrivato il momento di andare avanti e, per farlo, ho l’estremo bisogno di affrontare quest’ultimo ostacolo, la verità che le ho nascosto per non ferirla, ma soprattutto per non perderla, anche se so che accadrà esattamente il contrario. In fondo lui è suo fratello e, non importa quanto il suo gesto sia stato orrendo, lei prenderà sempre e solo le sue parti. Ammesso che riesca a credere a una sola parola di quello che le dirò. Oggi sarà il mio ultimo giorno qui a Seattle, domani partirò per trasferirmi in una nuova città, precisamente a Bellwood, dove si trova l’università che ho scelto, che oltre alle normali materie, offre anche dei corsi di belle arti che frequenterò per realizzare il mio sogno: diventare una pittrice proprio come mia zia Brianne che stimo da morire.
L’essere stata accettata è stata la mia più grande soddisfazione. La BWU rappresenta un nuovo inizio, la svolta che mi permetterà di lasciarmi il passato alle spalle e di vivere una nuova vita lontana da questa città, lontana da lui.
Mi dirigo con il cuore in gola verso il bar dove avverrà l’incontro. Ora non sono più felice, sento il cuore battere a mille nel petto e lo so, lo sento fin nel profondo, sono terrorizzata. Quando la vedo, senza preavviso, il respiro mi si mozza in gola e sono costretta a rallentare, per dare il tempo al respiro di tornare. Appena mi vede, si alza dallo sgabello e mi viene incontro a passo svelto con uno sguardo glaciale ed è proprio quello che mi fa venire i brividi, è lo stesso di Rick, lo stesso di quella sera.
«Ciao…» sussurra, quando si ferma di fronte a me.
«Ciao…» le rispondo con voce tremante. In realtà è tutto il mio corpo a tremare in questo momento. Mi afferra la mano e mi trascina via dal bar, lontano da occhi e orecchie indiscreti. Osservo le nostre mani congiunte e un sorriso nostalgico mi invade il viso. Siamo fuori dal locale, sedute una vicina all’altra su una panchina in legno massello e il silenzio è protagonista tra di noi da oramai venti minuti. «Sono stanca di mentire, stanca di nascondere cos’è accaduto quella sera, Daina…»  stronco quel silenzio angosciante.
Lei si volta di scatto verso di me e Dio solo sa quanta paura stia cercando di celare nel suo sguardo. Ma di cos’ha paura? «Non dirmelo, ti prego! Posso far finta che tu non mi abbia mentito, solo così nulla potrà cambiare, giusto?» le sue parole mi spiazzano e fanno leva come un boomerang dentro il mio cuore.
Come può chiedermi di far finta di nulla? E se me lo sta chiedendo, mi ha appena dato la conferma che sa ogni cosa e che, in questi mesi, ha mentito quanto ho fatto io? Con una sola, grande, differenza: io mentivo per proteggerla, lei per proteggere lui. Mi scanso al suo tocco e scatto in piedi come una molla, mentre le mie mani iniziano a sudare freddo. Il suo sguardo ritorna glaciale. «Sapevi bene che lui non poteva fare sul serio con una come te, Luna! Non puoi continuare a fare la vittima in questo modo!» Strizzo gli occhi e serro i pugni. Ecco. Ho avuto la conferma, lei sa ogni cosa. «Come puoi dire queste cose Daina…» sussurrò mentre i miei occhi in lacrime si riaprono e si incontrano con i suoi che, al contrario, sono freddi e privi di ogni sentimento.
«Dico solo la verità Luna. Sapevi benissimo chi era Rick. Io ti avevo avvertita di starne alla larga, ma tu…» si blocca e scuote il capo, mentre guarda in alto e ride.
«Io ne ero innamorata Daina!» esclamo con rabbia, mentre mi dirigo verso di lei, che sgrana gli occhi e indietreggia.
«Ma lui no! Lui non lo era Luna e dovevi aspettarti che c’era davvero qualcosa di strano se aveva deciso di frequentarti, nonostante tu non fossi il suo tipo.» Ora a ridere sono io, ma non di felicità o per divertimento. Rido per non piangere. Mi ritrovo davanti a una persona che non riconosco. La guardo negli occhi e vedo finalmente la persona che è in realtà. «Non sei mai stata mia amica, vero? Cos’era precisamente? Una scommessa su chi prendeva più per il culo la povera Luna?» le domando, guardandola dritta negli occhi. Lei ghigna e, quando lo fa, posso dire con certezza di vedere il suo viso copiare le sembianze della strega cattiva delle favole.
«Io non ti ho mai presa in giro, almeno non all’inizio. Poi però, ti sei innamorata di mio fratello, Luna e da quel momento le cose sono cambiate… lui se n’è accorto, ha voluto giocare e mi ha chiesto di aiutarlo. Come potevo rifiutare? Mi aveva promesso la popolarità…» i miei occhi in quel momento esplodono di lacrime, trattenute per tanto, tantissimo tempo, che ora scendono a picco sulle mie guance. Le orecchie mi sanguinano, ovviamente in modo metaforico, dopo quelle orribili rivelazioni. Chi mai farebbe del male a un’amica solo per avere popolarità? Chi permetterebbe a suo fratello di giocare con i sentimenti altrui? Chi farebbe finta di nulla, continuando a recitare la parte dell’amica fino a questo momento?
«Io non credo alle mie orecchie…» le dico con un nodo in gola che fatico a mandare giù. «Tu… lo hai aiutato a…» le parole a fatica escono dalla mia bocca e alla fine si bloccano in gola, di nuovo. Lei scuote il capo e con occhi lucidi distoglie lo sguardo.
«Io non immaginavo volesse arrivare fino a quel punto Luna…» mi risponde con voce rotta. Sembra pentita. Ma sinceramente, in questo momento, me ne frego che lo sia.
«Già… ma ci è comunque arrivato» le dico in lacrime, mentre frugo nella mia borsa in cerca delle chiavi. Voglio andare via da qui. Ora.
«Mi dispiace Luna!» urla mentre mi allontano da lei a passo svelto. Riesco a sentire solo le mie gambe che, a un tratto, risultano pesanti, come se nelle tasche dei pantaloni avessi kili e kili di sabbia. La vista si offusca. Mi servono dei gran respiri e tantissimo impegno per non accasciarmi per terra e svenire. «Luna!» urla ancora, ma credo che il mio cervello abbia smesso di ascoltarla nel momento in cui mi ha detto che non immaginava che il fratello arrivasse a tanto. E per non sapevo che arrivasse a tanto, intende che non sapeva che il fratello mi avrebbe tolto la verginità per gioco. Già, perché è quello che successe. Quella sera, dopo che le fontanelle ci schizzarono e iniziammo a ridere come dei matti, decisi di donargli la mia prima volta. Mi sembrò di vivere un sogno, era tutto così perfetto. Lui si mostrò dolce e paziente per due mesi interi, da quel lontano giorno in cui si accorse di me. Mi prendeva per mano quando varcavamo i cancelli del liceo, mi dimostrava di tenerci davvero, davvero tanto. Rick Donovan, il capitano di basket, aveva scelto me, la studentessa ispanica sfigata e goffa. Pensavo che, in fondo, meritassi anche io un po' di felicità. Credevo che quella favola fosse reale e sincera ma… quando il giorno dopo andai a scuola e lo raggiunsi, lui fece finta di non conoscermi e, senza guardarmi negli occhi, afferrò la sua tracolla e si allontanò da me, mano nella mano con la sua nuova ragazza. Quello fu il giorno più brutto di tutta la mia vita. Non riuscivo ad accettare l’idea di essere stata usata, solo per i suoi sporchi bisogni. Testarda com’ero andai a casa sua dopo scuola, proprio quel pomeriggio. I suoi non erano ancora rientrati e sapevo con certezza che Daina si era trattenuta a scuola per un corso pomeridiano. Quando la porta principale si aprì, incontrai il suo sguardo glaciale e dei brividi percorsero la mia spina dorsale. «Che cosa ci fai qui!» si rivolse con tono sprezzante. Mi fece sentire come un rifiuto.
«Perché? Dimmi solo perché Rick» risposi con voce rotta, mentre varie lacrime rigarono il mio viso affranto.
Lui iniziò a ridere e la sua risata frantumò il mio cuore in mille pezzi. Rideva del mio dolore. «Sei solo una povera illusa, Luna. Credevi che uno come me…» avanzò verso di me con aria arrogante, «potesse davvero stare con una come te?» finì la frase alzando il sopracciglio destro.
«Credevo fossi diverso… una persona migliore e invece…» mi bloccai. Non riuscivo a parlare, tanto era il dolore che provavo.
«E invece? Continua Luna! Cosa sono? Sentiamo!» mi incalzò con arroganza e io esplosi.
«Sei solo un verme!» esclamai con tutta la rabbia che avevo in corpo. Dopo quell’offesa, riesco a ricordare solo la sua fragorosa risata, seguita poi dalla forte stretta che diede al mio polso per trascinarmi in casa, sbattendo la porta alle sue spalle. E poi… poi quello sguardo glaciale, le sue fredde mani contro il mio corpo e la violenza sessuale che stavo per subire, se solo Daina non fosse arrivata in tempo, bloccando le sue intenzioni. Ricordo lo sguardo confuso della mia amica, quando nell’aprire la porta, mi vide sul loro divano, con sopra il fratello che, con un ghigno, si rialzò abbandonando il salone e ricordo la mia voglia di scappare via da lì, salutandola con una scusa banale. Ricordo anche il modo in cui sentivo il mio corpo violato da quel mostro che il destino mi aveva fatto incontrare, per innamorarmene e ricordo come mi ritrovai stretta tra le braccia di mia madre quando tornai a casa e le raccontai ogni cosa. Le feci promettere di non denunciarlo, la famiglia di Rick era troppo potente e ricca per una famiglia di basso rango come la nostra. Se avessimo aperto una causa, di sicuro avrei mandato i miei in rovina e la mia reputazione di certo sarebbe stata infangata per sempre. Decisi di partire e di passare i tre mesi estivi a Miami, da mia zia Brianne. Grazie a lei ho affrontato quel periodo buio. Ho iniziato a perfezionare, con la sua pratica e professionalità, lo stile dei miei dipinti, usando i colori su tela in un modo del tutto diverso, con una tecnica più sicura e originale. La pittura è la nostra passione comune, decisi anche di frequentare i corsi di una delle sue scuole professionali. Devo ammettere che, senza l’aiuto di Giada, sua amica e bravissima psicologa, non credo che sarei riuscita a superare l’oscurità che mi portavo dentro da quella sera. Lei riuscì a far riemergere la mia vera anima. Dopo un lungo tragitto nel viale dei ricordi, mi rendo conto di essere arrivata a casa. Spengo il motore dell’auto e, solo dopo averla chiusa a chiave, entro in casa. L’odore del pollo speziato mi addolcisce l’olfatto e migliora il mio umore.
Durante l’ultima cena nella mia casa, osservo mio padre e mia madre bisticciare su quanto sia salato il pollo e, subito dopo, li vedo amoreggiare quando papà le porge una rosa rossa comprata al fioraio, solo per farle una sorpresa.
Loro due sono la mia coppia di innamorati preferita. Una di quelle da cui prendere esempio. Nonostante le cose orribili che ho passato, non ho smesso e mai smetterò di credere nell’amore.
Sono certa che da qualche parte nel mondo, c’è chi come me la pensa in egual modo.
Chiunque tu sia… non vedo l’ora di incontrarti… magari a Bellwood, magari alla BWU.

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⏰ Última actualización: Apr 22, 2022 ⏰

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