II

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Il primo vero "tradimento" alla nostra sorellanza, da parte di mia madre, arrivò a pochi giorni dalla fine di giugno: dopo una lunga contrattazione, i miei due genitori mi fecero l'onore di farsi trovare assieme, una sera, per dirmi che mi avrebbero spedita in campo neutro in un camp di inglese in Irlanda, a Cork.

Piansi, strepitai, urlai loro che mi sentivo tradita da tutti, che avere una famiglia come loro era la cosa più merdosa dell'universo e che avrei preferito mille volte essere orfana. Mi fecero sfogare senza battere ciglio, mandarono avanti nonne e nonni, ed alla fine, più per rassegnazione che per altro, mi feci spedire a Cork.

Me la cavavo bene in inglese, ero appassionata di musica, copiavo i testi, me li ricantavo per i fatti miei e potevo considerare l'inglese l'unica materia che mi era tollerabile. Fu il motivo della mia condanna ad un viaggio in aereo fino all'Irlanda, in un quartiere di case simili nel loro essere diverse, tranquillo, pulito e verde.

Fui ospitata da una famiglia che abitava a Ballinlough Road in una casetta a due piani molto graziosa sebbene ordinaria. C'erano un fratello maggiore diciassettenne e due figli più piccoli di nove e sette anni. Inutile dire chi dei tre da subito mi stette addosso, senza nessun tipo di freno da parte dei genitori. Si chiamava Damien.

L'unico ostacolo erano i fratelli piccoli, che mi ronzavano intorno per sapere tutto dell'Italia e del campionato italiano di calcio, di cui non sapevo un bel nulla.

Entrai nel mondo del sesso grazie alle sue attenzioni, ai suoi tentativi in realtà un po' goffi di trovare dei lati comuni parlando di musica. Non mi posi nemmeno il problema se era una cosa giusta cedere la mia verginità in quel momento, all'epoca avevo già smesso di avere la paranoia della verginità. tuttavia, fino a quel giorno, non avevo mai avuto voglia di regalare la mia vagina a nessuno di quelli che conoscevo: erano stupidi, oppure volgari, o non si lavavano abbastanza.

L'irlandese nella serra mi sembrò una cosa abbastanza fuori dal comune, abbastanza lontana da quello che immaginavano per me i miei genitori, e feci cadere le ultime barriere, mi feci toccare, lo toccai. Lo toccai a lungo tanto che tutto il resto non durò molto di più.

Lo facemmo qualche altra volta. Cinque, sei. Finché nello scopare rovesciammo un vaso di orchidee, che si ruppe, e lui mi chiese di prendermi la colpa con suo padre perché tanto io dopo pochi giorni sarei ripartita. Lo feci, ma ritrovare la propria vagina in seconda posizione dopo un vaso di orchidee non mi piacque per nulla.

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Non avevo molte amicizie, a ben vedere. Adesso, con la maturità della mia età, capisco che all'epoca non fosse facile avere a che fare con me: fisicamente facevo invidia a molte ragazze, e non mi nascondevo, non ero ipocrita come il resto della mia famiglia. Con i maschi non era possibile stringere amicizie, o perché erano troppo infantili, o perché la loro amicizia era interessata. In buona sostanza perché non era amicizia.

Perché non cercavo un fidanzato? Non credo che la mia situazione familiare mi facesse desiderare di avere un compagno che, alla prima occasione, mi avrebbe tradito perché il rapporto non era così sfolgorante come i primi due mesi.

A questo, quando tornai, si aggiunse il sentirsi in colpa per aver abbandonato praticamente tutta l'estate Valeria, non esserci stata nemmeno per il suo compleanno il tre agosto. Ci eravamo sentite qualche volta per telefono, mi aveva sempre detto che andava tutto bene ma non ci credevo, si sentiva dal suo tono di voce, io insistevo, lei insisteva che era tutto in ordine e riattaccavo.

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Tornai sabato 29 agosto ed il giorno dopo la trascinai al mare, cercando di sfruttare gli ultimi raggi di sole di quell'estate passata lontano da Cervia. Non ero per nulla abbronzata, persino lei era più scura di me.

FantastiqueWhere stories live. Discover now