Dieci

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È una giornata grigia.

Nuvole scure coprono il cielo, mentre in lontananza si sente il suono ovattato di qualche tuono.

Rosie cammina per i corridoi della scuola con un sorrisetto sul volto, il tessuto morbido della gonna corta a sfiorarle le cosce mentre stringe le bretelle del suo zaino.

Ha appena finito le ultime prove per lo spettacolo di domani, ed è talmente felice che nemmeno i nuvoloni grigi che minacciano un acquazzone in piena regola possono rovinare il suo umore.

Vorrebbe poter imbottigliare questa sensazione così da poterla conservare per sempre. Si sente leggera, quel peso che gravava sulle sue spalle da mesi ormai non è che un brutto ricordo.

Non parla con Cassie da due settimane, e sebbene le faccia strano, non ha intenzione di cedere: non si sente in colpa per quello che ha fatto, per niente.

Era la cosa giusta da fare.

Non ha più avuto a che fare neanche con Nate; per i primi due giorni, credeva che probabilmente stesse complottando contro di lei, elaborando qualche complicato schema per divertirsi a rovinarle la vita, ma dopo due settimane, si sente di essere quasi del tutto fuori pericolo.

È come se la sua vita si sia divisa in un prima e dopo di lui.

Il prima era rosso, pieno di angoscia, remore: il dopo invece è dorato, scintillante, come se un enorme macigno si fosse finalmente levato dalle sue spalle.

Esce dalla East Highland, dando uno sguardo al cielo plumbeo: spera tanto che non piova prima che arrivi a casa.

Si avvicina al portabiciclette, tirando fuori la chiave per aprire il lucchetto. Quando sta per farlo però, sente il rumore di qualcosa che cade.

Si volta di scatto, vedendo poco più in là il Coach Morgan intento a caricare dell'attrezzatura nella sua auto.

«Coach, le serve una mano?» domanda gentilmente, muovendo qualche passo nella sua direzione. Prende da terra la mazza da baseball che gli è caduta, porgendogliela.

«Ti ringrazio Rosie, ma dovrei farcela da so- prima che termini la frase, un cartone pieno zeppo di guantoni gli casca su un piede, facendolo saltellare dal dolore

Rosie si lascia scappare una risatina, raccogliendo il cartone da terra.

«Lo prendo per un sì» ridacchia, caricandolo in auto.

«Grazie — le dice, grattandosi la nuca imbarazzato — Come mai sei ancora qui a quest'ora?» domanda, alzando un sopracciglio.

«Avevo le ultime prove per lo spettacolo di domani» spiega, e il Coach annuisce.

«Giusto, Samuel me ne aveva parlato»

Rosie sa di essere arrossita nel sentire quel nome. Non ha più parlato neanche con lui dopo la sua sospensione. Avrebbe voluto farlo, ma probabilmente ora è lui a non voler avere più nulla a che fare con lei.

Probabilmente pensa che ci sia qualcosa tra lei e Nate, o che lo odi per quello che è successo con Cassie, quando la verità è che è ancora persa per lui.

«Come... come sta?» chiede timidamente, riuscendo a reggere solo per qualche secondo lo sguardo dell'uomo, che verosimilmente sa tutto riguardo al perché della sospensione. Forse Rosie non ha colpe, ma si sente la responsabilità di ciò che è successo a Samuel addosso.

«A dire il vero non se la passa molto bene — sospira — Da quando lo hanno sospeso esce poco dalla sua stanza» afferma, e la sua espressione si rabbuia.

«Pensa che... gli farebbe piacere se passassi a salutarlo?» domanda spontaneamente, senza pensarci troppo.

Il Coach le sorride, annuendo con entusiasmo.

Mirrorball - 𝘕𝘢𝘵𝘦 𝘑𝘢𝘤𝘰𝘣𝘴Where stories live. Discover now