Una nuova famiglia

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DEDICA

Per chi non è colpa sua, ma non riesce a comprenderlo.

La speranza è l'ultima a morire
Giusto?


Da piccola avevo sentito dire che la verità rende il mondo a colori.
È questo il compromesso.
Finché non la conosci, non potrai mai vedere la realtà in tutte le sue sfumature.

Ora che io le vedevo, ora che sapevo tutto quello che non avevo mai saputo, avrei dovuto guardare il mondo con le tinte brillanti di chi finalmente poteva comprendere. Eppure... nulla era mai stato così grigio.

Né il mondo. Né la realtà. Né tanto meno io.
Da piccola avevo sentito anche che non si può mentire nenache a noi stessi.

Nel mentre guardavo fuori dal finestrino vedevo passare davanti a me gli alberi e le piccole montagne .

Mi dispiaceva lasciare la mia Boston, ma d'altronde volevo fare un favore a mio padre, lui ha sacrificato tanto per me.
Si è deciso a risposarsi dopo dieci lunghissimi anni di sola solitudine, con la nostra vicina Margareth.

Sarei dovuta essere la persona più felice di questo mondo, sapere che mio padre era andato avanti, che non si era lasciato tracinare dal buio della tristezza.
Eppure ero agitata e scombussolata.

Passai le dita sulle piccole lunette incise nelle mie mani e sospirai a lungo.

Il problema non era il matrimonio, non lo era nemmeno Margareth, anzi mi piaceva da morire stare con lei.
No. Il problema era suo figlio

Alzai lo sguardo e mi giarai verso si lui.
Strinsi le dita tra le pieghe del vestito; tentennai, e lui là in fondo si fermò.

Le braccia si arrestarono lentamente; le spalle dritte, composte, stagliate sul muro. Poi... senza fretta, come se lo avesse previsto, come se già sapesse , si voltò. A girarsi indietro fu una aureola di capelli folti e d'orati.
Un volto pallido, dalla mandibola tagliente, su cui spiccarono affusolati due occhi più scuri del carbone. Ed eccolo, quel fascino letale. La bellezza maliarda dei suoi tratti, con quelle labbra bianche e i lineamenti finemente cesellati.

-Tutto bene?-
Mi chiese Margareth seduta accanto a me e io le sorrisi discostandomi da quello stato di trans in cui ero caduta.
-Si tutto...benissimo-
Mi sforzai a dire.

Strinsi le dita in grembo, ma lei non se ne accorse.
Tornò a voltarsi, indicandomi di tanto in tanto qualcosa fuori dal finestrino mentre il paesaggio scorreva attorno a noi.
Eppure... la ascoltai appena.

Lentamente puntai lo sguardo nel riflesso del vetro davanti. Accanto al posto di guida, occupato da mio padre, una chioma di capelli D'orati mi accecò.

Brian guardava fuoti dal finestrino senza interesse, il gomito contro la portiera e la tempia appoggiata alle nocche.
Poi... di netto, come se mi avesse sentita, le sue pupille trovarono le mie.
Mi incrociò nel riflesso del vetro, gli occhi penetranti, e io mi affrettai ad abbassare il viso.

Dire che non lo conoscevo sarebbe stata una bugia ma era esattamente così per alcuni versi.
Era il nostro vicino di casa odioso che scavalcava lo steccato bianco dell nostro giardino per calpestare i fiori come gli altri ragazzi.

Appoggiai la testa allo schienale e tornai ad osservarlo di sottecchi.
Ci conoscevamo da quando avevamo solo sette anni, lui si era trasferito a Boston e aveva iniziato a frequentare la mia stessa scuola elementare e già dal primo momento era stato odio a prima vista.

Lonely HeartsWhere stories live. Discover now