Capitolo 18⚡

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"That's the thing about 'what ifs',
They don't matter.
They don't change anything.
All they do is make it unable
For you to heal."

I vantaggi di possedere un jet privato sono molteplici. Sorseggiare una coppa di caipiroska, parcheggiata comodamente su una poltroncina rivestita di pelle bianca si posiziona al primo posto della classifica.

Poso l'aperitivo sul sottobicchiere e il mio sguardo sul paesaggio che, fuori dal finestrino, muta dalla natura quasi incontaminata sulla sponda newyorkese del lago, dove si erano trasferiti i miei genitori dopo lo schiocco di Thanos, alle varie città edificate e densamente popolate di tutta l'America, fino alla mia città natale: Malibù.

La ragione di questo viaggio è puramente logistica: oggi viene infatti trasportata la macchina del tempo usata da Steve per riportare le gemme nel passato, dal cortile di casa nostra a un reparto delle Stark Industries ad accesso limitato. Mi serviva una copertura per giustificare questo "movimento di merci" straordinario e quale scusa migliore di una bella visita di persona a sorpresa nell'azienda di famiglia?

Happy, di ritorno dalla cabina di pilotaggio, prende posto nella dinette opposta alla mia, sul sedile che affaccia sul corridoio, e allaccia la cintura. Poi mi rivolge uno sguardo e dice: "Siamo arrivati."

Replico il suo gesto, ghignando sotto i baffi quando, osservandolo di sottecchi, vedo le sue dita paffutelle avvinghiarsi al bracciolo.

Happy Hogan è tante cose: un ottimo amico, un grande e serio lavoratore, un uomo affidabile, disponibile e premuroso, ma non è di certo un amante degli aeroplani. Potrebbe sfrecciare contromano in una pista di Formula1 durante una gara con la sua berlina nera senza dare il minimo segno di agitazione - e l'ha fatto davvero - ma volare ad alta quota, su un velivolo comandato da qualcun altro, lo mette in uno stato di angoscia estenuante. Per questo, una volta che le ruote dell'aereo toccano la pista di atterraggio, lascia andare una quantità industriale di ossigeno a fior di labbra.

"Sei sicura di non voler tornare in macchina dopo?" Mi domanda, appena scesi dal jet.

Lo sorpasso, raggiungendo l'automobile a grandi falcate. Mi fermo con un piede sul tappetino e la mano appoggiata sulla portiera aperta. Gli lancio uno sguardo indagatore. "E farmi quasi due giorni di viaggio quando posso essere a casa in meno di cinque ore?" Sollevo un sopracciglio.

"Era così per dire," borbotta prima di salire a bordo del bolide, al posto di guida.

Chiudo la portiera posteriore con un sorrisetto divertito sulle labbra.

Happy mi accompagna dall'aeroporto fino alle Stark Industries. Al nostro arrivo, il camion che contiene le parti della macchina del tempo da riassemblare è già parcheggiato davanti allo stabilimento.

Il mio addetto alla sicurezza mi apre lo sportello ed io scendo dall'auto, posando, per la prima volta dopo anni, le mie decolté blu notte sull'asfalto di fronte all'impero costruito da mio nonno. Sollevo la testa per ammirare la scritta recante il mio cognome troneggiare sull'edificio principale.

Ancor prima di varcare la porta d'ingresso, mi si avvicina una giovane donna dai lunghi capelli biondi, due paia di occhi verdi e un sottilissimo punto vita. Tiene in mano un tablet con l'apposita penna, che prende con le dita dell'altra mano non appena si pianta davanti a me. Allunga poi una mano nella mia direzione. "È un vero piacere conoscerla di persona, signorina Stark." Allunga un sorriso sulle labbra, facendo bella mostra di alcune rughette d'espressione ai lati degli occhi. "Sono Karen Page, la sua segretaria."

Tomorrow Never Dies Vol.2Where stories live. Discover now