Volume V • Mala suerte

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Presente

Zulema non era mai stata una donna propensa a lasciarsi trasportare da emozioni fuorvianti, come la paura, l'incertezza, la confusione.
Eppure la sensazione che provò nell'immaginare Macarena in pericolo si manifestava in vero e proprio panico.
Da quanto tempo era stata portata via?

Zulema si guardava intorno con sguardo perso, in modo incontrollato ed agitato, non era abbastanza lucida in quel momento per prendere decisioni sensate, quindi si limitava a stringere i capelli di tanto in tanto attraverso prese nervose, nella speranza che potesse magicamente piombarle la soluzione sotto gli occhi.
Si mordeva ossessivamente le unghie, cercando di dare vita nella sua mente ad un punto di partenza per le ricerche che era intenzionata ad avviare.
Non le spettava, non era dovuta a farlo, ma ne sentiva quasi il bisogno.
Erano successe troppe cose in quei mesi che avevano frantumato l'iniziale astio che vigeva tra le due: se per Zulema un tempo mettere da parte la sua vita ed i suoi obiettivi, il suo orgoglio, soprattutto per Macarena, sarebbe stato impossibile, ora sembrava l'unica cosa giusta da fare.
D'altronde, se non fosse intervenuta lei per salvarla, chi lo avrebbe fatto?
Macarena era rimasta sola, proprio come lei.
Si avevano unicamente l'un l'altra, in un rapporto che si era configurato come un qualcosa di più di una semplice convivenza. E in qualche modo percepiva che Macarena avrebbe fatto lo stesso per lei.

Una volta ricompostasi, si catapultò fuori dal van per un'ispezione scrupolosa, intenta a cercare il minimo dettaglio che potesse risultare eclatante.
Il suo sguardo vacillava come se stesse seguendo un'accesa partita di tennis, cercando di reprimere tutte le sue emozioni per concentrarsi sulla sua impeccabile astuzia e razionalità.
Cosa che fortunatamente era davvero molto, molto brava a fare. Spegneva le emozioni affinché fosse in grado di diventare una vera e propria macchina da guerra, senza alcun rimorso né dubbio.
Se qualcuno si fosse davvero introdotto nella loro piccola proprietà in mezzo al nulla, sicuramente lo aveva fatto tramite un mezzo di trasporto.
Solamente uno sciocco avrebbe sfidato le dune indistinguibili di quel deserto a piedi, camminando per ore ed ore senza essere certo della sua destinazione.

Zulema corrucciò le sopracciglia, come ogni volta in cui riusciva ad avere accesso al pieno controllo delle sue riflessioni: Macarena era sola. Sola ed armata.
Se qualcuno fosse riuscito a portarla via nonostante il pericolo di essere ferito o ucciso, allora non sarebbe stato altro che una sorta di figura mitologica. A meno che non si trattasse di una moltitudine di individui che, unendo le forze, era poi riuscita a trascinare la bionda con lei, senza nemmeno troppa fatica.
E questa ipotesi trovò conferma nel constatare che non vi era nemmeno una goccia di sangue, né all'interno del van, né all'esterno.

Schiuse le labbra, mentre le numerose rotelline nella sua testa avviavano dense vaporate di fumo a furia di coordinarsi e concentrarsi così omogeneamente ed intensamente.
Ne era certa: quelle persone sapevano chi fossero e come trovarle.
E più il tempo scorreva, più si incrementavano possibilità che vedevano Macarena senza un briciolo di speranza. Destinata a morire.
Non sapeva chi fossero gli artefici, non aveva davvero il tempo di pensarci in quel momento, di ipotizzarlo.
Doveva agire, e in fretta.

Zulema avanzò qualche passo oltre il focolare, attirata da alcuni segni improntati sulla sabbia.
Si piegò sulle ginocchia, con sguardo attento, e notò che c'erano le orme di pneumatici a lei molto familiari.
Vi poggiò senza pressione alcuna un paio di dita sopra, percorrendo con delicatezza le curve scavate dal pneumatico d'innanzi a lei.
Erano segni di gomme gemellate, ruote che venivano utilizzate su alcuni furgoni per carichi molto pesanti.
Li riconobbe in fretta, poiché lei stessa, qualche anno prima, aveva usufruito di quel tipo di vettura per alcuni grandi colpi, nonostante questi ultimi poi fossero risultati fallimentari.

Sollevò la mano, accarezzando con il pollice le due dita coperte da un sottile strato di sabbia, guardando fissa verso la direzione su cui si estendeva la scia delle ruote. Era lunga, e sicuramente conduceva molto lontano.
Non voleva perdere altro tempo; si alzò di scatto e corse verso la loro vecchia automobile.
Vi si catapultò letteralmente dentro, ignorando dove potessero essere le chiavi.
Errore che le costò tempo prezioso, poiché fu costretta a ritornare di corsa nel van per cercarle.
Una volta nuovamente in macchina, nemmeno perse tempo ad allacciarsi la cintura; infilò di fretta le chiavi nella loro fessura e schiacciò rapidamente i pedali.

Ahimè, la macchina faceva un fastidioso rumore, ma non accennava a partire.

Zulema riprovò ancora e ancora, fallendo miseramente.
Presa dalla rabbia, la mora sbatté istericamente i pugni sul volante, abbandonandosi ad un breve urlo.
«Figli di puttana!»

Uscì dal veicolo, dirigendosi verso il cofano anteriore; non era la prima volta che quell'automobile faceva cilecca, soprattutto nei momenti di maggiore necessità, per cui Zulema era diventata molto abile in fatto di motori e vari pezzi meccanici delle auto.
Sembrava fosse sempre in grado di imparare tutto, se si trattava di sopravvivenza.
Questa volta però, constatò che quel vecchio motore non presentasse alcuna anomalia.
Zulema si concesse alcuni secondi per perlustrare meglio l'interno del cofano.
Che cazzo stava succedendo?

Una volta richiuso, si diresse nuovamente verso lo sportello del guidatore, quando le cadde lo sguardo sulla ruota anteriore evidentemente squarciata.
D'istinto spostò immediatamente lo sguardo sulla ruota posteriore, per poi aggirare tutta la vettura, verificando che tutte e quattro le ruote erano state compromesse allo stesso modo.

Zulema era furiosa, era davvero in fiamme.

Chiunque avesse compiuto quel rapimento, si voleva concretamente accertare che avrebbe avuto grandi difficoltà, qualora avesse voluto rintracciarli.
Ma era chiaro che forse non la conoscessero così bene come pensavano.
Difatti Zulema fece immediatamente rientro nel van, preparò un piccolo zaino con le cose essenziali, e si lanciò verso le prime orme rinvenute nella sabbia.
Niente e nessuno era in grado di fermarla quando era determinata nello svolgere una qualsiasi cosa si imponesse.

Così decise impulsivamente di incamminarsi lungo la scia di gomme lasciate sulla stradina da cui quel furgone doveva essere giunto, consapevole che avrebbe sofferto un caldo atroce di giorno, ed un freddo glaciale di notte.
Ma non le importava, non le importava di niente, non le importava se si fosse sentita male, non lo includeva neanche nelle possibilità.
Non le importava se fosse morta: in quel momento, seguire a piedi quelle tracce, era davvero l'unica cosa che potesse fare.
E non avrebbe mai potuto convivere con la consapevolezza di non aver agito.
Lei doveva sempre provarci, sempre.

Afferrò una delle due bretelle con decisione, una decina di anellini della sua catena attaccata al largo pantalone nero risuonavano al suo avanzare determinato; anfibi spessi ed alti, maldestramente allacciati e, senza pensarci ulteriormente, si incamminò per il lungo sentiero.

open wounds - zurenaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora