Ricordo n.4 - Estate 1984

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Qualche mese dopo

Io sono ragazzina, lui è ormai un uomo, io ho tredici anni, lui ne ha già ventitré.
Ma questo già lo sappiamo.
Lo sappiamo da sempre, e se da sempre io lo guardo mentre vive la sua vita spensierata e frenetica con pura ed inimitabile adorazione, lui mi fissa a volte torvo davanti ai miei stupidi rossori, ai miei languidi sguardi.
Ora è estate, e noi siamo al mare, tutti insieme, ragazzi e ragazze di età diverse uniti solo e semplicemente da quella magnifica lingua di lava che si staglia sotto casa nostra fini a planare dentro il mare, uno di quei posti che se hai la fortuna di conoscerli, te li  porti dentro per tutta la vita: lo scoglio del gabbiano, così chiamato per via dei gabbiani che vi si posano eleganti e gentili durante la stagione.
È la mia prima estate da figlia di genitori separati. Da domani starò con mio padre per i prossimi quindici giorni, e li trascorreremo, per la prima volta, soli, io mia sorella e lui, lontani da qui.
Non ardo dal desiderio. Al contrario non vorrei muovermi da questo scoglio aguzzo e lungo, sul quale sono cresciuta e dove finora ho trascorso ogni giorno di ogni mia estate, nel mio solito condominio affacciato sul mare dove conosco tutti e tutti mi conoscono, insieme ai miei amici e pure al mio folle e puro amore improbabile.
Lui: il mio primo amore, il ragazzo più bello che abbia mai visto la terra, nulla a che fare con Tom Cruise e Simon Le Bon, o qualsiasi altro vanesio personaggio pubblico; lui, il mio uomo vero, in carne, ossa, e muscoli, giubbotto di pelle marrone e occhiali da sole a specchio, beffardo, pungente ma pure dolce e soprattutto presente nella vita mia.
Lui, che conosco da sempre, purtroppo dieci anni più di me ed una sagacia da combattimento senza uguali.
Lui, che nuota pure con me (e solo questo gli fa guadagnare centomila punti) che mi ritrovo sempre alle gare e mi da il cinque se prendo un podio, lui, che mi strizza l'occhio e mi cambia la giornata e manco se ne accorge. Lui, mille sfide all'ultimo sangue a chi arriva prima allo scoglio, e gare di tuffi, e corse a stile o a delfino, in una lotta continua dove ogni contatto è pura elettricità!
Ma questa volta è diverso: questa volta io ho perduto le stelline negli occhi e non le ho ancora ritrovate, e non so perché ma neppure la sua presenza mi rende davvero felice di stare qui.
A gennaio i miei genitori si sono separati, e da quel momento in poi la mia quotidianità è diventata  un vero disastro (non che prima fosse celestiaca, ma ora davvero rasenta l'inumana follia).
Mia madre è devastata, mio padre sempre nervoso, mia sorella piange in continuazione (anche se in verità lo faceva pure prima, quindi non so se è davvero colpa della separazione o se è proprio questa la sua natura) ed io non so proprio da che parte stare.
A scuola non l'ho detto a nessuno.
Già mi vergogno del fatto di chiamare padre un uomo che in realtà padre mio non è, ma è solo il secondo marito di mia madre, perché il mio vero padre è morto prima che io nascessi.
La posizione dei miei genitori da sempre mi mette in imbarazzo. Quando qualcuno nota Gino e mi sottolinea la sua bellezza, la sua prestanza fisica, o solo accomuna una qualche sua qualità ad una mia del tipo: "Ah! Quindi nuoti come tuo padre?" io mi strizzo il cervello come si fa con le spugne inzuppate per tacere, mentre il liquido celebrare immediatamente si sparge intorno a me, privandomi di ogni cognizione.
Vorrei saper rispondere che, pure se non mi ha messo al mondo, questo è l'unico surrogato di padre che io abbia mai conosciuto e che lo amo più di ogni altra cosa al mondo tangibile o intangibile, ma se fosse sbagliato? In fondo è un estraneo, e mia nonna me lo ripete ogni santo minuto trascorso insieme, ogni sacra volta che lui mi si avvicina, mi sfiora una guancia con un dito o semplicemente posa il suo sguardo buono su di me.
E ci tiene a sottolineare a me e a mia madre che io non sono sangue del suo sangue; e lo ha detto e ridetto talmente tante di quelle volte che alla fine se c'è una cosa che mi è chiara nella vita è questa!
E ad un certo punto deve essere pure diventato chiaro a lui, perché le circostanze della separazione dei miei si riconducono proprio a quell'essenza: io, estranea, non posso permettermi di litigare con lui come se fossimo padre e figlia.
I fatti a me  fanno davvero troppo male alla sola idea di raccontarli a qualcuno: Gino è andato via di casa a causa mia, a seguito di una furibonda lite per una stupida gita scolastica alla quale non volevo rinunciare, e della quale, per inciso, non mi importava neppure più di tanto andare, se avessi compreso che sarebbe diventata cruciale per tutto il mio futuro, e non è tornato più.
Ovvero: io rappresento la causa della separazione dei miei genitori, ed è questa una scomoda verità che mi porterò dentro dentro fino all'ultimo mio stupido respiro.
Me ne sento profondamente responsabile, come delle lacrime di mia madre e dei silenzi prolungati di mia sorella.
Anzi, sono convinta che mia sorella abbia deciso che tutto quest'inferno che stiamo vivendo sia solo colpa mia, ed infatti non mi rivolge più la parola da, vediamo un po': sono ormai sette mesi e mezzo.
E poi, questo è il mio primo anno di liceo, non è che possa contare su amicizie di lunga data.
Fino all'anno scorso c'erano i compagni della squadra di nuoto, ma da quando loro si sono separati non vado più neppure in piscina (la piscina è l'elemento di Gino, non di mia madre, ed io ho deciso di rinunciarvi per creare il giusto distacco da una persona che non è in verità un mio parente) e quindi davvero non saprei con chi confrontarmi.
L'unica con cui mi continuo a vedere è Graziella, vicina di casa, compagna di squadra, e pure di scuola.
Solo che lei ancora nuota, mentre io, non avendo di meglio da fare, nell'ultimo anno ho scoperto che, con l'amico walk-man, musica a palla sparata nelle orecchie e scarpe da ginnastica ai piedi, posso consumare lunghe corse per sfinire il corpo e dare un taglio ai pensieri.
In questi mesi temo sempre di aver esaurito tutte le lacrime a disposizione, ma pare che invece queste si rigenerino durante il sonno, perché notte dopo notte, non appena il buio scende nella camera, ecco che riappaiono, impertinenti sempre di più, ed accompagnano il mio addormentarmi.
Oltre Graziella, Primo e lui non conosco nessuno che abbia i genitori separati, e proprio in quest'anno non è che lui abbia avuto grandi opportunità di vederlo.
Quando eravamo più piccoli era diverso, si scendeva spesso in cortile a giocare tutti insieme, e se io restavo sul muretto a giocare con Lella e Primo, lui, insieme con Edo, Ivan e Marco e con l'amico pallone, correva indiavolato da una parte all'altra del giardino per pomeriggi interi, malgrado l'età, la moto, il giubbotto di pelle e le ragazze che a volte si fermavano a guardarli.
E spesso, nelle sere d'estate, quando ci si tratteneva fuori casa anche oltre l'orario di cena, mentre i grilli cantavano e le zagare profumavano, lui prima di concedersi la sua serata tra amici si fermava con noi, a ridere scherzare e prenderci in giro, ed un po' si stava insieme. E lui, malgrado la differenza di età non pareva annoiarsi mai.
Ogni tanto ci raccontava dei posti dove andava, della gente che frequentava, di come tutto, in qualche modo, gli scivolasse addosso senza colpirlo mai, della smania che aveva dentro che gli faceva consumare sigarette dopo sigarette e lo lasciava scontento sempre e comunque.
I suoi genitori erano separati da tanto tempo, ed al condominio vive sua madre.
Penso che dall'inizio dell'anno lui, però, si sia trasferito dal padre. Perché da gennaio questa è la prima volta che lo vedo, e per giunta non è solo.
È arrivato con una ragazza, una tipa con un chiosco di capelli biondi sulla testa tutti ricci ricci, lunghi orecchini colorati, ed una minigonna di jeans troppo corta e scolorita. Mi fissa da lontano con aria di superiorità ed io la odio già.
E se se la sposa la uccido pure!
Attualmente il mio armadio è popolato, come è giusto che sia, solo da short e magliettine e le fedeli Superga blu notte, oltre a costumi vari e sabot in legno Dr. Sholl.
Il mio fisico per la verità è pure abbastanza acerbo. Se per un attimo mi paragono anche solo al Graziella, vedo chiara ed evidente la differenza: io sono troppo magra, ho le gambe troppo lunghe, ho i seni  troppo poco abbozzati e pure i fianchi, e la pelle tendenzialmente troppo scura.
Lella, benché mia coetanea, gode di una meravigliosa pelle color porcellana, evidenziata da mille efelidi sparse qua e là e da una caduta di splendidi capelli naturalmente mossi e rosso fuoco.
Quest'inverno è diventata signorina, come si dice, mentre io ancora e no, malgrado mi porti dietro degli stupidi assorbenti per nascondere ai compagni la mia condizione di bambina non ancora cresciuta.
Quindi non ho speranze: lui non mi noterà mai! Altro che sogni alla "Tempo delle mele": io sono una scialba ragazzetta di appena tredici anni e lui è un bellissimo ragazzo baciato dal sole e dalla fortuna, che già lavora, che ha una macchina e pure una ragazza!
Mi sale un magone in gola, e mi pietrifico per un attimo, solo per un attimo.
I pensieri mi si affollano nella mente, confondendosi tra di loro e confondendo pure me, la tensione sale, e non so come affrontarla, sento un orgia di emozioni avvicendarsi su di me, il sangue fluire alle mie guance, ed il terrore per quello che potrebbe trapelare attraverso la mia stupida pelle scura mi indispone . Ho già imparato fin troppo bene, nella mia giovane ma lunga vita, che a mostrare i propri sentimenti si sbaglia sempre e comunque, che questi poi diventano importanti strumenti di contrattazione per chi ti sta intorno.
Quindi, all'improvviso, mi stacco dal gruppo vociante e sudato sbrodolato sulle asciugamani in mezzo ai neri scogli, e mi tuffo al volo.
In acqua mi sento nel mio elemento.
Nuoto da tanti anni e sempre mi pare la prima volta, la prima volta che l'acqua si connette con me, mi stordisce ed allo stesso tempo mi tonifica il corpo e ristabilisce le pulsioni della mia mente. In acqua il mio respiro è controllato, ed il corpo di conseguenza.
E così nuoto fino a dimenticarlo, sincronizzando il mio respiro con quello dell'acqua, lasciandomi alle spalle ogni cosa, bracciata dopo bracciata.
Ad un tratto mi accorgo che nella mia folle nuotata spinta al massimo non sono sola.
Qualcuno è al mio fianco, e tiene il ritmo senza sforzo apparente.
La curiosità mi spinge a voltarmi, per identificare il personaggio che mi accosta nella mia corsa, silenzioso come l'acqua intorno a noi.
Irradiato dal sole argentato riflesso sull'acqua intravedo lui.
Giro bordo e torno a riva. Esco dall'acqua che ho il fiatone, e la vista annebbiata dallo sforzo. Mi stendo sul telo, chiudo gli occhi, e lascio che si depositi sulla mia pelle il sole caldo dell'estate.
"Brava, Lady Oscar, in acqua ti trasformi da sempre, esce il leone che è in te. Un peccato che tu abbia mollato" mi dice, steso al mio fianco, sul telo di chissà chi, il respiro provato dalla corda in acqua, il torace pervaso da piccole goccioline scintillanti al sole alto dell'agosto infuocato.
Ed il mio cuore, se possibile, accelera ancora.
Ed io so bene che non è per lo sforzo fisico.
"Allora, com'è la vita da figlia di genitori separati? Un schifo vero?" Sa sempre cosa dire, al momento giusto, al posto giusto.
Io mi tiro a sedere e faccio spallucce. Pare che all'improvviso mi sia caduta la lingua.
"Ci sono passato. Ti dispiace per uno perché è devastato e non sai come aiutarlo, mentre l'altro magari sta bene e ti senti in colpa per non saper condividere la sua felicità. E non sai mai con chi stare e non vuoi ascoltare nulla di loro e da loro."
Esatto, perfetto, azzeccatissimo!
"Comunque io ci sono, sempre e per sempre, quando non sai con chi parlarne chiamami, vieni a trovarmi ed insieme sarà meno drammatico!" E mi strizza l'occhio.
Mi metto una mano sopra gli occhi strizzando lo sguardo dal sole, dall'acqua e dai miei pensieri e finalmente riesco a guardarlo: è bellissimo, abbronzato, i capelli ricci e neri, lo sguardo furbo di sempre, ed una scintilla nuova negli occhi solo per me!
"Sempre e per sempre, ricordalo, principessa del mio cuore!" mi ripete, si alza e se ne va.
Raggiunge quell'odiosa ragazza chewing-gum color confetto e siede in mezzo ad Edo e Marco a fumare una sigaretta.
Io aspiro da lontano il fumo che giunge sono alle mie narici, aspirando sempre da lontano il suo profumo, la sua risata, la sua esistenza.

Nessuno può salvare la principessaWhere stories live. Discover now