Henry, Zaf and...

483 38 0
                                    

Cling!, la porta si aprì con il proprio consueto cigolio e il campanello appeso sopra di essa trillò fastidiosamente. La luce soffusa del locale gli colpì gli occhi come il riverbero del sole sulla sabbia.

Il bar era di dimensioni non molto ampie, affollato quanto bastava ma non quanto gradiva, caotico e paradossalmente tranquillo, sotto sotto un luogo piacevole. Era il primo bar che aveva scoperto quando s'era trasferito dall'America in Australia, e anche quello in cui si infilava più spesso nei tempi bui 'dopo Jenna'.

Dietro il bancone di un lucidissimo color cioccolato s'indaffarava un bell'uomo sui trent'anni, capelli castani chiari e lievemente ricci, piuttosto radi, e due occhi grigi come il cielo quand'è nuvoloso, oltre a un viso dai tratti marcati ma gentili. Chiunque lo conoscesse poteva affermare di trovarlo sempre con lo strofinaccio in mano ad asciugare lo stesso bicchiere in ogni momento della giornata. Insieme a Shirley, Henry era il suo più caro amico.

Si sedette pesantemente su uno degli sgabelli morbidamente imbottiti, di pelle rossa, davanti ad Henry.

- Qualcosa di molto forte - biascicò, tenendo gli occhi bassi per non incontrare quelli benevoli e di una sincerità disarmante del barista. Egli posò per neanche un minuto strofinaccio e bicchiere e gli passò un bicchierino colmo di un liquido ambrato.

James lo afferrò sgraziatamente e lo bevve in un sol colpo.

Idiota. Cretino. Stupido, si disse, ancora una volta, mentre l'alcol gli scendeva lungo la gola e bruciava, fuoco liquido allo stato puro.

Allungò nuovamente la mano ed Henry non disse nulla, limitandosi ad inarcare un sopracciglio. E la serata trascorse così, dai-prendi, dai-prendi, nel silenzio più assoluto rotto solo dalla musica dolciastra in sottofondo.

- Giornata storta, eh? - mormorò il barista, e il trentasettenne abbozzò un assenso con il capo.

Il castano si guardò attorno e poi si allungò sul bancone, raggiungendo il suo orecchio con le labbra.

- Ti ha mollato?

- Hic! P-peggio... - farfugliò James, che di testa ormai non c'era più, e scoppiò a ridere. - Che cretino, eh?

Il barista si ritrasse e scosse lievissimamente il capo, riprendendo ad asciugare il bicchiere. Insomma, conosceva James e nonostante fosse una vera e propria spugna quando qualcosa gli andava storto, non l'aveva visto starci così male da... da quando aveva lasciato Jenna. E soprattutto non si era mai dato del cretino, almeno, quell'appellativo non era mai giunto alle sue orecchie.

In quanto a conoscere a grandi linee la sua situazione sentimentale, be', glielo si leggeva in faccia. Era un dannatissimo libro aperto, e che diamine!

- Io... io... - balbettò il surfista, e singhiozzò. Per fortuna l'arrivo di chi Henry aveva chiamato lo salvò in extremis.

- Brutta giornata?

Una mano gentile si posò sulla spalla di James. Lui si guardò attorno smarrito.

- T-troy?

Capelli rossi, lunghi, ricci.

- No... - rise dolcemente la stessa voce cristallina. Shirley incrociò lo sguardo del barista e gli chiese senza voce: quanto ha bevuto? Lui le fece segno, senza mezzi termini, 'troppo'.

- Sto per chiudere - disse.

- Ho capito, me ne occupo io adesso. Ehi, amico, stai tranquillo... una bella dormita e vedrai che domattina vedrai il mondo un po' più luminoso.

Ne dubito seriamente...

La giovane donna gli prese in qualche modo un braccio e se lo caricò in spalla, mentre James continuava a singhiozzare e piagnucolare qualcosa in modo assai penoso.

- Torna presto in forma, James - fu l'ultima cosa che udì sussurrare da Henry, prima che la vista gli si annebbiasse completamente e la terra iniziasse a girare vorticosamente.

~~~

Quando si risvegliò era tutto buio, o forse era morto nel sonno e non se n'era accorto. Si tirò a sedere di scatto. No, purtroppo o per fortuna era ancora vivo. Si diede un'occhiata in giro, assottigliando lo sguardo. Quella non era la propria casa e neppure il proprio letto.

Poco più in là notò una forma umana profondamente addormentata. Shirley. Si portò una mano al petto. No, quelli non erano i vestiti che aveva indosso quando si era rifugiato nel bar di Henry. Avvampò violentemente. Cosa aveva fatto?

Tremante allungò una mano verso l'amica, ma fra loro, nello spazio minimo che li separava, c'era qualcosa di caldo e morbido e peloso.

Era Zaf, l'intelligentissimo pastore australiano di Shirley, un cane di taglia media nel fiore degli anni che lei stessa aveva cresciuto da quand'era un cucciolino, portandoselo ovunque, al lavoro, in spiaggia, a fare il tifo per James, al bar, in ogni posto conosciuto. Era un bell'animale, dal pelo ondulato bianco a chiazze grigie, gli occhi bicolore, uno color ghiaccio e l'altro di un insolito castano.

Ritirò lentamente la mano, sperando che il cane non si svegliasse, e per un attimo credette di avercela fatta. E poi una sessantina scarsa di chili gli piombarono sullo stomaco, e un occhio azzurro ghiaccio brillò nel buio.

- Ugh...

Era abituato a ogni tipo di allenamento fisico e si ritrovava spesso con Troy svenuto all'altezza del basso ventre, più su o giù poco importava, oltre ad avere ricevuto una volta una tavola da surf dritta allo stomaco per sbadataggine, ma per quanto Zaf non fosse poi un alano, non era nemmeno una piuma. Insieme alla fitta di dolore che gli provocò l'animale si risvegliò improvviso e molesto il mal di testa, che lo punì con una fitta lancinante.

- Zaf... sono io - bisbigliò, sperando stavolta di non svegliare la padrona, le aveva causato già sufficiente disturbo. Il cane lo fissò quasi in ansia, con la lingua rosea a penzoloni. Nell'immensità nera della notte, i suoi canini luccicarono inquietantemente.

Shirley emise un mugugno e si stropicciò un occhio, senza nemmeno girarsi.

- Zaf, giù - disse, restando di schiena, poi quando il cane tornò obbedientemente a terra si girò verso l'amico. - Ti sei svegliato, eh?

- A quanto pare... ma... perdona la domanda... cos'è successo?

- Eri ubriaco fradicio - James provò a negare ma lei lo zittì con un gesto della mano - ed Henry mi ha chiamata perché doveva chiudere il locale e tu eri in stato penoso. Non so cosa ti sia successo e non ti obbligo a dirmelo, okay? Dopodiché ti ho portato a casa mia, cioè, trascinato in qualche modo, hai tentato di abbracciarmi e mi hai vomitato addosso, prima di imbrattare completamente i tuoi, di vestiti. Mentre cercavo qualcosa da darti da mettere ti ho rinchiuso in bagno e ho lasciato Zaf a controllarti. Hai vomitato per non so quanto, finché io non sono tornata e ti ho trovato addossato al muro che ti abbracciavi le ginocchia, sporcandoti ancora di più. Diamine, James, hai trentasette anni ma oggi ne dimostravi venti in meno!

Mentre Shirley gli faceva il resoconto di tutto ciò che aveva combinato e lo rimproverava con quell'assenza di durezza tipica che la caratterizzava, James si vergognava da morire.

Tutto questo solo per un ragazzino...

I loro occhi s'incrociarono e per un attimo tutto tacque. Poi il surfista aprì la bocca e ne rotolò fuori un suono disarticolato. Lei lo guardò interrogativamente.

- Mi viene da...

E ciò che restava della notte entrambi la trascorsero insonni, con il non poco disgustoso sottofondo dei conati di James e Zaf che s'era messo ad uggiolare, mentre la sua padrona affondava il capo nel cuscino e si tappava le orecchie. Il giorno dopo non sarebbe potuto essere altrettanto inconsueto.

E il mare disseWhere stories live. Discover now