"𝘼𝙨𝙩𝙧𝙖 𝙛𝙚𝙧𝙖𝙧 𝙣𝙤𝙢𝙚𝙣𝙦𝙪𝙚 𝙚𝙧𝙞𝙩 𝙞𝙣𝙙𝙚𝙡𝙚𝙗𝙞𝙡𝙚 𝙣𝙤𝙨𝙩𝙧𝙪𝙢"
"𝘚𝘢𝘭𝘪𝘳ò 𝘢𝘭𝘭𝘦 𝘴𝘵𝘦𝘭𝘭𝘦 𝘦 𝘪𝘭 𝘮𝘪𝘰 𝘯𝘰𝘮𝘦 𝘴𝘢𝘳à 𝘪𝘯𝘤𝘢𝘯𝘤𝘦𝘭𝘭𝘢𝘣𝘪𝘭𝘦"
(Publio Ovidio Nasone, Metamorfosi)Calcavo i piedi sulla terra arida, spingendo con sforzo il carrello colmo di ogni genere alimentare che fossi riuscito a recuperare. Attorno a me, le voci erano come il canto lontano di un coro spettrale, un intreccio di sussurri che danzava nell'aria come un incantesimo.
Il passaparola si era diffuso nel villaggio, un virus che si insinuava tra le roulotte e le vite stanche, e ora tutti si dirigevano verso il pătrat. Il quadrato. Lo costruivamo in ogni città in cui ci fermavamo: un ritaglio di mondo dove decidevamo il destino, condividevamo i bottini e, in qualche modo, trovavamo la forza di continuare. Il quadrato era il cuore pulsante del villaggio, la linfa che scorreva tra le vene del nostro piccolo mondo sghembo.
Erba consumata, sporcizia calcificata ai bordi, pezzi di cemento a simulare panche. Al centro, un tronco morto piantato nella terra. Eppure, per noi, era tutto. La nostra anima.
Arrivai lì per primo, il carrello cigolante al mio fianco, e sentii dietro di me i passi della mia gente: un corteo silenzioso, quasi sacro. Mi osservavano, e per un attimo mi sentii importante. Un dio per il mio popolo, io, Rares. Il loro Udinì.
Fermandomi al centro, staccai le mani dal manubrio gelido e sollevai il mento, offrendo un sorriso ai volti stanchi e pieni di attesa. Non ero mai stato visto prima di allora. Non davvero. Ma loro... loro mi guardavano come se fossi fatto di stelle.
Iniziai a distribuire il bottino, passando provviste di mano in mano. Ogni pezzo valeva più di quanto potessi mai esprimere a parole. Non si trattava solo di cibo. Era sopravvivenza. Era speranza.
La nostra era una comunità costruita su un principio che io amavo: condividere, sempre. Anche quando non c'era nulla. Soprattutto quando non c'era nulla. In un mondo divorato dall'indifferenza e dal bisogno, noi eravamo una scintilla di generosità, una protesta silenziosa contro l'egoismo. Ero disposto a morire per proteggerlo. Non per coraggio, ma perché era l'unica cosa che ci rendeva ancora umani.
Le donne mi abbracciarono, mamme piegate ma mai spezzate dalla vita. Le loro voci, un intreccio di dolore e gratitudine, mi accarezzavano e scuotevano al tempo stesso. Mi sentivo piccolo di fronte alla loro forza, a ciò che erano costrette a sopportare: mariti morti, figli da crescere, fame che mordeva il ventre. Eppure erano lì, in piedi.
Ero un ladro. Un reietto.
Ma in quegli abbracci trovavo un significato che andava oltre il sangue che avevo versato e le porte che avevo sfondato.
Poi arrivarono i bambini. Si accasciarono davanti a me come un pubblico impaziente, i loro occhi grandi e pieni di luce mi scrutavano con un misto di adorazione e curiosità. Mi grattai il mento, un mezzo sorriso che mi si dipinse sul volto.
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𝘽𝙖𝙡𝙖𝙘𝙡𝙖𝙫𝙖
Romance«Non esiste anima priva di sogni, nemmeno quella del Viandante Senza Stelle.» Cover by: @mikrokosmosgraphics