𝐈𝐗.

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☾︎ 𝐂𝐀𝐏𝐈𝐓𝐎𝐋𝐎 𝐍𝐎𝐍𝐎 ☽︎

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☾︎ 𝐂𝐀𝐏𝐈𝐓𝐎𝐋𝐎 𝐍𝐎𝐍𝐎 ☽︎

𝑁𝑒𝑙 𝑞𝑢𝑎𝑙𝑒 𝐺𝑖𝑛𝑒𝑣𝑟𝑎 𝑟𝑖𝑠𝑒𝑛𝑡𝑒 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑐𝑎𝑑𝑢𝑡𝑎 𝑒𝑑 𝑖𝑙 𝐶𝑎𝑝𝑖𝑡𝑎𝑛𝑜 𝑓𝑎 𝑢𝑛𝑎 𝑠𝑝𝑖𝑎𝑐𝑒𝑣𝑜𝑙𝑒 𝑜𝑠𝑠𝑒𝑟𝑣𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒.

Il viale nel quale stanziavano Ginevra e il capitano era divenuto incredibilmente silenzioso, eccetto per i rumori provocati dalla lotta fra Giganti che si stava svolgendo non molto lontano, quasi soffocata dal disagio tra i due

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Il viale nel quale stanziavano Ginevra e il capitano era divenuto incredibilmente silenzioso, eccetto per i rumori provocati dalla lotta fra Giganti che si stava svolgendo non molto lontano, quasi soffocata dal disagio tra i due. L'unica cosa utile che la castana era in grado di fare era porgere il bastone al corvino, che lo accettò di malavoglia.

Il superiore mirava l'orizzonte con un'espressione indecifrabile, mentre la sottoposta lo imitava, piuttosto preoccupata.

<< Il comandante ha un piano, vero?>> Gli domandò, volgendo lo sguardo verso l'ultimo luogo nel quale aveva visto Erwin Smith. Come aveva capito, egli era solito rivoltare frequentemente le situazioni a suo vantaggio, come se la loro stessa esistenza facesse parte del suo piano.

<< Perché mai dovrei saperlo?>> Gli chiese, sinceramente curioso della domanda e dubbioso sulla sorte del biondo. Lui e le sue dannate scommesse.

<< È che... Il comandante sembra fidarsi di lei... >> Rispose, mentre il suo sguardo si faceva vitreo per qualche secondo e la sua bocca si serrava ermeticamente.

Il capitano le agitò una mano davanti agli occhi, non ricevendo alcuna segno di presenza: << Willard? Tutto b->>

La giovane scoppiò in una risata fragorosa, quasi forzata, indicando il capitano con fare divertito:<< L-L'ho ca-capita adesso... HAHAHA... Il co-comandante port-porta il capitano su-sulle- sulle spalle in biblioteca... P-perché- perché è tremendamente basso ! >> Le uscirono le lacrime dagli occhi e il volume del riso aumentava:<<Ecco perché tutti ridevano alla battuta di Jea->>
La mano del capitano incontrò inesorabilmente la guancia di Ginevra, schiaffeggiandola.

Ella si toccò il segno rosso cremisi lasciato dalla mano del capitano sulla guancia gonfia che le bruciava da morire:<< U-uh... Scusi. N-non... Non volevo. >> Chinò il capo, mortificata.

Il capitano scrollò le spalle, segretamente irato dal tema del probabilme delirio dato da una crisi di nervi. L'avrebbe pagata comunque, non gli interessava se fosse traumatizzata o meno dall'accaduto.

Calò nuovamente il silenzio, mentre Levi se ne stava seduto sul baule vuoto dove precedentemente era custodito il dispositivo di manovra tridimensionale di Erwin. Diede una rapida occhiata alla sottoposta che imbarazzata, si grattava la nuca. Era quasi ironico che loro se ne stessero lì beati mentre gli altri si facevano schiacciare inutilmente dal Gigante femmina. No, non inutilmente. Nessuna morte sarebbe stata vana. Lo aveva detto lui stesso.

<<Uhm... Capitano... >> Miagolò Frangetta, con aria preoccupata.

<< Qual'è il problema, Willard?>>

Gli si avvicinò cautamente, mostrandogli la mano macchiata di sangue:<< Credo di aver battuto la testa, prim->> La frase fu seguita dal tonfo del corpo della giovane che incontrava il terreno in modo decisamente poco grazioso.

Sì, era decisamente l'assistente più inutile che avessero mai potuto affidargli. Fanculo i voti e gli esami che aveva nel suo curriculum. Al diavolo Erwin che l'aveva voluta negare alla squadra di Hange. Lì sì che si sarebbe divertita, con tutti quei pazzi cervelloni.

Sospirò, esasperato. Doveva fare il suo lavoro, non il badante. Anche se, ora che ci pensava, era ciò che aveva fatto Willard tutto il tempo. Lo aveva incitato a andare nella mensa per pranzo perché voleva rimanere digiuno. Lo aveva medicato, gli scorrazzava dietro con il bastone. Se solo lui fosse stato un nobile, la ragazza avrebbe guadagnato il doppio.

Forse non era il massimo.

La sollevò da terra, emettendo dei piccoli gemiti ogni volta che appoggiava la gamba fallata e depositò il corpo nella carrozza. A lasciarla lì per terra avrebbe solo raccolto la polvere con i capelli spettinati, ora misti alla crosta di sangue dietro alla testa. Ugh, era disgustoso. Prese anche lui posto nella carrozza e si sedette. Dovevano esserci delle garze da qualche parte. Anche qualcosa per pulirsi le mani, entrate a contatto con la ferita sanguinante.

Le prese il polso. Non era morta, perlomeno. Si chinò, tastando sotto le poltrone rosse nella carrozza ed estrasse una piccola scatola. Prese il rotolo di garza all'interno e fasciò frettolosamente la testa di Willard.

Una volta finito, si sistemò a sedere, oscillando le gambe. Prese un fazzoletto che teneva nella tasca dei pantaloni e lo aprì, passandoselo sulle mani pallide e callose, a forza di tenere una spada in mano. Sfregò con più insistenza ed il sangue sembrò andar via con più efficacia.

Era consapevole di essere inutile. Eppure gli sembrava così strano non essere sul campo di battaglia. Era lì, a sentire le urla e la distruzione che lo circondavano. Pazienza. Non era la prima volta che gli capitava. Aveva passato l'intera infanzia in questo modo.
Scosse il capo, come aveva fatto molte volte in quella giornata. Non voleva pensare a certe cose. Ci aveva riflettuto anche troppo.

Lanciò un'occhiata all'assistente provvisoria, giusto per controllare che respirasse ancora. Non aveva un bel colore: era pallida, con le labbra violacee e in una posizione rigida, nonostante fosse distesa. Avvertì una spiacevole sensazione di familiarità fare capolino.

Scosse improvvisamente la testa, ma più energicamente, quasi volesse togliersi qualcosa dai capelli, mentre le sopracciglia gli si erano corrugate come uno spasmo. Distolse immediatamente lo sguardo dalla ragazza. Si massaggiò le tempie: doveva calmarsi. Quella non era sua madre negli ultimi giorni di vita, era solo una ragazzina che era stata talmente stupida da provocarsi una ferita alla testa cadendo da una carrozza.

Eppure le somigliava così tanto, anche a quando non era malata. La corporatura era la stessa. Ovviamente Willard era più in carne. Anche il volto era simile. Ora che ci pensava, nonostante fosse solo un suono ovattato dal ricordo, la voce non era troppo diversa.

Si avvicinò nuovamente alla giovane, scostandole la frangia e dividendola in una maniera simile al taglio che portava sua madre. Se solo avesse avuto i capelli un po' più scuri...

La punta del suo naso che sfiorava quello della ragazza lo riportò alla realtà. Ma che stava facendo? Era impazzito per caso, ad avvicinarsi come un maniaco ad una ragazza incosciente?

Si guardò intorno. Non lo aveva visto nessuno. Proprio lui che diceva di non distrarsi, si era messo a fissare la sua assistente in mezzo alla battaglia. Stava perdendo colpi, nonostante la sua 'vacanza' fosse pessima. Era tremendamente ilare come situazione.

Udì un boato sordo, che sovrastò i precendenti, sopprimendoli e lasciando un precario silenzio.

Scese dalla carrozza con una certa fretta e raggiunse il ponte lì vicino, dimenticandosi persino il bastone sul veicolo.

L'avevano presa.









𝐑𝐈𝐕𝐀𝐍𝐄𝐕𝐑𝐀 : 𝐉𝐔𝐒𝐓 𝐀𝐍𝐎𝐓𝐇𝐄𝐑 𝐒𝐓𝐎𝐑𝐘 ( 𝐋𝐄𝐕𝐈 × 𝐎𝐂)Where stories live. Discover now