Nuovo amore?

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Rosa stava camminando per le vecchie strade di Roma, persa nei suoi pensieri. Era sera, e aveva appena incontrato il suo "ex". Un incontro che le rovinò la serata.

La giornata era iniziata anche bene, in realtà: aveva bevuto il suo caffè, mangiato una brioche alla marmellata di fragola (una delle sue preferite), e per la prima volta da anni non aveva fatto gli straordinari. Era uscita di fretta e furia, alle 18:00 precise solo per vedere il sorriso dell'umano che stava frequentando. Si erano conosciuti in discoteca e fin da subito avevano avuto un'attrazione fisica molto evidente e così, il giorno dopo, i due avevano iniziato a frequentarsi.

Passo dopo passo, la calabrese si ritrovò sul Ponte Agrippa, uno dei ponti più vecchi della città eterna. Rivolse il suo triste sguardo verso il Tevere, le cui acque scorrevano calme e placide. Si appoggiò alla ringhiera per contemplare il riflesso del cielo sull'acqua. Si vide pure lei, la faccia rossa per il pianto, i capelli un po' disordinati, e tutto il mascara colato sulle gote. <sono davvero patetica...> si disse. Prese il telefono dalla sua borsa e cominciò a cercare il numero di Maria. Il telefono della siciliana squillava, ma nessuno, nemmeno Renzo stava rispondendo. Stanca di aspettare, Rosa, allora chiamò Carmen. Sperava che la vecchia regione la consolasse come faceva quando erano delle bambine. Ma neanche la lucana si filò la sua chiamata. Riprovò ancora con Ciro e Salvatore ma ottenne sempre lo stesso risultato. <che serata di merda....che vita di merda....> disse piangendo nuovamente. <perché faccio gli stessi errori...> si chiese sconsolata. Fece leva sulle braccia per potersi sedere sull'ampio corrimano di pietra e ammirare più comodamente il silenzioso fiume, unica consolazione. Ma qualcosa le afferrò la gonna nera tirandola dalla parte opposta. La "cosa" le fece perdere l'equilibrio, così il tacco della scarpa si incastrò tra i ciottoli e si spezzò. La calabrese cascò facendosi un po' male. Cercò di alzarsi per scappare, ma il suo aggressore la si parò davanti: era un cane enorme, dal pelo lungo bianco macchiato di nero e grigio. Le zampe erano grandi e robuste e della bava gli colava dalle grandi fauci. Rosa cominciò a urlare per spaventarlo, ma la bestiola prese a leccarle la faccia in modo dispiaciuto, come se cercasse di farsi perdonare per lo spavento. La calabrese rimase sorpresa e non seppe come reagire. <¡TITO! ¡Mírate! ¡Te he buscado por todas partes, masclazone! (Tito! Ma guarda te! Ti ho cercato ovunque, mascalzone!)> la voce aveva un marcato accento spagnolo, ma era calda, dolce e ti trasmetteva un senso di sicurezza. <Sorry Madame> le disse il ragazzo tirando via il bestione. Rosa fece una faccia stranita, così il ragazzo, porgendole la mano per aiutarla, le chiese se parlava inglese o spagnolo, la calabrese gli rispose: <Disculpa, mi español está muy oxidado... (scusami, il mio spagnolo è parecchio arrugginito)>. Da quando era diventata italiana, aveva quasi del tutto rimosso la lingua dell'iberico. Rosa, maldestramente, scacciò la mano del ragazzo, e con gli occhi bassi si alzò, ma per la mancanza del tacco nella scarpa sinistra, cadde nuovamente. Lo spagnolo prontamente l'afferrò, il gesto costrinse Rosa a guardare in faccia il suo salvatore che lo trovò davvero carino. Aveva dei grandi occhi castani che la scrutavano con preoccupazione, la pelle era olivastra, ma si poteva vedere un leggero rossore sulle guance da cui spuntava un leggiadro velo di barba nera. Rosa osservò che il naso era dritto, perfetto e i suoi capelli, non erano neri come si aspettava, ma erano verdi scuro, un po' spettinati. Rosa divenne rossa per l'imbarazzo: era caduta tra le braccia di un angelo esotico ed era spettinata, i vestiti erano messi male e il trucco era praticamente spalmato su tutta la faccia. <che patetica che sono> mormorò nella voce delle nazioni inconsapevole di essere capita. <non è colpa tua sei hai avuto una giornata no> gli rispose il ragazzo. <tu mi capisci?> chiese la calabrese incredula. <certo. Sei una Nazione no?> <non proprio... sono uno dei territori di > <allora siamo simili. Io sono Fernando Rodriguez, l'Andalusia> si presentò lo straniero. <io sono Rosa Marino, o Calabria...ehm... potresti lasciarmi andare?> chiese timidamente. <ah si certo... scusa la mia mancata delicatezza, ma mi sembravi una che aveva bisogno di un abbraccio> disse l'andaluso in imbarazzo. Tito, il suo cane, stanco di essere ignorato o per aiutare quell'idiota del suo padrone, abbaiò distraendo i due. <e scusami anche per Tito... ero qui con Antonio, lo conosci no? E il guinzaglio si è spezzato e lo ho perso di vista...> disse Fernando accarezzando con una mano la testa del cane e con l'altro braccio stringendo ancora Rosa a sé. La donna, imbarazzata anche lei, tossì richiamando l'attenzione del ragazzo il quale la mollo subito, scusandosi nuovamente. <grazie, ma credo che io debba andare> disse Rosa appoggiandosi al corrimano del ponte. Si appoggiò con il dorso e si tolse la scarpa rotta e le riattaccò il tacco con un semplice incantesimo. Lo spagnolo si avvicinò: <lo so che sembro invadente, ma stai bene?> disse preoccupato. <non sapevo che gli spagnoli fossero così premurosi> <lo siamo solo con le persone che hanno fatto breccia nel nostro cuore. Tu credi nel colpo di fulmine?> chiese. <una volta ci credevo> <e cosa è successo per farti cambiare idea?> <un mio collega dice sempre: la curiosità uccise il gatto> ribattè la calabrese. Non era così stupida da raccontare i suoi fatti a una persone che aveva conosciuto da quanto? Cinque, dieci minuti scarsi? <e se il gatto fosse morto proprio perché non è riuscito a placare la propria curiosità?> <siamo dei filosofi adesso?> <no, mi piace fare ipotesi. Hai fame?> chiese il ragazzo con la pancia brontolante e imbarazzato. <un po' si. Ma non ci sono molti ristoranti aperti. Insomma solo le 23: 28> disse Rosa guardando l'ora dal cellulare. Era ancora rossa in viso, ma stranamente si stava man mano rilassando, la presenta improvvisa dello spagnolo, forse, era stata una benedizione. <davvero? Voi in Italia chiudete presto! Siete come i vecchi!> alla frase, Fernando ricevette una gomitata micidiale sullo stomaco. <non osare mai più a darci dei vecchi, capito mangia Paella!?> <si Signorita.>. E così, i due si ritrovarono a ripercorre le strade più antiche del mondo, in religioso silenzio. <allora> provò a parlare lo straniero con un pizzico di timidezza: <che c> <stavo osservando il Tevere, e ho cercato di salire sul corrimano per vederlo meglio> tagliò corto la calabrese. <ho frainteso, scusami. Avvolte mi faccio strane idee basandomi suoi miei stupidi pensieri> si scusò lui. I suoi occhi marroni vivi la guardarono tristemente. A Rosa sembrò un cucciolo indifeso. Lei sorrise allegramente e gli scompigliò i capelli: <tranquillo, sei in buona compagnia!> gli disse. <sei mozzafiato quando sorridi veramente> affermò Fernando inconsciamente. Vide letteralmente le gote della ragazza diventare rosse, gli occhi ingrandirsi ancor di più. Per l'improvviso complimento si sistemò fintamente i vestiti e cercò di distogliere lo sguardo. Invece, lui era rimasto ammaliato ancora una volta dalla calabrese, si sentiva come quando, insieme ai suoi compagni e Antonio facevano festa: euforia e gioia allo stato puro. <scusami se ti ho messo in imbarazzo> si scusò per l'ennesima volta Ferdinando con gli occhioni da cucciolo. Rosa stava per rispondergli, ma fu anticipata da Tito, che, stufo di essere ignorato e di quei due imbranati, lo urtò facendogli fare qualche passo in avanti verso l'italiana. Il cane, poi, li superò seguendo il suo sviluppato olfatto. Stava muovendo la sua coda felicemente, si girò verso i due e li incitò a seguirlo. <Credo che ci abbia trovato un posto> ipotizzò Rosa per dimenticare un attimo il suo imbarazzo. Dopo circa dieci si ritrovarono seduti su una panchina con in mano un Kebab. <Quindi ti eri vestita meglio di una dea per quel cafone del tuo ex?> chiese Fernando appena dopo che la calabrese gli spiegò come mai era triste. <già, oggi era il nostro anniversario, ma quando me lo sono travata davanti... la magia è scomparsa> confermò lei. <certo che gli umani sono proprio stupidi! Non sanno apprezzare ciò che gli capita!!> si arrabbiò Fernando: <come si fa a tradire un angelo come te?> continuò arrabbiato, mentre si puliva un po' di salsa allo yogurt dagli angoli della bocca. < non capisco perché te la stai prendendo per me. Sono abituata a certe delusioni> affermò Rosa con un fil di voce. <non dovresti> disse Ferdinando. E le gote di Rosa ricominciarono ad arrossire. < se vuoi, vado dal tuo ex e gli faccio capire cosa si è perso> e l'andaluso fece flettere un braccio per far notare alla ragazza i suoi muscoli: <con le buone o con le cattive> continuò. E come stupidi si misero a ridere di cuore. Vennero interrotti dallo squillare del telefono dell'italiana. Maria la stava chiamando. <devo rispondere, scusami> disse Rosa con il telefono in mano. La siciliana, tutta preoccupata, chiese cosa fosse successo, si scusò anche per non aver risposto: <si lo so che eri occupata con Renzo, tranquilla. Ora torno a casa> tagliò corto la calabrese, tutto rigorosamente in italiano. <credo che sia il caso che io torni a casa> disse rivolgendosi allo spagnolo. <ti accompagno> <non devi> <ma voglio farlo, me lo permetterai?>.

Dopo aver camminato per un'oretta, Ferdinando e Rosa si trovarono davanti a casa di lei. <grazie, mi hai aiutato parecchio e mi sono divertita> disse Rosa, pronta ad entrare. < anch'io mi sono divertito> affermò Ferdinando, <sai, spero che questo non sia solo stato un incontro casuale, ma l'inizio di tanti altri> < mi stai chiedendo di uscire? Ti ricordi che sono stata appena lasciata?> <è un crimine?> chiese Ferdinando con gli occhioni da cucciolo. <n-n-no, ma> < e allora siamo ok!> affermò felice lui. Prese delicatamente la mano di lei e gli pose un biglietto da visita, accompagnato da un fiore, preso probabilmente lungo il tragitto. <qui c'è il mio numero. Quando vorrai.... Chiamami>. Con uno schiocco di dita, sia Ferdinando che Tito, erano scomparsi in una nuvola di fumo verde. A Rosa il cuore non sbatteva di battere forte e sentiva ancora il profumo dello spagnolo. <alla fine, non era proprio la mia giornata no> si disse sorridendo. 

Storia un po' meh, ma va bene così. 

cose a caso sui miei OCS...Where stories live. Discover now