Carosello

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StorieDiUnAnsiosa

Conteggio parole: 1.070 parole

Davanti a me c'era una botola di legno dalla forma quadrata. Mi sarebbe bastato afferrare il pomello dorato e tirarlo per accedere al vano superiore.

Trattenni il respiro e tirai. Una cascata di polvere si riversò su di me rivelando una scala. Cominciai a salire i pioli con movimenti lenti, quasi meccanici, per poi ritrovarmi in un ambiente totalmente diverso dal resto dell'abitazione.

Dinanzi a me si apriva uno spazio ristretto, illuminato unicamente dai flebili raggi del sole che trasparivano dalle tende beige tirate sulla finestrella che si apriva sul verdeggiante giardino che circondava la residenza.

Boccheggiai alla ricerca d'aria facendo entrare nel mio corpo quel tanfo di muffa che contraddistingueva la soffitta. Abbandonata la scala, i numerosi cigolii derivanti dai miei passi sulle traballanti assi del locale mi invasero le orecchie.

Non sapevo perché ero venuta lì. Proprio non riuscivo a spiegarmelo. Sapevo solo che volevo ricordare.

Mi mossi sull'instabile pavimento fino a quando non arrivai ad una piramide di scatoloni accatastati l'uno sull'altro. Guardandomi le spalle, riuscii a scorgere le impronte delle infradito sulla polvere.

Mi ritrovai davanti ad una libreria costruita con travi di legno che differivano tra loro nella dimensione. Saettai con lo sguardo da un libro all'altro fino a quando un volume dorato non entrò nel mio campo visivo.

Lo afferrai di getto, quasi senza pensarci, e cominciai a studiarlo. Con le dita, accarezzai la copertina che risultava essere leggermente ruvida al tatto ed il titolo in grassetto. Conoscevo a memoria quel libro. Quante volte lo avevo letto e riletto senza sosta. Si trattava di un grande classico: Heidi.

Quanto sognavo di correre per i prati verdeggianti di montagna senza preoccupazioni. Quanto avrei voluto trascorrere il mio tempo in compagnia dei protagonisti e delle loro caprette.

Quel libro mi aveva aiutato in una fase… complicata, per così dire, della mia vita. Proprio come la bambina del racconto, mi sentivo sola, abbandonata a me stessa, senza alcuna sicurezza. Solo col tempo capii che non era accaduto nient'altro che l'inevitabile. Non avremmo potuto aiutarla. Non avremmo potuto fare qualcosa.

Mi riscossi. Mi asciugai quell'accenno di pianto che si stava formando nei miei occhi e scossi ripetutamente la testa. Mi ero ripromessa di non versare lacrime.

Mi alzai dal pavimento (sul quale ancora era possibile vedere il luogo in cui mi ero seduta) e mi diressi verso un oggetto alto e slanciato. Si trattava di un vecchio orologio a pendolo, precedentemente appartenuto ai miei avi, che era stato relegato in soffitta.

Osservai l'oggetto ed il corrispettivo pendolo. Immaginai quest'ultimo muoversi in base al suo oscillamento ritmato; immaginai le lancette muoversi mentre scandivano l'inevitabile passare del tempo.

Fu in quel momento che vidi uno scatolone decentrato dalla massa. Si trovava lì, in un angolo, quasi volesse nascondersi. Quasi non volesse essere trovato.

Mi avvicinai ad esso. Grazie alla nostra prossimità, riuscii a scorgere una scritta che prima avevo ignorato.

PER QUANDO NON CI SARÒ PIÙ.

I miei pensieri andarono subito a lei. Una fitta proprio in corrispondenza dell'organo cardiaco mi attarversò il corpo. Rimasi immobile ad osservare quel testo per non so quanto tempo.

Non appena decisi di aprire il contenitore di cartone, una cascata di ricordi si riversò nella mia mente. Estrassi numerosi oggetti dalla natura più disparata. Trovai un gioco da tavolo che tiravo fuori quando volevo passare del tempo insieme a lei ma fuori pioveva; un frisbee che ci divertivamo a lanciare e riacchiappare durante le splendenti giornate di sole; la ricetta per la torta di mele che ci piaceva tanto cucinare il sabato pomeriggio. Tutta la mia infanzia era racchiusa lì dentro.

Proprio quando stavo per richiudere lo scatolone, soddisfatta di quello che avevo visto, un puntino luminoso attirò la mia attenzione. Scavai in mezzo agli oggetti alla ricerca della fonte di quel dettaglio che tanto mi aveva incuriosita. Quando lo trovai, rimasi senza fiato. Sollevai il modello di un carosello in miniatura. Me lo rigirai tra le mani come se non lo avessi mai visto prima. Come se non avesse l'importanza che fin da piccola gli ho attribuito.

Osservai le statuette dei cavalli incastonate nella giostra. Nonostante fossero passati numerosi anni, tutto, nessun dettaglio escluso, si era conservato. Dalle redini alle pupille dei puledri alle luci ed i colori del carosello.

Lo guardai con meravigliata. Pareva un miracolo. Sembrava, pensai, una metafora della mia vita. Sebbene le sofferenze fossero emozioni facenti parte del passato, erano ancora vive dentro di me come se il tempo si fosse fermato. Come se mi trovassi su una giostra che non smette mai di girare; un carosello che torna sempre al punto di partenza.

Capovolsi l'oggetto per poi afferrare la piccola maniglia dorata che sporgeva sul fondo e la girai. Una melodia dal tono lento e dolce si diffuse in tutto l'ambiente. Le onde sonore rimbalzarono dal carillon alle pareti intonacate fino alle mie orecchie. Le lacrime cominciarono a ridiscendere le mie guance bagnandole leggermente al ricordo delle parole che mia madre affiancava alla canzone del carillon per farmi addormentare la sera. Avevo sempre adorato la sua voce. Mi ricordava quella delle principesse che vedevo in televisione da piccola.

Piccoli brividi di freddo cominciarono a scuotermi in quella rigida giornata invernale. Mi risvegliai da quello stato di trance. Nelle mie mani tenevo ancora stretto il carillon. Chiusi lo scatolone e lo rimisi dove lo avevo trovato.

Mi diressi verso la botola e scesi nuovamente la scala. Osservai il carosello che mi ero portata dietro. Lo avevo nascosto in seguito alla morte di mia madre nel tentativo di seppellire il dolore. Ma, si sa, i problemi non si risolvono così facilmente e questo tipo di sensazioni non si dimenticano.

Ora, il carillon si trova sulla scrivania proprio accanto al mio letto. Lo studio come se ancora lo considerassi un oggetto inusuale, alieno. Solo in quel momento mi accorgo di un dettaglio che mi era sfuggito qualche giorno fa.

È un rotolino di carta ben ripiegato su se stesso stretto con un piccolo nastro scarlatto. Con calma ed attenzione, sciolgo il piccolo nodo rivelando il contenuto del foglietto. È leggermente ingiallito a causa dell'umidità, ma le lettere sopra di esso sono ancora distinguibili.

Va avanti*

La calligrafia elegante e piena di svolazzi di mia madre mi colpisce al petto quasi fossi stata pugnalata. È lei a dirmelo. Questo è un suo desiderio ed io mi devo applicare per realizzarlo. Sorrido, commossa da quelle semplici due parole.

Non ti scorderò mai, mamma.

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*ispirata alla frase del celebre Robert Lee Frost "In due parole posso riassumere tutto quello che ho imparato sulla vita: va avanti."

CaroselloWhere stories live. Discover now