Capitolo 8

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Miss me?

Nico pregustava già il sapore del cornetto, e lo stava giusto per addentare, quando gli squillò il telefono. Con uno sospiro lo appoggiò sul piattino ed estrasse lo smartphone dalla tasca, sbiancando quando vide il nome di William sullo schermo. Cercò di darsi un tono e rispose.

"Ciao Nico. Ti disturbo?"

"No, affatto. Sono solo andato al bar a fare colazione. È successo qualcosa?" disse lui, girando il cucchiaino nel suo cappuccino per far sciogliere lo zucchero.

"No, niente di preoccupante. Ti volevo solo avvisare che ho accompagnato Vicky a scuola e ricordarti di andarla a prendere questo pomeriggio"

"Ma certo, non me ne ero dimenticato" lo tranquillizzò Nico, bevendo un sorso di cappuccino "C'è dell'altro?"

"Sì, volevo chiederti un'altra cosa in effetti. Riguarda la macchina che ti ho prestato"

Nico per poco non si strozzò. Lo sapeva? Come diavolo aveva fatto a scoprirlo?

"Tutto bene?"

"Sì, tutto bene" si sforzò di rispondere, ignorando le occhiate stranite delle altre persone ai tavoli.

"Come ti dicevo, volevo chiederti una cosa riguardante la macchina. Ieri, mentre tornavo a casa, mi era parso di aver visto un'ammaccatura sulla parte anteriore. Tu ne sai qualcosa?"

Negare. Doveva negare tutto.

"Un'ammaccatura? No, non ne so nulla. Non è che magari ti sei confuso con un'altra macchina?"

"No, sono piuttosto sicuro di saper ancora riconoscere la mia macchina" rispose William con quello che sembrava tanto un tono sarcastico.

"Capisco... io non ho notato nulla di strano, però"

"Vorrà dire che questa sera, prima di entrare nel palazzo, le darò un'occhiata"

"Ma certo" disse Nico, cercando di tenere un tono leggero. Pregò mentalmente Leo di riuscire a sistemare la macchina prima di quella sera, altrimenti era nei guai.

"Ora ti lascio, sto per entrare in ospedale. Buona giornata"

"Altrettanto"

Chiuse la chiamata e posò il telefono sul tavolo, affondando poi i denti nel cornetto. Dannazione, e lui che credeva di aver fatto un buon lavoro e che il dottore non si fosse accorto di nulla. La sua solita fortuna... ma poteva ancora salvarsi. Sospirando, addentò ancora una volta la sua colazione, pensieroso.

Il telefono squillò per la seconda volta.

"Ma tutti adesso mi devono chiamare? Non possono per lo meno aspettare che io finisca di fare colazione?" borbottò scocciato, afferrando lo smartphone e leggendo il nome sul display "No, lei no"

Alzando gli occhi al cielo accettò la chiamata.

"Buongiorno, caro" lo salutò la voce allegra di Persefone, sua matrigna nonché moglie di seconde nozze di suo padre. Era più giovane di Hades di quasi dieci anni, ma nonostante tutto formavano una bella coppia. Hazel e Nico avevano imparato a conoscerla e a volerle bene, complice anche il fatto che non fosse entrata a gamba tesa nella loro vita, ma a piccoli passi e sempre con rispetto. Non aveva mai voluto che la chiamassero "mamma", solo Kore o Persefone, dato che non aveva alcuna intenzione di rimpiazzare Maria di Angelo. Si era presa cura di loro e aveva riportato allegria nella loro casa ma, da quando sia lui che Hazel si erano trasferiti nelle rispettive case, lei li chiamava puntualmente due volte alla settimana e dovevano andare a trovare lei e Hades a casa almeno una volta al mese. Nico si era salvato da quell'ultimo rituale quando viveva a Venezia, ma quella chiacchierona di Hazel aveva sicuramente detto a Persefone che era tornato a New York. Ci avrebbe scommesso la casa.

Un marito per papà (Solangelo)Donde viven las historias. Descúbrelo ahora