Da ciò che ormai era il vuoto più assoluto per lui e una malinconica abitudine per lei rinasce la speranza di ricominciare a sorridere, travolti dalla paura dell'inaspettato come una rosa che sboccia per miracolo nel gelo dell'inverno.
«Si è fatta male?» Non aveva resistito, non fu altro, però, che per senso del dovere, per gentilezza. Voltandosi, il dottor Winter aveva notato anche una bici azzurra riversa a terra e aveva dedotto che la ragazza fosse caduta dal veicolo.
«Non è niente» rispose la giovane donna ricomponendosi e assumendo una postura eretta. «Sto bene, la ringrazio!» aggiunse, incrociando gli occhi del suo interlocutore.
Entrambi rimasero pochi attimi a guardarsi, senza sapere cosa dirsi. In realtà, lei si sentiva leggermente a disagio dinanzi a quello sguardo che le apparve subito spento eppure così intenso, accentuato da una barba folta ma curata, che conferivano all'uomo un'aria seria e pacata. Lo aveva notato disteso sull'erba mentre con la bici percorreva l'ultimo tratto di strada, perlopiù ghiaioso, non rendendosi conto di un piccolo masso che aveva frenato bruscamente la pedalata facendola rovinare a terra.
«Credo che la ruota sia andata» asserì lui indicando la bici e rompendo quel silenzio imbarazzante. La sollevò da terra inserendo il cavalletto per farla sorreggere.
«Non si disturbi» esclamò prontamente lei davanti a quel gesto. «Ormai mi tocca tornare a casa a piedi. Manderò qualcuno a recuperarla.»
«Abita lontano?»
«Giù in paese, ma sono abituata a fare lunghe passeggiate anche a piedi, ci sono molti sentieri alberati e sono un toccasana per lo stress. Anche lei abita in paese?» chiese di getto la ragazza, volendo solamente contraccambiare la stessa domanda ed immaginando che quel tizio fosse arrivato fin lassù correndo; i pantaloncini e la maglietta sudata ne erano un segno evidente.
«Sì, da qualche mese, e di tanto in tanto arrivo fin qui per godermi questo meraviglioso panorama. A dire il vero vengo qui quasi ogni giorno.»
«Non l'ho mai vista. Beh, io non ci vengo sempre, ecco perché forse quelle rare volte non l'ho incrociata» esclamò lei talmente diretta che se non fosse stato per uno strano imbarazzo avrebbe continuato a parlare senza sosta.
Ma di nuovo il silenzio calò tra loro. Distolsero lo sguardo l'uno dall'altra, avvertendo entrambi, inconsapevolmente, una strana energia che li scuoteva mettendoli quasi a disagio.
«È meglio che io vada, volevo rilassarmi ma questo inconveniente non me lo permetterebbe» asserì lei indicando la bici fuori uso.
«Lasci che l'accompagni. Anch'io stavo per andare via.» In realtà, il dottor Winter non aveva il coraggio di lasciarla tornare da sola. Per quanto preferisse starsene da solo, il suo cinismo veniva talvolta ovattato dal suo buon cuore nei confronti di chi era in difficoltà. Certo, non era quello il caso, chissà quante volte quella ragazza aveva passeggiato da sola, per cui la sua presenza era soltanto un atto di galanteria.
«La ringrazio ma... è sicuro di non voler restare qui ancora un po'?»
Lui volse per un attimo lo sguardo all'immensità che si apriva davanti ai loro occhi. Pensò che forse la sua presenza la infastidiva. Non sapeva come comportarsi, non voleva risultare invadente. La sua voleva essere soltanto gentilezza. O magari lei si era accorta della sua refrattarietà pensando che non volesse condividere davvero un tratto di strada insieme? Probabilmente la sua aura emanava un'energia grigia da allontanare le persone. Sì, doveva essere quello da quando... Scosse la testa per scacciare i ricordi e si voltò di nuovo a guardare quel viso di una purezza cristallina, benché qualcosa nell'aspetto della ragazza stonasse.
«Sono stato qui abbastanza» mentì. «Su, andiamo!» la incitò senza darle tempo di pensare di poter cambiare idea.
«La bici, però, lasciamola qui» intervenne lei prontamente vedendolo avvicinarsi al veicolo.
«Ne è sicura? Non mi costa nulla trascinarla.» Effettivamente con la sua corporatura robusta avrebbe potuto portarla persino in spalla.
«Davvero, la prego! È una fatica. Chiederò al signor Eight di venirla a caricare col suo pick up.»
«D'accordo, non insisto.»
«E comunque, piacere, io sono Grace.» La ragazza gli porse la mano che il dottor Winter non poté far a meno di stringere.
«Jeremy. Jeremy Winter, il piacere è mio!» Le strinse la mano per poi incamminarsi lungo il sentiero che portava in paese.
Furono entrambi di poche parole. Grace cercava di osservare di sottecchi quell'uomo: non riusciva a decifrarne il carattere, non riusciva a percepire se la sua era timidezza o vera e propria ritrosia. Probabilmente, per quanto si fosse mostrato gentile, preferiva mantenere le distanze. Notò la fede all'anulare sinistro e pensò che non era certamente uno di quegli uomini che si lasciano andare facilmente al dialogo con una sconosciuta, soprattutto se a casa li aspetta qualcuno. Anche Jeremy, senza farsi scorgere, voltando lo sguardo intorno fingendo di ammirare quei filari d'alberi, la osservava in silenzio cercando ancora di capire cosa ci fosse in quella ragazza che non andasse. Un leggero alito di vento smosse i profumi intorno a loro e i capelli di Grace ondeggiarono come spighe. Allora capì cosa c'era di strano in lei: i suoi capelli biondi stonavano con la sua carnagione ambrata e gli intensi occhi castani, come se fossero un corpo estraneo che deterioravano quella bellezza. Nello stesso istante, lei avvertì invece un odore quasi acre ma al tempo stesso travolgente, un profumo che non aveva mai sentito, che non apparteneva di certo alla vegetazione circostante. Un profumo che le accelerò i battiti del cuore quando capì da dove proveniva... per l'esattezza da chi. Raggiunsero la via principale e senza troppi giri di parole, senza tentennare, come accaduto poco prima sul promontorio, si salutarono cordialmente prendendo ognuno la strada di casa.
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