Capitolo 11. Gelosia?

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Capitolo 11. Gelosia?
PT2

"But I miss you in the mornings when I see the sun
Something in the orange tells me we're not done
To you I'm just a man, to me you're all I am
Where the hell am I supposed to go?
I poisoned myself again
Something in the orange tells me you're never coming home"

"But I miss you in the mornings when I see the sunSomething in the orange tells me we're not doneTo you I'm just a man, to me you're all I amWhere the hell am I supposed to go?I poisoned myself againSomething in the orange tells me you're never co...

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Confuso mi voltai ma Jay con un movimento veloce mi si parò davanti e tenne alla giusta distanza Bogum da me.
Mi tremavano le gambe, il cuore rischiava di scoppiarmi nel petto per l'emozione di vederlo insieme a me, a difendermi da Bogum e a proteggermi come solamente lui sapeva fare.
«Yah, e tu chi sei? Jimin?» Chiese mettendosi dritto.
La spinta di Jay lo aveva leggermente scombussolato, quasi aveva perso l'equilibrio. Al suono di quel nome, Jay voltò leggermente la faccia verso di me. Aveva addosso la mascherina, per cui non riuscii a vedere la sua espressione. Non riuscii a scorgere nemmeno gli occhi, si rigirò troppo velocemente.
«Jimin? No, non sono io.» Rispose duramente.
Ecco, sembrava infastidito.
«Allora chi sei? Ti sei intromesso. Taehyung e io stavamo solo parlando.»
«Parlando? Taehyung non mi è sembrato tanto incline a farlo. Lo stai irritando, perciò lascialo stare e vai via.»
Jay gli diede le spalle. Camminò, pestando i piedi sul terreno, in mia direzione e mi prese la mano prima di trascinarmi verso la mia auto, parcheggiata pochi metri più avanti.
«Yah! Yah, Taehyung! Mi lascerai così?» Urlò dietro di me.
Gli rivolsi un'occhiata veloce, ma Jay marciava a passo spedito e un attimo dopo mi fece entrare dal lato del passeggero e chiuse lo sportello. Prese posto al volante, e senza nemmeno guardarmi mi mostrò il palmo aperto, richiedendo le chiavi della macchina. Senza obiettare gliele passai, lui le infilò e partì velocemente sulla stradina sterrata.
«Sai guidare?» Chiesi per coprire il silenzio che si era creato, e anche il mio imbarazzo nel sentirlo tanto vicino e protettivo nei miei confronti.
Jay mi rivolse uno sguardo fugace, poi si concentrò sulla strada.
«No, sto andando a fortuna»
«Cosa?? Yah yah, accosta! Guido io» istintivamente gli avvolsi il polso con le dita ma le ritrassi subito quando i suoi bellissimi occhi si posarono sulla mia mano.
«Secondo te ti farei mai rischiare la vita? Scemo, certo che so guidare.»
«Oh» le mie guance si riscaldarono subito.
Mi girai verso il finestrino, rimproverandomi per la mia stupidità.
«Sembravi così serio.»
«Tu invece così ingenuo.» Ridacchiò.
Feci il broncio, incrociando le braccia al petto, ma felicissimo di essere insieme a Jay.
«Chi era quel tizio?» Domandò imboccando la strada principale di Seoul, quella che portava verso la periferia, vicino la casa di Jimin.
«Nessuno. Un vecchio amico di quando ero piccolo.»
Jay annuì. «Non sembravi molto felice di vederlo»
«Infatti non lo ero per niente.»
«Come mai? Ti dava il tormento quando eri piccolo?» Chiese sinceramente interessato.
Feci di no con la testa. «No, in verità mi venerava. Eravamo migliori amici.»
«Hai un sacco di migliori amici tu»
Risi divertito.
«No, solo Jimin è sempre rimasto tale. Gli altri sono stati solo di passaggio nella mia vita.» Lo dissi un po' senza pensare.
Sapevo che Jimin non gli andava a genio e mi sarebbe piaciuto capire perché s'irrigidisse tanto quando il suo nome mi usciva di bocca, ma non ebbi il coraggio di chiederglielo. Lo osservai mettersi più dritto sul sedile, stringere forte il volante e inclinare la testa per guardare la strada con quegli occhi taglienti e gelidi. Il suo comportamento mutava ogni volta che c'erano altre persone in mezzo a noi, e questo mi rendeva un po' triste. Avrei voluto che lui e Jimin andassero d'accordo, ma al momento non sembrava possibile fargli fare amicizia.
«Sono di passaggio anch'io?» Chiese altezzoso.
Sbattei le palpebre con confusione. Jay non mi guardò un solo secondo, sembrava infastidito, e in più avevo scoperto un nuovo lato del suo carattere: era molto permaloso.
«Non ho detto mica questo. Parlavo delle persone del passato che hanno fatto parte della mia vita fino a oggi.»
«Ed è rimasto solo Jimin?»
«Sì...»
Jay accelerò un po', andava verso una meta sconosciuta.
«Sicuro che siete solo amici?» La domanda mi prese abbastanza alla sprovvista.
Tossicchiai in imbarazzo, nel frattempo agitai le mani in aria.
«Te lo assicuro! Siamo sempre e solo stati buonissimi amici. Non ho mai provato nulla per lui, e lui non ha mai provato nulla per me.»
«Sei davvero sicuro del contrario?»
Mi stava lasciando senza parole. Ma come poteva credere possibile una cosa del genere?
«Ovviamente.»
Jay annuì. Parcheggiò l'auto in un posto molto alto di Seoul, dove si potevano vedere tutto il paesaggio mozzafiato della mia città. Scendemmo dalla macchina e camminammo vicino al bordo, dove l'erbetta alta dava la vaga sensazione di stare in un boschetto appartato. Non c'era nessuno a parte me, Jay, il cielo celeste e le bellissime nuvole bianche come zucchero filato.
«Wow» sussurrai perdendomi nella vastità di quei colori così accesi.
«Siamo abbastanza in alto.»
«Sì, riesco persino a scorgere la zona demilitarizzata.» Dissi sedendomi sul prato con le gambe incrociate.
Jay m'imitò. Si mise vicinissimo a me, e temetti davvero che riuscisse a sentire i battiti accelerati del mio cuore. Le guance si scaldarono immediatamente quando Jay si tolse la mascherina e si voltò verso di me con un sorriso indecifrabile dipinto sul bel viso delicato. Era arrabbiato, infastidito o semplicemente normale come al solito? Non riuscivo a spiegarmelo.
«Lavori li al confine?» Domandò.
Annuii impercettibilmente. «Sì.»
«Non hai paura che possa scoppiare una guerra?»
«Non credo accadrà. A volte vorrei tanto che le due Coree si riuniscano, non sopporto l'idea di dover considerare gli abitanti del mio Paese dei nemici da temere. È veramente triste.»
«Perchè questo accada c'è bisogno di cambiamento, sia da parte del sud che del nord.»
«Sì lo so, anche se penso proprio che sia il nord a dover cambiare la loro politica. La dittatura non funziona.»
Jay mi scoccò un'occhiata, poi si perse a osservare il paesaggio.
«Che ne sai? Non ci sei mai stato.» Rispose rilassato.
Si sdraiò sull'erbetta con le mani sotto la testa e una gamba incrociata sull'altra.
«Questo è vero, ma sinceramente non credo di desiderarlo. Io amo la libertà che ho nel mio paese, non vorrei cambiarlo con nessuno.»
«Comprendo.»
Ci fu un secondo di silenzio; una farfalla variopinta si fermò a riposarsi sul naso di Jay e lui rise come un bambino mentre la osservava fermo e immobile per non farla scappare via. Approfittai della sua distrazione per scattargli una foto. L'ombra che si creava sul suo viso delicato lo faceva sembrare un ritratto fatto a matita, l'opera d'arte migliore di un artista che disegna solo le sensazioni meravigliose che gli suscitano delle persone sconosciute, incontrate per caso in strada. Non potevo fare a meno di pensare che il sorriso imperfetto di Jay fosse la cosa più bella che avessi mai visto. Era l'unica caratteristica che in qualche modo riuscivo a collegare a Jungkook, l'unica familiarità a non farmi male. Fino a quel momento qualunque cosa mi ricordasse il mio piccolo migliore amico mi aveva ferito in maniera irreversibile, mentre i denti sporgenti di Jay rendevano il suo ricordo più vivo che mai.
Mi distrassi così tanto dai miei pensieri che non mi accorsi di Jay, adesso seduto a gambe incrociate vicinissimo a me. Sbattei le palpebre mentre la faccia iniziava a scaldarsi e lui, cogliendomi del tutto di sorpresa, mi spostò i capelli da davanti gli occhi con un dito.
«Tu sei una persona che suscita l'interesse della gente. Il tuo continuo distrarti e meravigliarti delle cose del mondo mi fa veramente sentire una strana sensazione, come se fossi felice senza avere un vero motivo.» Disse guardandomi dritto dritto negli occhi.
Ma che gli prendeva? Mi stava facendo sentire in imbarazzo. Nascosi lo sguardo, mi mancava il coraggio di guardarlo negli occhi ed evitare le mie gambe, le mani e persino il cuore, mi tremassero.
«Ma allo stesso tempo sei malinconico e triste, come il quadro bellissimo di un paesaggio sotto la pioggia. Mi chiedo quali pensieri si nascondino dentro la tua testa, quali fantasie e quali dubbi ti rendino tanto sereno, ma anche tanto afflitto.» Aggiunse mettendosi in piedi e scrollandosi di dosso l'erba e il terriccio.
Ero senza parole. Fissavo la sua figura imponente, davanti a me, mentre si stiracchiava e la mia mente fu invasa da lui, dal suo sorriso, dal suo corpo. Aveva veramente capito tutto di me, nonostante mi conoscesse così poco?
«Ma tu non mi dirai nulla di te, vero?» Domandò sorridendo.
Il suono della sua voce mi aiutò a riprendermi. Mi alzai anch'io da terra, e camminai verso di lui che mi osservava con le mani dentro le tasche dei jeans, il viso baciato da sole.
«Non c'è molto da sapere, in realtà. Tutto quello che sono l'ho sempre dimostrato alle persone di cui mi fido.» Dissi a bocca asciutta.
«Non sono tra queste persone, allora»
«Cosa dici? Solo Jimin mi conosce nella stessa maniera in cui mi conosci tu.»
Era un po' una bugia. Jimin sapeva anche di Jungkook, ma in qualche modo non volevo che Jay lo scoprisse. L'ultima cosa che desideravo era che pensasse cose strane di me, perché insomma quale persona al mondo resta ancorato a un amico scomparso diciassette anni prima e si ammala per questo? Avrebbe creduto che fossi uno stupido, un bambino capriccioso. Forse le parole di mio padre avevano un senso, forse mi comportavo davvero in modo infantile.
«Eppure c'è qualcosa che si nasconde nei tuoi occhi. Sembra quasi un'ombra, che s'ingigantisce di giorno in giorno.»
Mi strinsi un labbro. Quanto avrei voluto rivelargli ogni cosa di me... Se solo non avessi avuto così tanta paura.
«Solo un passato che sto cercando di dimenticare» feci il vago.
Jay rimase in silenzio. Forse non voleva essere invasivo, né rattristirmi, ma cambiò discorso subito. Mi diede le spalle e iniziò a passeggiare, io rimasi alle sue spalle, triste alla sola idea che potesse offendersi per via dei miei segreti.
«Taehyung, sei troppo fragile comunque. Prima, se non ci fossi stato io, quel tuo amico avrebbe continuato a stritolarti il braccio fino a quando non gli avresti dato ciò che desiderava.»
«Cosa? Yah, guarda che non volevo fargli del male. Ti ricordo che sono nell'esercito, conosco il taekwondo e il Ju-Jitsu.»
Jay si fermò, e con un sorriso smagliante si girò a guardarmi mentre lo raggiungevo di corsa. Mi sentii leggero nel vederlo tanto spensierato, significava che non si era offeso.
«Davvero? Dai allora mostrami le tue capacità» disse mettendosi in posizione di combattimento.
«Potrei farti male. E poi non sarebbe equo»
Jay ridacchiò. «Ma per chi mi hai preso? Conosco la boxe, non preoccuparti di farmi male. Anzi, fossi in te mi preoccuperei della tua d'incolumità»
Mi fece segno con la mano di attaccare per primo. Allora ci divertimmo a combattere, ovviamente in maniera amichevole, seguendo ognuno il nostro stile. Ridemmo un sacco mentre sudavamo sotto il sole cocente di fine giugno, mentre sferravamo colpi a destra e a manca.
«Ehi, non vale!» Esclamai quando Jay mi fece lo sgambetto.
Mi parve di star per cadere a terra, ma lui mi mise una mano sulla schiena e attutì la mia scivola, ma mi costrinse a chiudere gli occhi quando vidi il suo pugno avvicinarsi velocemente alla mia faccia, anche se il colpo non avvenne. Lo guardai quando lo sentii ridacchiare, il volto a pochi centimetri dal mio che mi fece subito arrossire.
«Pensi che potrei mai farti del male?» Domandò poggiandomi a terra, offrendomi poco dopo la mano per aiutarmi ad alzarmi.
Con un sorriso l'afferrai, camminando insieme a lui, tutto dolorante, verso la mia macchina.
«Hai detto di conoscere la boxe, non anche il Wing Chun» mi lamentai massaggiandomi un fianco mentre riprendevo, istintivamente, il posto da passeggero nella mia auto.
Jay alzò le spalle mentre saliva dall'altro lato. «A volte si deve mentire, così l'altro darà il meglio di sé» mi fece un occhiolino.
Mise in moto l'auto e partì. Ero accaldato e dannatamente contento, anche se i dubbi su come si fosse comportato l'ultima volta che ci eravamo visti, quando rimasi tutta la serata a casa di Jimin, continuavano a tormentarmi. Mi voltai a guardarlo mentre, tutto attento alla strada, guidava tranquillo e cercando il coraggio dentro di me mi misi più comodo e catturai la sua attenzione.
«Posso farti una domanda, Jay?»
Il ragazzo parve irrigidirsi, ma fece un cenno della testa senza guardarmi un attimo.
«L'altra volta sei scappato subito via, quando mi hai aspettato tutto il pomeriggio. Mi chiedevo solo se ti sei infastidito per qualcosa che ho fatto, o detto.»
Jay si voltò un attimo, poi sorrise e guardò di nuovo la strada. «Ma no, era solo tardi»
«Ti ho offerto un passaggio ma l'hai rifiutato. Pensavo davvero fossi arrabbiato con me.»
«Non mi piace recare disturbo alle persone.»
Avevo come la sensazione che stesse mentendo, ma decisi di non insistere ulteriormente. Forse era stata davvero solo la mia impressione, per cui mi tranquillizzai e feci un sospiro di sollievo.
«Mi dai il tuo numero? Ci incontriamo sempre per via della fortuna, vorrei invece poter parlare con te e metterci d'accordo quando vogliamo vederci.» Lo sussurrai per paura di essere inopportuno, ma quando Jay disse:
«Sì, certo» e mi passò il suo contatto, mi parve di toccare le stelle con le dita.
Jay guidava in direzione di casa mia, mi ricordai un po' tardi che in quel periodo stavo da Jimin.
«Oh, sto da Jimin al momento. Se mi dici dove abiti, posso accompagnarti io e poi vado da lui» dissi spensierato, non accorgendomi che qualcosa era appena cambiata in quel momento, ovvero l'espressione di Jay.
Parcheggiò l'auto davanti a un negozio alimentari e si slacciò la cintura di sicurezza.
«Vai pure. Io compro qualcosa e torno a casa a piedi»
«Ma...» nemmeno il tempo di fermarlo, che lui scese e sbattè lo sportello.
Mi ritrovai per la seconda volta senza parole, fermo immobile a guardare il vuoto con mille teorie per la testa poi, di scatto, uscii anch'io dall'auto e corsi dentro il negozietto. Volevo cercarlo, chiedergli spiegazioni ma Jay non c'era, probabilmente aveva detto una bugia riguardo a dover comprare qualcosa, ed era invece subito corso in casa. Sospirai deluso, poi il cellulare iniziò a squillare distraendomi. Jay non poteva essere, non gli avevo dato ancora il mio numero. Risposi a Jimin che ero sulla via per il ritorno, non mi ero accorto che era già arrivata l'ora di pranzo e che i miei piani di preparagli da mangiare fossero sfumati via. Mentre guidavo verso casa Park provai a chiamare due volte Jay, ma non ottenni risposta e il mio malumore salì alle stelle! Chi capiva quel ragazzo era veramente bravo.
Quando suonai il campanello di casa Park fu il padre a venire ad aprirmi. Mi sentii subito in imbarazzo quando incontrai i suoi occhi marroni scuro, e temevo che fosse deluso per il mio comportamento della sera prima, quando avevo spinto Daehyun sopra il tavolo con tutte quelle persone a guardarci, ma inaspettatamente lui fece un sorriso caloroso e mi fece passare.
«Come stai oggi Taehyung?» Mi chiese mentre saliva insieme a me le scale che portavano all'appartamento di Jimin.
«Molto bene signor Park. Comunque vorrei scusarmi per ieri sera. Avrei dovuto contenere la rabbia piuttosto che fare tutto quel casino a casa sua, mi dispiace veramente» mi fermai per fare un inchino, ma il papà di Jimin mi mise una mano sulla schiena e mi diede della pacche affettuose.
«Capita a tutti di perdere le staffe, soprattutto con i tipi come Daehyun. Ha preso tutto dal padre! La prossima volta che farò un barbecue o un festino non li inviterò più» disse facendomi ridere di cuore.
Fummo interrotti da Jimin che uscì in corridoio e mi avvolse un braccio attorno le spalle. Discutemmo pochi secondi ancora prima che io e il mio migliore amico andassimo di sopra e il padre scendesse di nuovo le scale. Jimin osservò i sacchetti che avevo in mano, e con un sorriso accogliente mi tenne la porta aperta per farmi entrare. C'era un buon odorino di kimchi e zuppa di pesce, e il rammarico per non essere riuscito a preparagli il pranzo mi fece mettere su il broncio.
«Volevo prepararti il pranzo, ma mi hai preceduto.» Dissi, giù di morale, mostrandogli i miei acquisti.
Jimin fece un grande sorriso, ma quando si accorse che non lo ricambiai, né che aprii più bocca, si portò una mano sul fianco e mi guardò rattristito.
Ero così confuso. Io e Jay avevamo passato una bella mattinata, fatta di risate e confidenze che mi avevano reso veramente felice, e a un tratto il suo atteggiamento era cambiato. Scappava di nuovo da me, senza darmi una sola spiegazione che mi aiutasse a capire. Se solo avessi saputo cosa gli dava fastidio avrei evitato di farlo arrabbiare tanto, ma non si decideva a parlare e quando glielo chiedevo mentiva su ciò che stava succedendo: era solo tardi, ero solo stanco.
«Taehyung?» Jimin mi schioccò due dita davanti agli occhi.
Mi ritrovai a sbattere le palpebre e a fare un sorriso di circostanza.
«Mmh?»
«Sei distratto. Cosa è accaduto?» Mi chiese mentre ci mettevamo a tavola. L'odore delizioso della zuppa mi invase le narici, ma non stuzzicò la mia fame, ormai passata. Mangiai solo per non dare dispiaceri a Jimin.
«Nulla.»
Perso completamente nei miei pensieri mi misi a giocare con il cibo. Ogni tanto controllavo il cellulare in attesa di una risposta da parte di Jay, ma non c'erano notifiche al momento, o almeno notifiche che m'interessassero.
«Taehyung, stai dicendo una bugia»
«Eh?» Alzai gli occhi verso di lui e lo trovai a guardarmi con l'espressione di chi la sa lunga.
«Basta guardarti per capirlo, ormai so leggere il linguaggio del tuo corpo. Hai lo sguardo basso, giochi da più di cinque minuti con quella povera zuppa e hai una piccola ruga tra le sopracciglia che ti fa sembrare imbronciato. Sei ancora in collera per quello che è successo ieri sera con Daehyun?»
In imbarazzo abbozzai in un sorriso timido. «In un certo senso sì. Diciamo che questa mattina ero ancora molto arrabbiato per la questione di Daehyun. Poi sono uscito, e ho incontrato Jay»
Avrei dovuto rettificare dicendo di essere andato a cercare Jay come un pazzo per mezza Seoul, ma mentii per non rendere Jimin sempre più sospettoso, anche se ormai non aveva alcun senso raccontargli bugie.
«E...?»
«Mi ha difeso da Bogum. Instisteva per essere ascoltato, ma avevo paura che dicesse qualcosa su Jungkook e io non volevo rovinarmi l'umore. Io e Jay abbiamo passato tutta la mattinata insieme, sembrava tutto ok fino a quando non gli ho detto che al momento sto da te. Allora il suo atteggiamento è cambiato, è sceso dalla macchina ed è andato via.»
«Wow, è la prima volta in assoluto che ti confidi veramente con me su Jay» Jimin appoggiò io viso sulla mano, il cucchiaio a mezz'aria e gli occhi sul soffitto, come se stesse pensando a qualcosa di intelligente da dire.
Alzai gli occhi al cielo per l'affermazione che aveva appena fatto, ma rimasi in silenzio, con lo stomaco chiuso.
«Jay mi sembra abbastanza geloso di me, Taehyung» trasse in fine le sue conclusioni, alzando le sopracciglia con un espressione scocciata ma allo stesso tempo felice. Certo, lui credeva che a me Jay piacesse, pensare che fosse geloso dava modo alle sue fantasie di andare lontano, e anche alle mie.
Mi ritrovai quindi a tossire per l'imbarazzo, mentre lui metteva da parte il cucchiaio e incrociava le dita sotto al mento.
«G-gelosia?» Balbettai.
Jimin fece un cenno della testa. «Sì, gelosia. Non hai notato che la sua espressione diventa sempre rigida quando ci sono io con te? O almeno, la prima e ultima volta che l'ho visto è stato così. Me ne sono accorto immediatamente, e adesso che tu mi racconti questa cosa è chiarissima la sua gelosia nei miei confronti. Per questo non mi sopporta.»
«Blateri» dissi in imbarazzo, ma la mia testa non faceva che pensare alla possibilità che davvero Jay potesse essere geloso di Jimin, e tremavo alla sola idea. Jay m'interessava davvero sentimentalmente? Sembrava di sì, e non vedevo l'ora di poterlo guardare negli occhi e attenzionare veramente cosa succedeva dentro di lui quando parlavo di Jimin. Anche se avevo paura di starmi illudendo troppo, anche se temevo che Jungkook potesse essere geloso pure.
Jimin aveva il turno anche di pomeriggio, quindi rimasi da solo in casa sua dopo pranzo. Provai a inviare dei messaggi a Jay che però non ricevettero alcuna risposta, e mi sentii da solo in quella grande stanza dalle parete bianche, a fissare il soffitto come soprafatto da un senso di nausea che mi stava facendo venire voglia di vomitare tutta la bile ingurgitata nel corso di quegli ultimi mesi. Avrei voluto che mi dicesse dove fosse, lo avrei raggiunto di corsa, spiegandogli che non c'era nulla di cui essere gelosi per il mio migliore amico. . L'amicizia e l'amore non sono due sentimenti correlati, non per me. E venne sera, e ancora non avevo ricevuto alcuna risposta.
Sbuffai risentito mentre scrollavo il pollice sullo schermo del telefono, immerso nel buio della mia stanza. Jimin mi aveva fatto una cioccolata calda e l'avevamo bevuta insieme prima di andare a dormire. Erano passate tre ore da quando ci eravamo messi a letto, e nonostante fossero le quattro del mattino il sonno non ne aveva voluto sapere di raggiungermi. Mi faceva male la testa e la tensione che provavo alla sola idea che Jay non volesse più vedermi perché odiava i miei affetti non mi facevano stare tranquillo. Pensavo seriamente che l'unico modo per scappare da tutto quello che stava accadendo era dormire, e stavo per mettere via il cellulare e chiudere gli occhi, quando vidi una nuova foto di Somin insieme al suo ragazzo nuovo. Mi ritrovai a scattare in piedi in un secondo esatto, ecco dove avevo già visto Daehyun.

Ho inseguito le stelle|Taekook🦋Donde viven las historias. Descúbrelo ahora