Capitolo 12. Confini

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Capitolo 12. Confini
Pt2

"Take me to the sky"

Non so dove avesse comprato quei due abiti eleganti Jay, ma quando si vestì, dopo la doccia, andò via dicendo che sarebbe tornato più presto possibile

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Non so dove avesse comprato quei due abiti eleganti Jay, ma quando si vestì, dopo la doccia, andò via dicendo che sarebbe tornato più presto possibile. Dopo nemmeno mezz'ora eccolo che tornava, due buste in mano e un sorriso da bimbo dipinto in viso. Mi disse di non fare domande, e che aveva scelto la taglia ad occhio. Mi aveva preso un vestito blu, la camicia invece era bianca, il suo era uguale ma nero.
«A una serata tanto di gala non possiamo presentarci in jeans e maglietta. Dovevamo avere due bei abiti da sfoggiare in sala! E poi, non dimenticare che fingo di stare con te per non dover dare il mio numero all'hostess» mi fece un occhiolino, e io subito arrossii.
Jay stava benissimo con quei vestiti; di solito lo avevo sempre visto con i jeans, maglie larghe, capelli ribelli. Quella sera invece appariva elegante e stupendo, come quei modelli dei migliori brand che sfilano davanti a milioni di persone e fanno girare a tutti la testa. Era così che mi sentivo quando c'era lui intorno a me, con la testa in palla. Quando scendemmo nella hall, che dovevamo attraversare per arrivare alla sala dove si mangiava, alcune delle persone sedute lì, sulle comode poltrone, si voltarono a guardarci. Avevamo attirato l'attenzione di tutti, e mi sentii compiaciuto mentre una ragazza non riusciva a staccare gli occhi di dosso a Jay e lui, di nuovo, fece lo stesso giochetto di prima. Lei parve restarci male, la vidi fare il broncio mentre attraversavamo la soglia della stanza illuminata, situata pochi metri più in là. L'hostess di prima era lì, dava il benvenuto a chi arrivava e la vidi letteralmente spalancare la bocca mentre ci guardava arrivare. Jay si spinse un po' più lontano quella volta, intrecciò le dita alle mie.
Iniziai a tremare. Ecco, quel gesto mi aveva messo veramente in imbarazzo. In più, mi stava dando modo di continuare ad illudermi, ma al momento non importava. Volevo godermi la serata, perché grazie a lui ero stato tranquillo tutto il giorno, e gli ero veramente grato per questo. Se non provava veramente le stesse cose che io provavo per lui era irrilevante, perché nel suo piccolo era riuscito a farmi sentire amato, anche se per finta.
Un cameriere ci guidò verso un tavolo appartato, in un angolo della stanza, sotto la finestra che rifletteva la pioggia che batteva forte fuori dall'hotel. Tutto era molto romantico, il che creò altri film nella mia testa. Ormai era routine quotidiana, non potevo farne a meno. Sentivo l'esigenza di sentire Jay vicino, di toccarlo per vedere se fosse reale, e se nella realtà non potevo averlo, allora avrei sognato.
Ancora palpitante, avvertendo addosso la sensazione delle sue dita intrecciate alle mie, anche se ormai le aveva allontanate, presi posto in una delle due sedie e mi nascosi dietro il menù di pelle. Finsi di leggere, ma la verità era che non avevo il coraggio di alzare gli occhi e guardare Jay, in tutta la sua bellezza, ricambiare il suo sguardo. In un soppalco pochi metri lontano c'era un musicista che, suonando il violino, mi fece sentire rilassato. Era un bellissimo suono.
«Questa volta offro io. Hai già speso abbastanza soldi per oggi» balbettai, ancora rifugiato in quelle pagine piene di piatti.
Jay mi sfilò il meno di mano e io mi ritrovai scoperto. La mia faccia prendeva inesorabilmente fuoco, di nuovo. Dio, perché doveva comportarsi in quel modo?
«Te l'ho già spiegato. Ho proposto io questa gita, e io la pagherò tutta. Preoccupati solo di non far scoprire a quell'hostess la verità su di noi» scherzò.
Stavo per rispondere, ma Jay m'interruppe richiamando l'attenzione di uno dei camerieri. Scelsi una pizza, era la cosa più economica, non mi andava di continuare a fargli spendere troppo denaro, e lui mi copiò. Da bere avrei volentieri preso della coca cola, ma Jay volle strafare chiedendo la bottiglia migliore di vino rosso, e quando il ragazzo se ne fu andato con le nostre ordinazioni, Jay incrociò le dita sotto al mento e mi sorrise dolcemente.
«La pizza ti piace davvero, o l'hai presa solo perché devo offrirtela e non ti andava di farmi spendere troppi soldi?» Mi chiese, gentile e affabile come sempre.
Perché capiva sempre tutto di me?
«La pizza mi piace. Come mai l'hai presa anche tu?» Domandai a mia volta.
Jay fece spallucce. «È buona, e non la mangio da tanto tempo.»
«Si, concordo anch'io.» Jay rise, e io m'innamoravo sempre di più.
Abbassai gli occhi nuovamente, sbattevo, nervoso, il piede sul pavimento, e facevo tremare ogni cosa, ma non me ne accorsi. La tensione che avvertivo addosso non mi faceva stare affatto tranquillo, perché mi rendevo conto solo in quel momento che no, non avrei accettato che Jay non ricambiasse i miei sentimenti. A chi volevo prendere in giro? Avrei pianto come un bambino se lui non mi avesse amato. Era l'unica persona che mi rendeva felice, che mi faceva dimenticare del mondo, e se lo perdevo... Sarei stato inghiottito dal dolore. Per questo era meglio non dirgli nulla a proposito dei miei sentimenti, sarebbe stato un grosso errore che lo avrebbe fatto scappare via, e io non volevo assolutamente che accadesse. Ormai ero molto legato a lui, ne ero persino cotto.
I miei nervi si rilassarono tutti quando il tocco gentile di Jay si posò sulla mia gamba, fermandone il tremolio. Alzai gli occhi sui suoi, aveva un'espressione preoccupata e un amorevole sguardo che non mi lasciava mai. Strinse delicatamente il mio ginocchio, l'altra mano cercò la mia sul tavolo.
«Ehi, respira» bisbigliò.
Mi accorsi solo in quel momento che avevo trattenuto il respiro. Rilasciai l'aria e presi la caraffa piena d'acqua per versarmene un po' nel bicchiere, ma Jay mi precedette. La bevvi subito, sentendo di nuovo la vita scorrermi nel corpo. Non era stato un attacco di panico, era come se fossi entrato in uno stato di trance e avessi perso coscienza, anche se ero sveglio.
«Stai bene? Ci sono troppe persone qui? Vuoi tornare su in camera?» Chiese tutti di fretta, guardandosi intorno alla ricerca di un cameriere ma, quella volta, fui io a prendere la sua mano.
«Sì sto bene, e no, non voglio tornare in camera. Questo posto è bellissimo, voglio godermi la cena e la musica»
Jay parve pensarci sù, sembrava che non mi credesse. «ne sei veramente sicuro? Sei pallido»
«Sto bene» sorrisi mio malgrado, ma ero sincero.
Nel frattempo il cameriere ci portò il vino. Jay ormai pareva non essere più entusiasta di quell'alcolico e lo fissava come se fosse una bomba ad orologeria pronta a scoppiare. Stava addirittura chiamando qualcuno che potesse riportarlo indietro, ma lo fermai e stappandolo me ne versai una generosa quantità dentro il calice. Jay mi fissava, sembrava ancora alquanto preoccupato e fece un sorriso molto forzato quando lo assaggiai e dissi:
«È buonissimo» ingurgitandolo tutto in una volta.
«Sì?» Disse, un po' più rilassato.
«Devi assolutamente assaggiarlo!» Esclamai, e dopo aver versato anche per lui il vino riempì di nuovo il mio.
Inutile dire che, al quarto bicchiere, ero già ubriaco. Jay aveva provato a fermarmi, a togliermi di mano la bottiglia o il calice, rischiando di romperlo e fare un casino per terra, cercò di farmi bere un po' d'acqua e mi chiese di risalire in camera, così che potessi calmarmi. Mi convinsi a seguirlo quando la musica alta iniziò a spaccarmi i timpani e farmi dolere la testa. Jay mi teneva un braccio mentre attraversavamo la stanza per uscire, in quel momento mi accorsi che la stessa hostess di prima continuava a fissare Jay nonostante avevamo finto tutta la serata di stare insieme. Mi fermai a metà strada allora, mi liberai della presa del mio accompagnatore in un movimento così improvviso da prendere alla sprovvista Jay, e barcollai verso la ragazza che mi rivolse un cipiglio confuso.
«Yah yah, tu...» gli feci segno con la mano di avvicinarsi.
«Che cosa stai facendo, Taehyung?» Jay mi raggiunse e avvolse le dita sul mio polso.
Continuai ad avanzare, nonostante Jay tentasse di tirarmi verso la sua direzione.
«Jay non ti considera! Smettila di fargli gli occhi dolci, stai solo perdendo tempo»
Una risatina molto divertita mi uscì di bocca, ma non era dovuta alla situazione, era alcol dentro al mio corpo che mi faceva quell'effetto. Sicuramente il mio umore avrebbe avuto alti e bassi ancora di più, adesso che non avevo controllo delle mie azioni, ma in quel momento mi stavo divertendo così tanto a mostrare a quella ragazzina li che Jay non le sarebbe mai appartenuto, nemmeno il tempo di una scopata.
«Lui è molto ubriaco, lascialo perdere» Jay le sorrise gentilmente, così mi arrabbiai un po'.
Lo spinsi e barcollando me ne andai da solo nell'ascensore, ma non ebbi il tempo nemmeno di premere un solo bottone che mi sentii sollevare da terra. Jay pensava fossi un sacco? Perché mi issò sulla sua spalla come se non pesassi nulla e raggiunse le scale. Stavo ridendo a crepapelle, anche se ero ancora arrabbiato con lui. Gli diedi dei leggeri pugni sulla schiena, nel frattempo gli dicevo di mettermi giù, ma non mi diede ascolto e salì per interi piani con me addosso.
«M-mettimi giù. E poi perchè hai preso le scale? Con l'ascensore saremmo già arrivati.» Dissi su di giri.
«Sei così ubriaco che non hai letto la scritta "guasto" appesa sulle porte.»
«Sono in grado di camminare, comunque. Mettimi giù e torna dalla tua bella hostess, credo ti stia aspettando adesso che hai fatto il gentile con lei.»
«Cosa?»
«Sì. Pensavo fossi freddo con tutti tranne che con me, invece mi sa che mi sbagliavo di grosso.»
«Non capisco di cosa stai parlando. L'hai offesa e ci è rimasta male, che cosa avrei dovuto fare? Dirle che hai ragione, davanti a lei?» Aveva appena iniziato a salire una nuova rampa di scale.
Mi chiesi come riuscisse a farlo con me sulle sue spalle, ma poi mi ricordai dei suoi muscoli e mi sentii arrossire alla sola idea di rivederlo mezzo nudo. Ebbi la brillante idea di schiaffeggiarmi da solo, e Jay se ne accorse. Spalancò la porta della stanza, e mi buttò sul letto, ma perse l'equilibrio e quasi mi cadde addosso. Chiusi gli occhi, temevo che avremmo sbattuto le teste, e invece il colpo non avvenne. Aprii piano piano le palpebre, e me lo ritrovai a un solo centimetro dal viso. Aveva le guance leggermente arrossate, sicuramente dovute al vino bevuto durante la serata, si reggeva sulle braccia muscolose e non spostava mai la sua attenzione da me. Io invece stavo per morire d'imbarazzo, e mi veniva molto difficile mantenere il contatto visivo nonostante mi sforzassi di farlo. Guardai altrove, sentivo il mio cuore battere troppo forte e mi rimbombava nelle orecchie, come se fosse attaccato a una grande cassa. Mi chiesi se anche lui riuscisse a sentirlo, ma la testa mi girava per cui non ci rimuginai troppo. Erano solo fantasie dopo tutte, giochi creati dalla mia mente. Pensavo che Jay si sarebbe spostato prima o poi, ma sembrava che non si fosse nemmeno accorta di essermi finito addosso e che era in quella posizione già da cinque minuti buoni.
«Quindi?» Sussurrò con la voce bassa bassa, facendomi venire mille brividi lungo braccia e schiena.
Trovai il coraggio di voltarmi, e incollai le mie iridi alle sue, la faccia bollente e tutto il mio corpo immobilizzato sotto la sua presenza possente.
«Quindi cosa?»
«Che dicevi a proposito di me e del fatto che guardo tutti con freddezza?»
«Sì, è vero. Ci ho fatto caso più di una volta, Jay. lo fai con Jimin, con la ragazza che si è fermata a parlare con noi in caffetteria, con tutti quelli che si mettono in mezzo a noi. Vedo sempre la tua espressione cambiare di colpo, ma questa volta non è accaduto. Hai trattato bene quella tipa. Ti piace? Mi chiedo allora perché mai hai voluto farle credere che stiamo insieme.»
Jay mi guardava attentamente. «Sei ubriaco, Taehyung.»
«No, sono innamorato.»
Le parole mi scapparono di bocca prima che me ne rendessi conto. Jay spalancò gli occhi, poi le labbra, mostrando i denti sporgenti che mi ricordavano tanto di Jungkook. Gli misi una mano sul petto, con l'intenzione di allontanarlo da me e mettermi in piedi, ma lui non me lo permise. Mi prese la mano e me la strinse all'altezza del suo cuore.
«Di che cosa stai parlando?» Domandò a bocca asciutta.
«Parlo del fatto di essermi presa una cotta per te. Ecco di cosa parlo»
Mi morsi un labbro appena conclusi la frase. La mia testa e tutto il mio corpo mi stavano spingendo da lui, ma rimasi inchiodato al materasso. La sua espressione era indecifrabile, come se stesse cercando dentro di lui le parole più gentili che possedeva per farmi sapere che per lui non era lo stesso, e sinceramente non mi andava di ascoltarle. Allora cercai ancora una volta di spingerlo via, solo che mi mancavano le forze e non riuscii a farlo smuovere nemmeno di un passo.
«Perché ti comporti in questo modo?» Domandai indignato.
«In questo modo come?»
Ma non si stancava a reggersi sulle braccia per tutto quel tempo? Io sarei già crollato.
«Come se ricambiassi i miei sentimenti. Lo fai da tempo ormai, ho persino pensato che fossi geloso di Jimin e che era proprio per questo motivo che non lo sopporti. Ti comporti sempre in maniera gentile con me, sei protettivo e premuroso. Mi hai portato al mare oggi, ti sei persino messo a fingere di essere il mio ragazzo, intrecciando le mie dita alle tue, stringendomi a te. Mi stai solo illudendo?»
«No, Taehyung io...» stava per rispondere, ma avevo paura di ciò che poteva dire, quindi gli parlai di sopra.
«Sono uno stupido. Non avrei mai dovuto bere, mi sono reso vulnerabile e adesso ti sto raccontando ogni cosa di me. Vorrei poter sparire in questo momento.» Riuscii a sgattaiolare da sotto il suo corpo e finalmente mi misi in piedi.
Non ero ancora lucido per niente, e mentre faceva avanti e indietro per tutta la stanza barcollavo come uno scemo. Mi scoppiava anche la testa, e gli occhi mi bruciavano di lacrime perché non riuscivo ad accettare il fatto di essere stato rifiutato. Non che lo avesse specificato a parole, ma bastava il suo silenzio per capirlo. Jay era troppo buono, non mi avrebbe mai ferito per cui volevo evitare che si sentisse in colpa o in pena per me. Allora misi addosso il più falso dei sorrisi, e con coraggio affrontai la situazione di buon grado, anche se mentendo.
«Però non fa nulla Jay, davvero. Sapevo che mi stavo cacciando in una situazione più grande di me, e poi sono sicuro che è una cosa del tutto passeggera. Il fatto è che sei un bel ragazzo, ed è difficile restare lucidi quando una persona come te ti gironzola sempre attorno.» Iniziai.
Jay fece in passo in avanti, stringeva un pugno e mi osservava con freddezza. Ecco, se ne sarebbe andato via. Lo avevo detto, no? Avrei dovuto evitare di raccontargli dei miei sentimenti, sapevo che sarebbe andata a finire così. Ero stato uno stupido!
«Avevi detto che non ero di passaggio io.» Rispose a denti stretti.
Forse era l'alcol che ampliava tutto, ma mi sembrava di sentirlo veramente arrabbiato dopo quello che avevo detto. Scossi la testa, sentivo tutto il vino risalirmi su per la gola, ma chiusi gli occhi e mi appoggiai al muro più vicino.
«Non sei tu a essere di passaggio. Lo sono i miei sentimenti, credo. Insomma, sono sempre stato etero. Può essere che non abbia mai considerato la bisessualità?» Pensai ad alta voce.
Stavo dando i numeri, un attimo prima mi veniva da piangere e quello dopo ridevo come un idiota di qualcosa che non era assolutamente divertente. Forse stavo solo cercando di trattenere le mie lacrime, ma in quel modo stavo risultando frivolo e superficiale come un bambino.
«Sei proprio ubriaco, Taehyung. E poi, ti rendi conto che non mi hai fatto dire una sola parola riguardo a questa situazione?»
«Perché so cosa dirai.» Abbassai gli occhi, sentendo una spina conficcarsi nel mio petto e arrivare fino in fondo. Faceva malissimo.
«E cosa? Tu dici sempre di arrivare alle soluzioni meno plausibili, forse anche questa volta hai ragione.» Disse facendo un passo verso di me.
«Che cosa vuoi dire?» Chiesi sentendo il cuore fare sempre più male.
Avevo ragione riguardo ai suoi sentimenti, era così no?
«Questa mattina hai detto che sei arrivato a una conclusione poco plausibile quando hai pensato al perché mi fossi tanto arrabbiato dopo che mi hai detto di stare da Jimin, ricordi?»
«Sì forse. Non capisco dove vuoi arrivare però»
«La conclusione plausibile qual è? Perché se credi che io sia geloso di Jimin...» disse ma lo interruppi nuovamente.
«Non parliamone più. È già abbastanza imbarazzante senza che tu ti giustifichi.»
Volevo chiudermi in bagno, sciacquarmi la faccia e stare un po' da solo, evitando così di sentire quella vergogna che risaliva dalle parti più profonde di me, ma Jay non aveva intenzione di lasciami da solo. Mi ritrovai ancora una volta a fermarmi, perché lui aveva preso la mia mano, facendomi indietreggiare di colpo, fino a farmi sbattere nel muro vicino. Di nuovo non avevo via di scampo, ancora mi costrinse a guardare quei suoi occhi bellissimi e scuri come la notte. Non aveva alcuna pietà per me.
«Adesso fermo tu ad ascoltarmi, e non osare muoverti da qui» disse.
Era leggermente più alto, per cui dovetti tenere la testa alzata verso la sua mentre mi bloccava tutte le vie d'uscita, intrappolandomi tra la parete e il suo corpo scolpito.
«Non ho bisogno di sentire le tue scuse, stai tranquillo. Non ce l'ho mica con te e...»
«Vuoi chiudere quella boccaccia per soli due minuti?» Alzò leggermente la voce.
«Yah ma come ti permetti?» Risposi offeso.
Jay alzò gli occhi al cielo, poi fu tutto molto veloce; mi mise una mano sul collo e posò le sue labbra sulle mie, facendomi spalancare gli occhi fino a sentirli lacrimare. Un tuono attraversò la stanza, subito dopo illuminata da un fulmine luminosissimo. Fu un bacio veramente dolce, non invasivo, non troppo poco casto. Era quasi come sfiorare il cielo, solo con un dito. Odorava di cose buone; libri, terra bagnata, fiori selvatici, candele profumate, frutta esotica.
Durò in minuto, forse due. Quando si staccò fece un sospiro, si passò una mano in mezzo ai capelli e si toccò le labbra con un leggero sorriso dipinto in volto.
«È vero.» Disse all'improvviso.
Ero ancora scombussolato, tremavo persino. Mi aveva appena baciato?
«È-è... è vero cosa?»
«Ero, e sono, geloso di Jimin. Ma tu sei un logorroico del cazzo che non lascia spiegare le persone, e preferisce trarre le tue conclusioni da solo, blaterando cose senza senso e facendo di tutto per farsi mandare al diavolo. Se non fosse che sei tanto bello me ne sarei già andato, lasciandoti qui da solo con le tue congetture.»
«Non... non credo di capire.» Risposi mettendomi una mano sul petto.
«Certo, perché non ascolti! Come puoi capire cosa sto dicendo, se continui a parlare da solo? Diamine, non ti facevo tanto stupido.»
«Jay, non mi stai spiegando un bel niente! Oh no, forse sono ancora ubriaco. Aish» mi misi le mani in mezzo ai capelli.
Sbuffò scocciato, allora mi zittì.
«Se apri di nuovo quella bocca, giuro che ti mordo la lingua.»
«Non è una cattiva idea» dissi senza pensare.
«Taehyung!»
«Ok scusa! Ti ascolto»
«Hai avuto ragione sul fatto della gelosia, Jimin non lo sopporto perché tu lo consideri il tuo migliore amico, e io in qualche modo volevo tenerti tutto per me, e...»
«Ma Jimin è un ragazzo d'oro, ed è l'unico amico che mi è sempre rimasto accanto. Vorrei che ci andassi d'accordo, perché voi due siete gli unici che mi rimanete e...»
«Ok Taehyung, per spiegarti devo ricorrere ad altro. A mali estremi, estremi rimedi» si tolse la giacca e la lanciò sul divano, poi fece fare la stessa fine alla camicia bianca, mettendo in mostra la tartaruga scolpita sul suo addome.
«Yah, che stai facendo?» Dissi tutto rosso in viso mentre si avvicinava a me.
«Vuoi che ti spieghi i miei sentimenti? Questo è quello che provo» il bacio che mi rubò, quella volta, fu più passionale.
Mi morse le labbra con ardore mentre entrambe le sue mani si posavano sui lati del mio viso, spingendomi verso il materasso. Poggiò un ginocchio sul letto, in mezzo alle mie gambe, e le sue dita si avvolsero all mia cravatta, la strinse in un pugno e tirò, così eravamo di nuovo vicini.
«Adesso l'hai capito?» Sussurrò.
Smarrito scossi la testa. Stavo sognando, o avevo le allucinazioni per via dell'alcol?
«Sei proprio scemo» aggiunse nello stesso tono di voce basso, slacciando il nodo della cravatta e gettandola sul pavimento.
«A-aspetta Jay, parliamone» Balbettai mentre indietreggiavo aiutandomi con i polsi sul materasso e lui mi raggiungeva con uno sguardo tagliente e bramoso di prendermi e farmi tutto ciò che voleva.
«Parlare? Ci ho provato, ma tu apri continuamente la bocca» mi morse il collo, poi ne succhiò la pelle con talmente tanta violenza da farmi male, ma non riuscii a trattenere i gemiti mentre giocava in quel modo con me.
«Però... così...» il mio respiro stava diventando pesante.
Jay mi baciò di nuovo con passione, poi si fermò. Mi prese una guancia tra le dita e sorrise con i suoi soliti modi gentili.
«Questo è quello che sento, quello che volevo dirti a parole ma mi hai costretto a mostrare con i fatti. Non andrò oltre, voglio che tu sia sobrio. L'unica cosa che desidero adesso è dormire di fianco a te, abbracciati. Se domani i tuoi sentimenti non sono cambiati, facciamo quel passo.» Sussurrò a un centimetro delle mie labbra.
Annuii, anche se desideravo baciare quelle labbra ancora una volta. Jay spense la luce, poi avvolse le sue braccia attorno a me, e si addormentò con il mento appoggiato alla mia spalla. Anch'io chiusi gli occhi, inebriato dal suo odore buonissimo e accogliente; sapeva di casa, sapeva di un luogo caldo dove andare a rifugiarsi quando il mondo ti remava contro, ma quella quiete era destinata a durare veramente poco.
A svegliarci quella mattina fu una telefonata inaspettata. Ero assonnato quando presi il cellulare, non lessi nemmeno il nome del contatto.
«Pronto?» Mormorai.
La testa di Jay era appoggiata al mio petto, e sorrisi accarezzandogli i capelli quando, a un tratto, scattai così forte dal letto da svegliarlo.
«Maggiore Jun!» Esclamai mettendomi più dritto.
Jay mugugnò qualcosa di incomprensibile, si girò dall'altro lato e continuò a dormire.
«Capo Kim, è richiesta la sua presenza qui al confine. Per favore, arrivi il più presto possibile.» La sua voce era preoccupata, il mio cuore batteva fortissimo.
«Sissignore! Ma cosa è accaduto?» Dissi mettendomi in piedi.
Cercai i miei pantaloni, nel frattempo mi chiesi perché avessi dormito in mutande e quale strana magia era accaduta durante la notte.
«I dettagli sulla questione verranno rivelati quando sarà qui. Ci vediamo più tardi.»
«A più tardi, maggiore Jun» riattaccai, nel frattempo abbottonai i pantaloni e aprì le tende, facendo entrare la luce del sole dentro la stanza. Per fortuna il temporale si era calmato.
«Jay dobbiamo andare, svegliati» dissi ad alta voce.
«Che cosa succede?» Chiese assonnato.
Si mise seduto sul materasso, con i piedi ben saldi a terra e, notando che anche lui fosse senza pantaloni, arrossii di botto.
«Non so, mi hanno chiesto di tornare immediatamente al confine. Non so cosa è successo, dobbiamo sbrigarci.» Borbottai timido.
Jay annuì, sembrava non avesse capito del tutto cosa avevo detto e si vestì con gli occhi ancora chiusi.
«Jay, toglimi una curiosità» dissi accaldato.
«Mmh?»
«Questa notte, noi due, cosa abbiamo fatto?»
Jay si fermò. Mi guardava con il cuscino stampato ancora in faccia e sbatteva le palpebre assonnato.
«Niente, credo»
«Credi?»
«Sì, credo»
Decisi di non ribattere ulteriormente. Non ricordavo bene la serata e se ci pensavo mi veniva d'impazzire.
Al ritorno fui io a guidare la macchina. Andai un po' troppo velocemente, ma ogni tanto gettavo l'occhio su Jay, addormentato accanto a me. Mi si riempì il cuore di tenerezza guardando le sue guance gonfie e rosse, e mi sentii leggero leggero, anche se ancora abbastanza preoccupato per la chiamata che avevo ricevuto. Era veramente strano, dal tono del maggiore Jun al fatto che avesse anticipato il ritorno a lavoro di due settimane. Cosa era accaduto? Speravo solo fosse qualcosa di non troppo grave, anche se avevo una brutta sensazione che mi faceva venire la nausea all'altezza della bocca dello stomaco. Quando fummo arrivati a Seoul svegliai Jay, gli dissi di dirmi il suo indirizzo, così lo avrei potuto accompagnare ma lui rispose che preferiva scendere lì in centro, così avrebbe potuto comprare qualcosa da mangiare prima di tornare a casa che, a detta sua, si trovava a qualche isolato da lì. Mi salutò con un veloce bacio sulla guancia che mi fece tremare, poi scomparve in mezzo alla folla. Tornare a casa mia fu più difficile di quanto pensassi. Avrei preferito che la nostra piccola vacanza durasse ancora per un po', ma il dovere mi chiamava e avevo paura di scoprire perché avesse tanta fretta. Indossare la mia divisa da ufficiale fu un tuffo al cuore; era la prima volta che la mettevo dopo essermi ricordato di Jungkook, sentii una strana sensazione di vuoto che mi fece barcollare leggermente. Ma decisi di scacciare via il malumore. Mi rimisi in auto e guidai verso la mia meta.
Mi accorsi subito che metà dei miei soldati erano stati richiamati pure, mi rivolsero il saluto militare non appena misi piede nella zona demilitarizzata.
«Che è successo ragazzi? Sapere perché il maggiore ci ha radunati qui?» Chiesi.
Il caporale Park mi fece un cenno. «Sì capo. Pare ci sia un infiltrato nordcoreano qui a Seoul. È stata ritrovata una spilletta rossa che raffigura i due dittatori più importanti del Nord Corea in una caverna qui vicino. Pare che colleghi i due paesi.»
«Cosa?!»
Esclamai sbalordito, ma fummo interrotti dall'arrivo del maggiore Jun, e ci zittimmo tutti mentre camminava verso di noi. Cosa diamine stava accadendo?

Ho inseguito le stelle|Taekook🦋Where stories live. Discover now