Capitolo 13. Ansie

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Capitolo 13. Ansie
Pt2

"On my pillow, can't get me tired.
Sharing my fragile truth, that I still hope the door
is open.
'Cause the window opened one time with you and me.
Now my forever is falling down, wondering if you'd want me now.
How could I know, one day I'd wake up feeling more? But I had already reached the shore. Guess we were ships in the night. I'm wondering, are you my best friend? Feels like a river is rushing through my mind. I wanna ask you, If this is all just in my head. My heart is pouting tonight, I wonder...
If you are too good to be true, and it would be alright if I put you closer"

Ed effettivamente così fu, già dal primo secondo quando, faccia a faccia, un sorriso da bambino gli spuntò in viso, mostrando i denti sporgenti e bianchi

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Ed effettivamente così fu, già dal primo secondo quando, faccia a faccia, un sorriso da bambino gli spuntò in viso, mostrando i denti sporgenti e bianchi. Mi sentivo però un po' a disagio, a dire il vero. Non sapevo come comportarmi, non avevamo parlato di niente dopo i baci rubati in hotel, e temevo di fare qualcosa di un po' avventato per cui, anche se riluttante, alzai semplicemente una mano un aria e lo salutai, con le guance rosse rosse e il solito tremolio a gambe e cuore, poi mi fermai e, impacciato, spostai il mio peso da un piede all'altro, nervoso. Jay fece un sorriso a mezza bocca, poi mi afferrò un polso e mi tirò verso di lui, non con violenza, solo con tanta voglia di abbracciarmi forte sotto un manto di stelle luccicanti, che illuminavano casa Park come miliardi e miliardi di lucine artificiali. Lo strinsi a mia volta, assaggiando quel benessere magico che solo lui riusciva a conferirmi. Incontrarlo era stata una vera e propria benedizione, mi chiedevo ancora se non fossero state le stelle a portarlo da me, a guidarlo nella notte, ad avermi trovato. Ringraziavo con tutto me stesso il giorno in cui noi due ci siamo incontrati, per caso, in ogni angolo di Seoul, come due anime destinate ad appartenersi e graziate dall'universo. Mi accorgevo solo in quel momento, che da un paio di giorni la mia asma si era placata, e so che è un po' infantile dirlo, ma ero sicuro che fosse stato proprio Jay ad aiutarmi a sentirmi vivo; con lui erano spariti i problemi, le ansie e le paure. Certo, non avrei smesso di cercare Jungkook negli occhi degli altri, nei difetti e nei pregi di chi incontravo, ma grazie a Kang Jay sarebbe stato tutto molto più leggero.
Mentre ci abbracciavamo, Jay mi accarezzò leggermente i capelli, in un segno affettuoso. Mi fece sentire a casa: lui stesso era la mia casa. Calda, accogliente e senza pareti, perché al loro posto c'erano alberi e fiori, un paradiso che solo io potevo assaggiare, un paradiso che mi apparteneva da cima a fondo. Una lacrima scivolò fuori dal mio occhio, e non era dolorosa per niente. Stavo piangendo di gioia, ma la asciugai immediatamente, nascondendo il viso nell'incavo del suo collo.
«Dove sei finito per tutte queste ore? Ammetto che mi sei mancato parecchio. Non vedevo l'ora che arrivasse la sera.» Sussurrò.
Ci staccammo dall'abbraccio e ridemmo nello stesso momento. Era una cosa bellissima, la leggerezza dell'amore.
«Problemi al confine. Oggi è stata una giornataccia, sono stato male tutto il pomeriggio.»
Jay annuì comprensivo, stava per chiedermi altro ma fummo interrotti da alcuni passi sull'erbetta umida e mi girai per vedere chi fosse. Jimin stava camminando verso di noi, aveva le mani dentro le tasche dei jeans e un sorriso molto dolce in viso. In fin dei conti lui non aveva mai mostrato astio nei confronti di Jay, si era ritrovato solo ad accorgersi di non essere ben visto da lui e ovviamente cercava di prenderla con filosofia. Guardai Jay irrigidirsi un po', ma vidi i suoi nervi rilassarsi quando il mio migliore amico gli porse una mano. Ci vollero parecchi secondi prima che lui si decidesse a stringerla, ma la ritrasse quasi immediatamente e guardò altrove, ancora geloso, ma stava migliorando!
«Credo che non ci siamo mai presentati bene. Io sono Park Jimin» disse lui nonostante Jay non lo stesse più degnando di un solo sguardo.
Mi venne un po' di ridere in verità, sembrava un bimbo capriccioso a cui è stato ritirato il suo giochino preferito. Sembravo io quando qualcuno tentava di portarmi via Jungkook.
«Kang Jay. Vorrei dire che è un piacere fare la tua conoscenza, ma mi sa che ti conosco già abbastanza per via di Taehyung, non fa che parlare di te.»
«Yah non montargli la testa! Poi mi tormenterà sennò» dissi con un broncio.
Jay si voltò a guardarmi, e un leggero rossore gli colorò le guance quando vide i miei sorrisi sinceri e spontanei. È grazie a te se sono tanto sereno, avrei voluto dire, ma lo conservai per dopo.
«Oh, veramente? Quindi sai molto di me, più di quanto mi aspettassi» Jimin mi rifilò una leggera gomitata nelle costole, ridendo come un bimbo carino.
Intravidi un leggero sorriso sbucare sulla bocca di Jay, ma lo cancellò prima che Jimin se ne accorgesse.
«So che sei un medico molto bravo e che sei stato tu a salvare Taehyung dall'asma. Per questo ti ringrazio. Se non ci fossi stato tu, non lo avrei mai conosciuto, e il senso di vuoto non si sarebbe placato.»
Mi soffermai un po' troppo sull'ultima frase che aveva detto; non me ne aveva mai parlato, e scoprire che si sentisse incompleto senza di me mi regalò una bella sensazione, all'altezza del petto.
Jimin fece spallucce, i suoi occhi erano grandi, profondi e sinceri.
«Tae è il mio migliore amico da sempre, non permetterò mai a nessuno ferirlo e fargli del male. Ero molto riluttante all'inizio, quando mi ha parlato di te per la prima volta, ma ho notato con piacere che il suo umore è migliorato di giorno in giorno da quando ci sei tu nella sua vita. Te lo sto affidando, per cui trattatalo sempre con riguardo.» Jimin s'inchinò, e per dire la verità le sue parole mi commossero.
Che quei due andassero d'accordo era la mia priorità, li volevo entrambi al mio fianco per sempre.
«Sei più interessante di quanto pensassi, Park Jimin. E su una cosa puoi stare tranquillo, proteggerò sempre Taehyung. Con me è al sicuro.»
«Sono felice di sentirtelo dire.» Disse Jimin con un sorriso.
Jay non lo ricambiò, ma nei suoi occhi vidi una luce diversa: la volontà di esaudire i desideri di Jimin, la volontà di proteggermi sempre, a tutti i costi. E non so, forse era dovuto ai problemi nati quella mattina, ma mi venne di piangere, però mi trattenni. L'unica cosa che desideravo era godermi quel momento, prima che mi fosse strappato tutto via dalle mani. Non c'erano certezze, e io avevo imparato a non avere più rimorsi.
«Adesso non voglio più disturbarvi. Andate pure! Volevo solo conoscerti» disse Jimin facendo un passo indietro e, dopo averci salutato, sparì dentro l'ingresso di casa sua.
Io e Jay ci incamminammo verso l'uscita di Villa Park, fianco a fianco, cuore a cuore. Non parlammo mentre passeggiavamo, ascoltavamo in silenzio i rumori degli animali che si trovavano lì intorno, in particolare quello degli uccelli notturni, che di informavano nella loro presenza.
«Dove preferisci cenare, Taehyung? Ho provato a fare una ricerca veloce dei ristoranti migliori dove poter mangiare ttaeokbokki ma me ne sono usciti così tanti che a un certo punto mi sono persino confuso. Seoul è un posto troppo grande per me» fece un sorrisino imbarazzato.
Quella sera non prendemmo la macchina, fu più divertente camminare insieme.
«Ne conosco uno che li fa così buoni da leccarsi i baffi»
«Veramente? Allora andiamo!»
Si trattava di un ristorantino appartato, nascosto in un vicolo strettissimo, in cima a una rampa di scala ripida. Ci sedemmo nel posto all'angolo, quello lontano dalla folla, e richiamammo subito l'attenzione di uno dei camerieri. C'erano poche persone in quel momento, e la TV accesa ricreava lo schiamazzo e i bisbigli della gente, facendoci compagnia. Dopo aver ordinato Tteokkbokki piccanti e coca cola, Jay mi spostò un ciuffo di capelli lontano dagli occhi e fece un sorriso carinissimo.
«I capelli fatti in questo modo ti stanno bene.» Sussurrò.
«Li faccio sempre così» dissi imbarazzato.
Jay rise. «Lo so. Era per dirti che sei bello a qualsiasi ora del giorno, e della notte. Questa mattina li avevi un po' arruffati, ma eri carino comunque. Credo che tu sia una di quelle persone che sono perfette anche senza privarci. Veramente bello»
«Così mi metti in imbarazzo» risposi tossicchiando.
«La verità va detta.»
«Grazie, Jay. Anche tu sei molto bello, comunque. Sono rimasto affascinato da te dal primissimo momento in cui ci siamo incontrati.»
Sorrise nuovamente, e non capiva che quando lo faceva io mi innamoravo di più.
«Oh, comunque cosa è successo questa mattina? Sei dovuto scappare di tutta fretta, e non ho adempito alla mia promessa.»
«Quale promessa?» Chiesi sorpreso.
Jay sbattè la palpebre, poi abbozzò in un'espressione imbarazzata.
«Eri troppo ubriaco per ricordertene, eh? Noi questa notte non abbiamo fatto niente, ci siamo scambiati solo dei baci e qualche azione un po' più spinta. Se non ti avessi fermato, saremmo andati oltre e allora, per essere sicuro che lo volessi davvero, ti ho detto di rimprovarci quando sarebbe stato giorno e la sbornia sarebbe passata»
«Ah» dissi con la faccia bollente e lo sguardo altrove. Tutto questo era così imbarazzante.
«Ma sei scappato via, e adesso i tuoi occhi sono diversi. È accaduto qualcosa?» Domandò mettendosi più dritto.
Potevo parlargliene, tanto sarebbe passato poco prima che la notizia divulgasse in tutti i telegiornali, per mobilizzare i cittadini alla ricerca, all'attenzione su persone sospette a piede libero a Seoul.
«Questa mattina... sono state ritrovate una spilletta e una divisa nordcoreana in una grotta a pochi metri dalla zona demilitarizzata. Dà sul mare, ed è nascosta» dissi a bassa voce.
Gli occhi di Jay si spalancarono, si portò le mani in mezzo ai capelli e se li spostò da davanti gli occhi, smarrito e confuso. Lo capivo, era stata la mia prima reazione dopo aver saputo di un infiltrato, e la paura che potesse accadere qualcosa mentre noi eravamo lì, a parlare tranquillamente, probabilmente aveva colpito anche lui.
«Dici sul serio?» Chiese senza voce.
Annuii. «Sì. C'era anche un budge, ma non si vede nulla se non che una J e dei capelli molto scuri. Insomma, potrebbe essere chiunque, potrebbe persino trovarsi qui dentro mentre noi ne siamo discutendo.» Mi portai istintivamente una mano sul cuore, l'ansia mi ballava nello stomaco una volta ancora.
«Si tratta di una spia?» Chiese spiazzato.
Alzai le spalle. «È molto probabile. Ma spero si tratti solo di un disertore da rieducare»
«Sì, speriamo»
Fummo interrotti dalla musichetta del notiziario, alzata di proposito dal proprietario del locale, intendo ad ascoltare le news di quella settimana. Il primo titolo a sbucare a caratteri cubitali sullo schermo fu proprio quello dei reperti ritrovati nella grotta; la signora che ne parlava attraverso lo schermo risultava abbastanza scossa.

«"Una spilletta rossa, una divisa militare e i resti di un budge. Sarebbero questi i reperti ritrovati stamattina, dai militari, nei pressi di una spiaggia seoulliana. La grotta collegherebbe la Corea del Sud alla Corea del Nord. È in questo modo che, si presume, un giovane ragazzo nordcoreano sia arrivato a Seoul, strisciando attaverso il passaggio basso e tortuoso. Il Capitano Kim Taehyung, alle ore dodici di questa mattina, ha consegnato gli oggetti al Maggiore Jun, che ha subito avvertito il giornale. Entrambi i generali non hanno rilasciato dichiarazioni"»

«Perchè non se ne stanno nei loro Paesi? Dannati disertori» sputò con rabbia il propietario del locale.
Jay fissava la televisione senza mai chiudere gli occhi, aveva la bocca leggermente aperta e le dita contenuavano a tormentare uno strappo sui suoi jeans.

«"La squadra dei poliziotti e l'esercito si sta già muovendo in ricerca di altri indizi. E in questo modo che, qualche ora fa, sono state rinvenute delle ossa sul fondo del fiume Han. Apparterrebbero a un bambino di sette anni, sarà l'autopsia a definirne identità e causa di morte. Secondo le fondi rilasciate dalla polizia di Seoul, potrebbe trattarsi di Jeon Jungkook, rapito il trenta dicembre del duemilacinque, o Park Il-Sun, sparito il quindici di gennaio del duemilasei. Si attende la scientifica e l'autopsia."»

In quel momento parve che le mie orecchie smisero di funzionare. I rumori divennero forti fischi, e la mia bocca si spalancò con sorpresa e orrore. Cercai di respirare, ma quando vidi la faccia inorridita di Jay voltarsi verso di me, persi completamente il controllo del mio corpo. L'aria divenne impossibile da respirare, i polmoni sembrava che stessero per scoppiarmi.
«Taehyung, ehi ehi» Jay mi diede dei leggeri colpi sul viso, cercando di farmi riprendere, ma invano.
Non respiravo più.
«Taehyung! Dov'è il tuo inalatore?» Jay si mise in piedi, e cercò la medicina all'interno delle tasche dei miei jeans.
«Chiamate un'ambulanza, presto!» Gridò aiutandomi a respirare dall'inalatore.
Non bastava. Non bastava. Mi rifiutavo di accettarlo. Meglio morire in quel preciso istante.
«Taehyung, non mi lasciare. Taehyung!»

Spazio autrice: Capitolo bonus per farmi perdonare 💞

Ho inseguito le stelle|Taekook🦋Where stories live. Discover now