Capitolo. 15 Familiarità

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Capitolo 15 Familiarità pt 1

"I can't breath, I'm so weak, I know that isn't easy"

"I can't breath, I'm so weak, I know that isn't easy"

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Il mondo è finito. È finito davvero.
Ho pensato veramente di non avere più alcun motivo per andare avanti, nessuna ragione importante che m'invogliasse a vivere. Jungkook era sparito per sempre, Jay se ne stava andando. Che restavo a fare a Seoul? Cosa c'era che mi legava ancora a quel posto? Con i miei genitori c'erano solo problemi su problemi, non avevo nessun amico all'infuori di Jimin, ma prima o poi anche lui si sarebbe fatto una vita, e allora ci saremmo visti di meno... ero completamente da solo.
Quando Jay pronunciò quelle terribili parole il mio mondo si spense, come se qualcuno avesse premuto un tasto che lo aveva subito silenziato. Le immagini davanti ai miei occhi, spalancati per la sorpresa e lo sconforto, parvero immobilizzarzi, sembravano tutte delle fotografie, belle ed eterne, che racchiudevano un passato meraviglioso della quale però dovevo dimenticarmi subito, perché non era destinato a durare a lungo. Ho sperato anche quella volta che si trattasse solo di un incubo terribile, ma il dolore nel mio petto era troppo forte per non essere vero. Istintivamente strinsi l'inalatore nella mano, facendo dei profondi respiri. Stavo annegando in me stesso, nei miei sentimenti e nelle piccole cose che mi facevano stare male; nessuno mi avrebbe salvato. Era finita.
«È stato tutto improvviso. I miei nonni non stanno tanto bene, e devo correre da loro. Credimi Taehyung, Seoul non mi piaceva ma da quando ti conoscevo stava diventando sempre più bella. Vorrei stare qui insieme a te, ma non posso.» Mentre sussurrava quelle parole mi accarezzava i capelli, ma io non lo sentivo bene; le mie orecchie si rifiutavano di ascoltarlo, non volevano accettare la dura realtà che mi stava mettendo davanti Jay. Andava via, tornava nella sua città, e questo mi stava distruggendo dentro e fuori.
«C-che cosa? No... non puoi farmi questo.» La mia voce era spezzata per i pianti sommessi trattenuti per paura di risultare frivolo e capriccioso come un bambino.
I suoi occhi m'imploravano di rendergli più leggero quel fardello, ma chi aveva bisogno di essere capito ero io; ero io a pretendere di non venire abbandonato, ero io a dovermi sentire più leggero, non lui, nessun altro.
«Ti prego... è veramente difficile per me prendere questa decisione. Stavo pensando di farlo via telefono così non avrei guardato i tuoi occhi tanto belli soffrire per me, ma il mio cuore faceva veramente male all'idea di non poterti salutare un'ultima volta. Sei, e sarai sempre importante per me.»
«No, non ci credo... non puoi abbandonarmi dopo quello che sto passando, non puoi!» Gridai afflitto, e con un movimento veloce e violento della testa allontanai la sua mano da me.
«Taehy-»
«Sei come gli altri! Mi fidavo di te... io...» Ecco, il pianto sommesso era sfociato in vera disperazione. I singhiozzi non mi permisero di respirare bene mentre cercavo dentro di me la forza di parlare, di sfogarmi, di liberarmi... ma non ci riuscivo.
«È difficile anche per me, credimi» provò a sfiorare il mio viso, ma mi rifiutavo anche di essere solo guardato da lui.
«Balle! Se fosse davvero così non te ne andresti. E invece... mi stai abbandonando nel momento più critico di tutti.» Singhiozzai.
Non c'era rimedio alle mie pene, non c'era gioa o felicità che potesse raggiungermi. Se andava via veramente il mio "per sempre" sarebbe crollato, e niente e nessuno avrebbe potuto ricostruirlo.
«Devo farlo. Devo tornare. Queste mesi insieme a te mi hanno fatto scoprire l'amore, un sentimento che mi rifiutavo di conoscere e percepire sulla pelle. Ti ringrazio per ciò che mi hai aiutato a diventare, ma non posso rischiare di farti ancora più male. Vedi il fatto che debba andarmene come un segno del destino, vuol dire che eravamo solo due barche nella notte.»
La morsa sul petto strinse ancora di più. Non volevo accettare quella dura realtà, non volevo pensare nemmeno che non ci saremmo mai più rivisti, che sarebbe sparito come un sogno bellissimo che non ricapiterà una seconda volta. Non ero pronto a dire addio al suo sorrisino carino, né ai modi gentili e dolci con cui mi trattava da quando ci conoscevamo. Un vuoto enorme mi bucava lo stomaco al pensier di lui lontano, in mezzo a una folla di sconosciuti che non mi permetteva di raggiungerlo; come avrei fatto a vivere senza le uscite con lui? Chi mi avrebbe aiutato a calmarmi nei momenti di panico? E chi soprattutto sarebbe riuscito a farmi dimenticare dei miei problemi? Jungkook, l'asma, la tristezza, la depressione, l'affanno... erano sensazioni che non provavo più da quando lo conoscevo, ma se davvero fosse partito, tutti questi sentimenti, mi sarebbero piombati addosso insieme e con notevole potenza. Ne sarei uscito a pezzi, un puzzle incompleto a cui manca un tassello, quello più bello e importante.
«Ti prego, non andare via. Mi sentirò morire giorno dopo giorno, lentamente e in maniera dolorosa. Non andare via, ti prego Jay» sussurrai, il viso ormai tutto bagnato dalle lacrime.
Jay rimase in silenzio, si portò due dita sugli occhi e se li massaggiò con stanchezza. Avrei dato via qualsiasi cosa pur di capire anche solo un minimo quel ragazzo. Non lo avevo mai conosciuto veramente fino in fondo, era sempre stato misterioso e intrigante, come un libro giallo che non riesci a smettere di leggere perché vuoi scoprire la verità... ecco, mi sentivo come se quel libro mi fosse stato appena strappato via dalle mani, senza darmi l'opportunità di finirlo.
«Il mio treno mi aspetta. È meglio così Taehyung,  credimi. Meriti solo di essere felice, ma sono sicuro che non sia io la persona che potrà rendertelo. Sono solo di passaggio, e non per colpa tua. Sono io a dover dire addio, anche se non vorrei farlo.» Sentii il tremolio nella sua voce, stava piangendo anche lui.
«Allora non farlo. Se non vuoi, resta qui con me» quella volta fui io a stringergli la mano, ma non bastava a fermarlo.
«Ciao Taehyung, stammi bene. Promettimi che non farai mai più delle scelte sconsiderate, e ti prego... lascia l'esercito» mi baciò una guancia, poi scese dall'auto e a passi veloci camminò verso la strada, dove fermò un taxi.
Ebbi bisogno di alcuni minuti per metabolizzare quello che era appena successo; fissavo il sedile vuoto con le lacrime che sgorgavano copiose dai miei occhi, e mi ritrovai a mettermi le mani in mezzo ai capelli quando capii: era davvero andato via.
Scesi come un pazzo dalla macchina, correndo con tutte le mie forze, le poche che mi rimanevano, verso la strada dove era sparito il suo taxi, ma di lui non c'era più traccia, era svanito nel nulla come un lampo al ciel sereno che aveva illuminato il mio mondo per veramente pochissimo tempo.
«No...Jay!» Gridai, prendendomi a pugni il petto, nel patetico tentativo di placare le fitte terribili che lo attraversavano, ma senza alcun risultato.
Il sole era a picco sulla città di Seoul, illuminava tutto quanto ma non riscaldata niente, soprattutto i pezzi del mio cuore che si erano persi in mezzo all'erbetta alta del prato in villa Park.
«Jay...» sussurrai, abbandonandomi alle mie emozioni, sedendomi a terra e nascondendo la faccia in mezzo alle mie mani tremanti.
Non so spiegare bene ciò che provavo dentro di me; mi faceva male la gola per colpa dei forti singhiozzi, il mio stomaco, ormai pieno di bile, minacciava seriamente di farmi vomitare ogni cosa, dai miei sentimenti a tutte le delusioni, l'amore, i baci rubati sotto la luna, gli imbarazzi e le belle cose che solo Jay era riuscito a farmi provare. La mia mente era buia, l'interruttore era saltato; sentivo solo una voce, lontana e ovattata ripetere le parole di Jay, e poi c'era il mio cuore... che stava per scoppiare. Anche lui si rifiutava di accettare quella situazione, batteva dolorosamente senza una vera ragione per farlo. Voleva arrendersi insieme a me.
Mi trascinai, come un verme, verso l'appartamento di Jimin dopo un'eternità indecisione plasmata alla mia poca voglia di vivere. I miei occhi erano gonfi e umidi, e sarebbe stato veramente difficile nascondere al mio migliore amico la verità, e non volevo nemmeno provarci in fin dei conti. Chiusi la porta, con l'intenzione di andare direttamente verso camera mia, ma Jimin mi aspettava in soggiorno e aveva un sorrisino malizioso stampato in volto. Mi sentii persino in colpa per quando mi avrebbe visto bene in faccia, perché inesorabilmente anche lui avrebbe sofferto insieme a me. Non ci volle molto infatti prima che la sua espressione cambiasse, e io... crollai di nuovo.
«Che c'è Taehyung?»
«Jimin-sshi» piagnucolai correndo a rifugiarmi tra le sue braccia calde e confortanti.
Non potevo crederci ancora, mi sembrava di essere intrappolato in una paranoia che aveva preso controllo della mia mente.
«Ehi...» Sussurrò il mio migliore amico stringendomi in un affettuoso abbraccio.
Mi lasciai coccolare da lui, anche se non serviva a niente.
«Mi ha lasciato Jimin, è tornato a Changwon» piansi sulla sua spalla.
«Cosa? E perché?» era arrabbiato e triste allo stesso momento.
«Ha detto che i suoi nonni stanno male... ma a me sembra tutta una scusa Jimin»
Il mio migliore amico mi strofinò le mani affettuosamente sulla schiena.
«Ti ha detto solo questo?»
«No... dice che non era destino, che non dovremmo stare insieme perché mi farebbe solo soffrire. Mi sembra di star affogando, e che abbia perso le capacità di nuotare. Presto affogherò»
«No, non è così. Non affogherai, Taehyung, perché ci sono io insieme a te.»
Mi staccai dall'abbraccio, passandomi le maniche della maglia sugli occhi, per asciugarli. Volevo un mondo di bene a Jimin, ma nemmeno lui poteva salvarmi. Non in quel momento almeno. Appariva difficile persino respirare bene, era come se I miei polmoni si fossero riempiti d'acqua.
«Vado a dormire» riuscii a dire, con la bocca secca.
«Taehyung...»
Ignorai Jimin e andai a chiudermi nella mia stanza. Il peso della situazione mi cadde addosso con più potenza quando rimasi solo: mi sedetti sul materasso, e con la testa tra le mani lasciai che il pianto prendesse il controllo di me. Non c'era più niente che potesse invogliarmi a vivere, mancava soltanto che confermassero le mie ansie e paure riguardo a quelle ossa, e allora sarei veramente morto. Senza Jay e senza Jungkook la mia vita non aveva senso. Entrambi avevano rubato un pezzo del mio puzzle, quello fondamentale per continuare a vivere: il mio cuore, quel fottuto muscolo che batteva lentamente e che presto avrebbe smesso di farlo.
Cosa poteva farmi stare meglio? Avevo rotto il cellulare, e non conoscevo il numero di Jay a memoria, non avrei più nemmeno potuto chiamargli. Sembrava davvero finita, e quando mi rifugiai sotto le coperte fredde del letto sentii come se non potessi fare altro che sperare di dormire per dimenticare, anche se temevo d'incontrare quei due nei miei sogni.

Ho inseguito le stelle|Taekook🦋Where stories live. Discover now