Capitolo 19. Somiglianze

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Capitolo 19. Somiglianze pt2

"When the morning comes you're still in my bed, but is so, so cold"

Ci ritrovammo a terra, la testa di Jay era appoggiata sul mio petto

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Ci ritrovammo a terra, la testa di Jay era appoggiata sul mio petto. Istintivamente gli schiaffeggiai il viso con dei leggeri colpetti, nel frattempo tremavo impaurito, di nuovo sopraffatto dal pianto. Jay non dava alcun segno di vita, era molto pallido e in più il suo corpo rimaneva immobilie nonostante provassi a rianimarlo da dieci minuti buoni. Fui costretto a chiamare l'ambulanza, anche se contro le sue volontà. Mi domandai se non ci fosse un motivo preciso, a parte l'ipocondria, per il quale non volesse andare in ospedale, ma non trovando altra soluzione che quella fui costretto a chiamare il 119, anche se temevo che si arrabbiasse con me. Ma cosa potevo fare? Mi comportavo in quella maniera per il suo bene, doveva capirmi.
L'infermiere con cui parlai mi assicurò che sarebbero arrivati in meno di cinque minuti, poi riattaccarono la chiamata, ma non riuscivo a stare tranquillo, nemmeno per un solo secondo. Munendomi di tutta la mia forza riuscii ad adagiare Jay sul mio divano, successivamente telefonai Jimin. Non volevo che fosse il pronto soccorso a prendersi cura di Jay, desideravo fosse il mio migliore amico a rianimarlo, mi fidavo solo di lui e delle sue capacità.
Le mie dita non volevano collaborare, ebbi bisogno di alcuni secondi preziosi prima di riuscire a premere la cornetta colore verde. Ogni parte del mio corpo traballava, era difficile calmarsi in quella situazione lì.
Dopo un paio di squilli, lunghi quando un eternità, la voce dolce di Jimin riempì il mio orecchio. Speravo solo fosse di turno.
«Jimin!» Esclamai immediatamente quando il rumore dei "bip" terminò.
«Taehyung! Che succede? Sono a lavoro, non posso parlare al telefono» disse lui,  ignaro di ogni cosa.
«Jimin, devi ascoltarmi! Non so cosa fare, Jay è svenuto al seguito di una discussione riguardo la ferita profonda che si è fatto alla mano, ho chiamato l'ambulanza ma non voglio che siano loro a occuparsi di lui. Ti prego Jimin, dì loro di portarlo da te!» Mentre parlavo, i singhiozzi resero le mie parole incomprensibili, ma il mio migliore amico comprese lo stesso la situazione.
«Calmati Taehyung! Quanto è profondo il taglio?»
«Tanto. Ha perso un mucchio di sangue, e lui non da alcun segno di vita. Ti prego, aiutami»
Mi sentivo impotente. Temevo che potesse accadergli qualcosa, e la sola idea di immaginarmelo costretto a stare su un letto d'ospedale mi faceva sentire peggio di quanto mi aspettassi. Era un'ansia assurda.
«Respira Taehyung! Se ti fai prendere dal panico non lo aiuterai di sicuro. Adesso chiamo il caporeparto e chiedo di fare arrivare qui l'ambulanza, tu nel frattempo cerca di fermare l'emorragia. Se la ferita è molto profonda e il sangue non si ferma Jay potrebbe entrare in un grave stato di shock.» Disse velocemente.
Mi sentii immobilizzare, d'un tratto era come se avessi perso la capacità di compiere qualsiasi movimento, anche stupido. Rischiai di perdere l'equilibrio un paio di volte, poi deglutii a fatica e mi strinsi i capelli con la mano libera.
«No Jimin… non posso. E se sbaglio, e gli faccio solo del male?» Domandai orripilato.
«Questo non è il momento di farsi delle paranoie. Prendi qualcosa e stringi forte l'area circostante al taglio, poi attendi che arrivi l'ambulanza.»
Furono le ultime parole di Jimin prima che chiudesse. Posai il cellulare dentro la tasca dei jeans, poi corsi a rotta di collo verso il bagno e recuperai il laccio dell'accappatoio. Fu veramente difficile fare un'operazione tanto delicata con la tachicardia e un tremolio incessante che invadeva le mie mani e gambe. Strinsi un nodo stretto, poi cercai nuovamente di fare svegliare Jay, invano. Le sue labbra erano diventate bianche, sembrava un lenzuolo.
Sperai che i soccorsi arrivassero presto, e non ebbi nemmeno il tempo di finire di formulare il pensiero che il mio campanello trillò forte in tutta la stanza. Mi precipitai alla porta, la spalancai e lasciai che i tre infermieri, venuti ad aiutarmi, entrassero dentro. Dopo avermi fatto i complimenti per aver dato un primo soccorso a Jay, strinsero dei lacci emostatici sul suo braccio, provarono come me a colpire il suo viso per farlo svegliare, e sebbene lui avesse aperto gli occhi per un paio di secondi, svenne subito dopo. Allora fu caricato su una barella e portato dentro l'ambulanza, per fortuna mi permisero di andare con lui.
Come richiesto, la destinazione fu l'ospedale. Jimin ci aspettava all'entrata, e corse immediatamente verso i colleghi che lo trasportarono in una delle stanze bianche. Potei seguirli solo fino a un certo punto, poi Jimin mi chiese d'aspettare fuori dalle lastre trasparenti della camera in cui fu portato Jay. Fissai con terrore Jimin mentre si accertava che fosse tutto a posto. Medicò e chiuse la ferita con i punti di sutura, dopodiché controllò la pressione e tutti i parametri vitali di Jay. Passò un'ora prima che il mio migliore amico uscisse da lì dentro. Quando lo vidi camminare verso la porta andai immediatamente verso di lui, disperato e scombussolato.
«Allora Jimin? È tutto ok?» Chiesi subito.
Lui fece un cenno della testa, la sua fronte era molto sudata.
«Ho dovuto dargli diciassette punti, il taglio era veramente profondo. Per fortuna hai ritardato l'emorragia, in caso contrario ci sarebbero state più di una complicazione. Bravo Taehyung» mi diede una pacca leggera sulla spalla, nel frattempo un sospiro sollevato rilassò i miei nervi.
«Sono morto dalla paura» sussurrai chiudendo gli occhi, mi massaggiavo il petto, temevo un attacco di panico. «È veramente tutto ok? Perché è svenuto?» Aggiunsi preoccupato.
Jimin si appuntò una cosa sulla cartella, poi alzò gli occhi sui miei. «Sì, la sua pressione però è un po' bassa. Sembrerebbe che lo svenimento sia stato causato da uno shock, forse ha solo avuto paura quando ha visto la sua mano ridotta in quello stato.» Rispose.
Annuii. Per fortuna stava bene, non so cosa avrei fatto se gli fosse davvero accaduto qualcosa di grave.
«Va bene, grazie Jimin. Grazie davvero» sussurrai sollevato.
Jimin mi fece un sorriso molto dolce, poi mi scompigliò i capelli con gentilezza. «Non devi preoccuparti Taehyung, va tutto bene. Jay non ha nulla, a parte una cicatrice sulla schiena. Lo sapevi? È proprio su questo punto» Jimin m'indicò il fianco destro, poi d'un tratto si fece pensieroso. Fissò il soffitto mentre si passava due dita sul punto in cui mi aveva mostrato la cicatrice di Jay.
«No, non lo sapevo! Non me ha mai parlato» dissi distratto dai comportamenti strani di Jimin.
Lui scosse la testa con uno scatto, poi abbassò il braccio e un sorriso di circostanza gli si presentò in viso. «Oh beh, vuol dire che non è una cosa importante» disse.
«Va bene, grazie Jimin»
«Di niente Taehyung» mi passò una mano sul braccio prima di camminare a passi veloci nel corridoio bianco.
Lo fissai sparire con un cipiglio sul viso, dubbioso su ciò che aveva detto, ma constatando che i suoi atteggiamenti strani potessero essere frutto della mia fantasia, non gli diedi tanto peso.
Rimasi lì, davanti la porta della stanza di Jay a osservarlo mentre dormiva, ancora pallido come la luna. Non avevo alcuna intenzione di andare via fino a quando non si fosse svegliato, e nonostante fossi stanco rimasi in piedi senza il minimo desiderio di andare a sedermi un po'. 
Tutto intorno c'era un vocio sommesso, di gente e di medici che chiacchieravano nelle stanze vicine, che mi tennero compagnia. Non spostai un attimo soltanto gli occhi dalla figura dormiente di colui che consideravo l'amore della mia vita, almeno fino a quando non fui distratto da una voce familiare.
«Taehyung? Sei tu?»
Mi voltai, facendo un piacevole sorriso quando vidi la mamma di Jungkook venire verso la mia direzione.
«Signora Jeon! Che ci fa lei qui?» Domandai.
In quell'istante mi ricordai di un dettaglio importantissimo, cruciale addirittura. Come avevo fatto a dimenticarlo? Aveva ricevuto un biglietto con il bracciale che apparteneva a Jungkook, ma le ossa erano risultate un falso. Allora, forse, c'era veramente qualcuno che conoscesse la verità? Inondato da queste domande, non mi resi conto di essermi bloccato a fissare un punto indefinito del corridoio, torturandomi d'ipotesi e paranoie surreali. Mi sbloccai solo quando la voce della signora Woo Young mi raggiunse, acuta e sorda.
«Il piccolo Jung-Woo ha la febbre. L'ho lasciato alle cure del dottore Park, quel ragazzo è un vero angelo!» Esclamò.
Feci un sorriso di circostanza, ancora distratto dall'improvviso quesito che si era acceso dentro la mia mente.
«Oh sì, Jimin è un bravissimo ragazzo oltre che un fantastico medico. Ha fatto bene ad affidarsi a lui.» Risposi, paralizzato dai mille scenari che si stavano accendendo dentro la mia testa. Avevo come la terribile sensazione che, ad aver lasciato quel bracciale alla madre di Jungkook fosse stato proprio il suo rapitore… se non l'assassino stesso. Sì, l'aveva già detto il maggiore Jun, ma da quando avevo scoperto della falsità delle ossa ritrovate sul fondo del fiume Han, mi ero convinto in un certo senso fosse vivo, ma adesso mi chiedevo se non mi fossi sbagliato su tutto.
«È vero, lo è. Invece tu che ci fa qui? Stai bene?» Mi mise le mani sulle spalle e mi controllò da ogni angolazione per assicurarsi che così fosse.
«Sì, io sto bene. Sono qui per un mio amico, si è procurato un taglio molto profondo ed è svenuto per lo shock»
Chiamare Jay "amico" mi faceva sentire strano. Non era un amico, per niente. Era qualcuno a cui non sapevo dare un nome, ma che amavo con tutto me stesso e incondizionatamente. Non eravamo amici, eravamo tutto fuorché semplici coetanei a cui piace passare il tempo insieme.
«Oh, mi dispiace! È il ragazzo lì?» Domandò mentre si avvicinava alle lastre trasparenti che ci permetteva di osservarlo nonostante non fossimo dentro la stanza.
La mamma di Jungkook fece un piccolo sorriso mentre lo guardava dormire, poi a un tratto i suoi occhi si spalancarono e le sue sopracciglia si aggrottarono. Mise entrambe le mani sulle vetrate, e respirò forte.
«Va tutto bene, signora Jeon?» Domandai preoccupato.
«Chi… chi è il tuo amico?» Chiese esterefatta.
«Si chiama Jay, perchè? Lo conosce?»
Sorpreso la fissai mentre lei si passava le mani in mezzo ai capelli nerissimi, con gli occhi sgranati e lucidi.
«N-no… somiglia a…» stava per dire qualcosa, ma fu interrotta da Jimin che ci raggiunse a passi veloci mentre io non riuscivo a spostare il mio sguardo da quello della madre di Jungkook.
«Signora Jeon? Il piccolo Jung-Woo ha solo una leggera infezione alle vie respiratorie. La febbre passerà quando gli antibiotici che le ho prescritto faranno effetto» Disse Jimin.
Lei si voltò di scatto, si teneva una mano sul petto.
«Sta bene, signora Jeon? È molto pallida» aggiunse il mio migliore amico mettendole una mano spalla.
Non ebbe nemmeno il tempo di fare un altro passo che lei gli svenne addosso, di colpo, come se attraversata da mille scariche elettriche.
Preoccupato anch'io cercai di essere aiuto a Jimin, che la resse con un braccio mentre con la mano libera la schiaffeggiava gentilmente. «Signora Jeon? Signora Jeon?» Ripeteva nel frattempo.
«Ma che è successo, Tae?» Aggiunse quando non ricevette risposta da parte della paziente.
«N-non lo so. Stavamo solo parlando di Jay, è stato tutto improvviso» Balbettai.
Ma che diamine stava accadendo quel giorno?
«Aiutami a portarla di là»
Annuii, e scosso diedi una mano a Jimin a trasportarla in una stanza vicina, poi fui costretto ad allontanarmi.
Mi accorsi che il mio cuore batteva molto forte mentre tornavo nella stanza di Jay. Sentivo come se stesse accadendo qualcosa fuori dalle mura di quell'ospedale, e aggiungendoci anche i ricordi sul bracciale, le paranoie, il malore di Jay e quello della madre di Jungkook, il mio corpo sembrava star cedendo piano piano.
Ebbi il permesso di andare a sedermi sullo sgabello sistemato accanto al letto di Jay. Mi ci lasciai cadere sopra, e mi portai la sua mano vicino alla bocca per baciargliela. Il suo respiro era regolare, e il petto gli faceva su e giù in maniera calma e costante.
Era bello persino in quel momento, pallidissimo e con i capelli scomposti. Ci giocai un paio di secondi, tentato di baciargli la fronte ma, quando stavo per trovare il coraggio di farlo, lui aprii lentamente gli occhi. Mi scoppiò il cuore di gioia quando il suo sguardo incontrò il mio, un sorriso debole gli si presentò in faccia non appena mi riconobbe.
«Jay, ciao… ciao amore mio, come stai?»
Insieme alle lacrime improvvise, accadde qualcos'altro, chiamarlo in quel modo fu del tutto naturale per me, anzi era come un bisogno.
Jay si guardò un attimo intorno, smarrito e confuso.
«Sì, va tutto bene Taehyung ma… ma dove siamo? Cosa mi è successo?» Domandò.
Sentirgli dire ciò mi rese ancora più sollevato. Appoggiai la fronte sulla sua, nel frattempo le mie dita s'intrecciarono alle sue.
«Siamo in ospedale, sei svenuto e ho dovuto chiamare aiuto… Dio, sono così felice che…» fui interdotto dai suoi movimenti.
Jay si appoggiò immediatamente alla spalliera del letto, costringendomi a spostarmi. Mi guardò con gli occhi lucidi e spalancati, quasi avesse appena visto un fantasma, e deglutì a fatica mentre mi osservava confuso.
«Dove hai detto che siamo?» Chiese sconvolto.
«In ospedale. So che non volevi venirci, ma…»
«Chi ti ha dato il permesso di portarmi qui?» Alzò leggermente la voce, ma si ritrovò a tossire non appena concluse la frase.
Senza parole mi ritrovai a giocare con la manica della giacca. Jay mi guardava con l'espressione arrabbiata e avvilita. Mi afferrò il colletto della maglia e mi avvicinò pericolosamente al suo viso, parlandomi con un tono di voce talmente alterato da farmi rabbrividire. Chi era lui? E che ne aveva fatto del ragazzo dolce che si era sempre preso cura di me? Non capivo.
«Ti avevo detto di non portarmi qui. Te l'avevo detto, cazzo» strinse la mia maglietta con più forza.
«L'ho fatto per il tuo bene! Dio Jay… ma che ti prende? Non davi un segno di vita ed eri così pallido che pensavo stessi morendo» iniziai ad agitarmi anch'io.
Ma che cosa aveva in quel periodo?
«Allora era meglio farmi morire piuttosto che portarmi in questo posto di merda.» Mi lasciò andare con uno strattone, poi si staccò con forza la flebo a cui era attaccato e si mise in piedi.
«Che cosa stai facendo? Mettiti subito a letto, non sei ancora in forza lo capisci?» Lo raggiunsi, cercai di fermarlo ma lui mi spinse fino a farmi cadere a terra.
Vidi un barlume di pentimento nei suoi occhi, ma li spostò velocemente su un'altra parte, si mise le scarpe e uscì dalla stanza alla velocità della luce, lasciandomi lì a terra come qualcosa di poco valore, qualcosa d'insignificante che era meglio abbandonare in strada.
«Jay» chiamai ad alta voce mentre mi affrettavo ad alzarmi da terra e a correre fuori dalla stanza. Ma lui non c'era, svanì nuovamente nel nulla.

Ho inseguito le stelle|Taekook🦋Donde viven las historias. Descúbrelo ahora