31. titoli di coda

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[la storia si conlude col capitolo 30. questo è un epilogo che è stato scritto per coloro a cui piacciono i finali "dieci anni dopo" e cose così. e poi mi sono troppo divertita a scegliere i nomi dei bambini quindi... enjoy!]

12 ANNI DOPO.

MILANO, 15 GIUGNO.

Nina

"Ci dobbiamo andare per forza?" Daniele ha otto anni e mi guarda con gli stessi occhi di suo padre.
È una mossa che utilizza tutte le volte che cerco di fare la brava madre. M'impunto per crescerlo come si deve, ma cedo tutte le volte che piega la testa e mi guarda con quegli occhioni lì.

Sospiro, gli accarezzo i capelli e gli prendo il viso fra le mani.
Ogni tanto, quando dorme, lo osservo e mi chiedo come sono riuscita a mettere al mondo una creatura così.
Io. Nina Balti. Madre.
Lo sono già da otto anni eppure ancora non mi sembra vero.

"Ci saranno tutti i tuoi cugini." Cerco di rassicurarlo, ma mio figlio sbuffa e si piega in avanti, appoggiando la faccia sulle mie gambe.
"Ma è un postaccio, mamma!" Non voglio dire tale madre, tale figlio, ma è così, purtroppo.
Daniele non ha preso i miei occhi, i miei capelli o qualunque altra cosa. Ha preso il carattere terribile, il perdersi sempre nella sua testa e l'odio spropositato per Rivalago.
"Daniele, tesoro." Dico dolcemente, per poi accucciarmi a terra di fronte a lui, nel vialetto di casa.
Sono sicura che i vicini del terzo piano, quelli sotto di noi, ci staranno guardando dalla finestra borbottando che i miei figli sono animali.
Non posso biasimarli, spesso si divertono a giocare alla giungla e far finta di essere scimmie.

Daniele mi stringe le braccia al collo e io lo stacco da me solo per obbligarlo a guardarmi negli occhi.
"Davvero non ti piace andare a Rivalago?" Gli chiedo, ed è una domanda che i miei genitori a me non hanno mai fatto.
Papà ci caricava in macchina trascinandoci per i capelli, se ce n'era il bisogno, e poi passava tutto il viaggio a decantare i pregi di quel posto sperduto, con Alberto che occasionalmente interrompeva il monologo con un rutto.
"Mi sento..." Inizia Daniele, poi scuote la testa e sposta lo sguardo sul terreno, cercando di scappare dai miei occhi.

"Dani." Ripeto, cercando con tutta la dolcezza che ho di farlo parlare.
Io avevo un buon motivo per odiare quel posto (leggasi: il Freezer), ma mio figlio, che motivo ha?
I miei genitori è da qualche anno che hanno deciso di prendersi le vacanze per girare il mondo e ora che sono pensionati solitamente scelgono di venire a Rivalago durante l'anno per stare da soli.
Praticamente d'estate quella villa è occupata solo da me, dai miei fratelli, dai Gori e dalle rispettive famiglie e gli impegni sono così tanti che le volte in cui siamo tutti insieme sono rare.

"Mi sento fuoriposto." Sussurra Daniele e io penso a quando avevo diciassette anni e ho pianto disperatamente nel salotto di mia nonna per lo stesso esatto motivo.
Speravo che mio figlio mi assomigliasse di meno.
Non perché non voglio che sia come me (mi lusinga, il fatto che mi somigli così tanto), il problema è che so benissimo che cosa sta passando, che cosa passerà sempre, perché è difficile trovare il tuo posto nel mondo quando sei troppo imbarazzante, troppo imbranato, troppo tutto.

"Anche io mi sento fuoriposto." Gli sussurro, facendo finta che sia un segreto che sto svelando solo a lui.
Dani mi guarda, gli occhi spalancati per lo stupore e un accenno di sorriso sulle labbra.
"Davvero?!?"
"Certo, tesoro, te lo dicono tutti che sei come me, no?"
"Ma tu, tu sei perfetta, mamma!" Mi dice, e io mi devo mordere il labbro per non esplodere in un trionfo di gloria.
Ci ho messo tutta la vita, ma finalmente qualcuno mi ha detto che sono perfetta.
Il fatto che sia mio figlio non conta, ovviamente.

"Non sono perfetta. E mi sento spesso fuoriposto, ma ci sono persone che mi aiutano a sentirmi a mio agio, come il tuo papà. E poi, non vuoi vedere di nuovo Eva?" Quando faccio il nome della biondina, le guance di Dani si colorano di rosso.
Si stringe le braccia al petto e volta la testa dall'altra parte, come se avessi appena detto un'assurdità.
"Non mi cambia nulla vederla o meno." Mente spudoratamente mio figlio e io sorrido, per poi prenderlo in braccio e portarlo verso la macchina.

Ogni attimo di nulla [3]Where stories live. Discover now