L'inizio della fine

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Non saprei neanche da dove iniziare a raccontare la mia vita, anzi le mie vite.
Ne ho vissute così tante nel corso del tempo che ho perso il conto, e ho dimenticato anche quali tra le tante fosse quella vera, e in quale tra quelle si trovava la vera me, la me che avevo perso quella stessa sera del 24 settembre 1982, quella sera in cui avevo incontrato lui...
Il diavolo in persona,
il mio creatore...



24 settembre 1982

Il sole era alto in cielo e il villaggio era già attivo ancora prima che i raggi lo illuminavano, con calma scesi dal lento e aprì la finestra della mia stanza in modo da bearmi di quel calore dolce che solo il sole poteva dare

un calore di cui non mi sarei mai più potuta beare

Aprì l'armadio e indossai prima il corsetto e poi un abito color crema che cadeva a modo di principessa, il mio abito preferito in assoluto, che mettevo però solo nelle occasioni importanti, proprio perché lo amavo troppo per poterlo indossare tutti i giorni e rovinarlo come il resto degli abiti che si trovavano nell'armadio.
Scesi in cucina, dove si trovava già il resto della mia famiglia, a capotavola come sempre vi era mio padre, l'unico uomo ancora pieno di umili valori e col cuore nobile, di fianco a lui la mamma, la mia eroina, il mio mondo e la donna più coraggiosa che abbia mai conosciuto, e vicino a lei, i miei fratelli, Lucas e David, le pesti di casa, e poi, infine c'ero io, Abigail Tusman, la "sognatrice"della famiglia.
Mamma mi diede questo soprannome all'età di 5 anni, diceva che io era l'ancora della famiglia, quella che portava speranza anche quando quest'ultima era impossibile, quella che cercava sempre di vedere il buono nelle persone e nel mondo, quella con la testa tra le nuvole.
A me non è mai dispiaciuto questo soprannome, perché in fondo ho sempre sentito che fosse vero, mi sono sempre sentita come se questo non fosse il mio mondo, come se appartenessi a qualcosa o qualcuno più grande di me, come se la mia vita non si fermasse a questo villaggio o a queste mura.
Finisco di fare colazione e mi incamminiamo presso il villaggio per alcune commissioni, prima di incontrare Sasha al nostro solito luogo.




Il reverendo Jemes è molto fiscale sul coprifuoco, secondo lui è meglio restare nelle nostre case che girovagare per i boschi, perché è proprio lì che il male aspetta nelle tenebre, in attesa della sua preda.
Da una parte penso abbia ragione, però dall'altra non ho mai violato alcuna regola e per quanto io stessa sappia che è sbagliato, lo faccio lo stesso, perché almeno per stasera non voglio pensare a niente e a nessuno e divertirmi come non ho mai fatto prima;
così apro la finestra della mia stanza e mi incammino verso il bosco, dove si trova il nostro luogo, o meglio, il nostro rifugio, un rifugio che costruimmo insieme all'età di 6, dove potevamo andare ogni volta che volevamo.
Quando arrivai lì, vidi da lontano la luce di una candela provenire dall'interno della casetta di legno, ma nessuna traccia di Sasha, ed era strano visto che solitamente mi aspettava fuori e mai dentro ,almeno che non dovessi discutere di questioni urgenti, così, senza pensarci due volte, mi precipitai all'intero, ma ciò che vidi mi sconvolse.
Sasha era lì, distesa a terra, col sangue che le scendeva dal collo, mi avvicinai per farla muovere, perché se era uno dei suoi scherzi macrabi, non era divertente, ma quando provai a toccarla sussultai per quanto il suo corpo fosse freddo, e privo di vita, istintivamente caddi con le ginocchia a terra e fiumi di lacrime scesero dai miei occhi come mai prima d'ora, non potevo credere che ciò che stavo vedendo era reale, non potevo credere di averla persa per sempre.
Una voce alle mie spalle mi fece sussultare facendomi girare nella sua direzione, per poterlo vedere in faccia, per un attimo rimasi ammaliata dalla bellezza dell'uomo che si trovava di fronte a me;
era alto, muscoloso, capelli lunghi biondi e due occhi azzurri che mi ricordavano il mare, era di una bellezza disarmante, una bellezza che sapeva di non umano, e più lo guardavo più avvertivo una strana sensazione, quasi come se ci fosse un pericolo imminente.
<<Hai finito di ammirarmi come se fossi una statua>> disse con una voce profonda e sensuale allo stesso tempo
Io non sapevo cosa dire così rimasi zitta, aspettando che facesse o dicesse altro in modo da poter sbarazzarmi in fretta di lui e tornare al villaggio per avvisare il reverendo e tutto il villaggio della morte di Sasha.
Ciò che disse dopo mi lasciò paralizzata, senza parole e col cuore che batteva al mille dalla paura
<<La tua amica era squisita, chissà tu come sarai>>
Non so come, ma trovai la forza di rispondergli<<Cosa?>>
Pensavo che avesse bevuto un po' troppo e che mi stesse facendo uno scherzo, ma ciò che accadde dopo fu tutto molto reale
<< Anzi, non voglio prosciugarti come ho fatto con la tua amica, voglio renderti mia>>
<<Ma che cosa stai dicendo? Sei solo un pazzo>>
<<Se io sono un pazzo allora tu sei una stupida da definire un vampiro "pazzo">>
Un cosa?
Volevo con tutta me stessa sperare di aver capito male, ma quando si avvicinò a me, li vidi, i canini , e capì che quella sarebbe stata la mia fine.
Cercai di allontanarmi ma lui era molto più veloce di me, infatti mi raggiunse in un attimo, inchiodò il suo corpo al mio e infilo i canini nel mio collo, poi il buio.
Ricordo solo di essermi svegliata la mattina seguente, trasformata in un vampiro e assoggettata al mio creatore per l'eternità, tutto il resto fu storia...


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