Capitolo 23. Pazzie

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Capitolo 23. Pazzie pt2

"E se mi hai visto piangere, sappi che era un'illusione ottica. Stavo solo togliendo il mare dai miei occhi"

Il mio cuore rischiava di scoppiare mentre fissavo con intensità il piccolo taglietto sulla guancia destra di Jay

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Il mio cuore rischiava di scoppiare mentre fissavo con intensità il piccolo taglietto sulla guancia destra di Jay. Mille ipotesi si stavano aprendo nella mia testa, una più assurda dell'altra. Nel frattempo lui non mi toglieva lo sguardo di dosso, stava immobile come una statua, aveva gli occhi rossi e lucidi, tremava per il freddo e non spiccicò una sola parola.
Da quando aveva una cicatrice, proprio sullo stesso punto in cui l'aveva avuta Jungkook? Non me n'ero mai accorto o se l'era procurata di recente, insieme al livido sul fianco? Se così fosse stato si trattava tutto di un brutto scherzo del destino, che cominciava a stancarmi veramente. Non bastava il fatto che già la sua persona mi desse continuamente la sensazione di conoscerlo da una vita, come se fosse Koo? Ci mancava soltanto che cominciassero a spuntargli addosso i dettagli del mio piccolo migliore amico, sparito diciassette anni prima.
Istintivamente abbassai gli occhi sul suo mento, cercando per l'ennesima volta il neo carino sotto le labbra, che però restava inesistente sul viso di Jay. Ed era ovvio! Lui non era Jungkook, se così fosse stato me l'avrebbe detto quando gli avevo raccontato di lui sulle giostre vicino casa mia, nel vecchio quartiere. Perché avrebbe dovuto farmi soffrire, restando nascosto nell'ombra e fingendosi qualcuno che non è? Avevo già troppe grane per la testa, non potevo anche imparanoiarmi su questioni assurde a cui avevo smesso di credere da tempo ormai. Dovevo accettare il fatto che probabilmente non avrei più rivisto Jungkook… ma all'improvviso un episodio abbastanza recente si proiettò nella mia mente come un film al cinema, dove gli unici spettatori eravamo io e Jay. Sulle registrazioni delle videocamere di sorveglianza vicino al parchetto davanti a casa Jeon, un ragazzo dall'aspetto fisico identico a quello di Jay lasciò il pacchettino con il bracciale di Jungkook sugli scalini di casa della Signora Woo Young, e all'improvviso un'idea assurda mi trapassò la testa come un fulmine al cielo sereno. Lentamente mi avvicinai a lui, tremando alla sola possibilità che davvero Jungkook mi fosse stato accanto per tutto quel tempo sotto falsa identità. Lui cercò d'indietreggiare quando capì cosa avevo intenzione di fare, ma fu costretto a fermarsi immediatamente quando andò a sbattere sul bancone da cucina. Allora chiuse gli occhi, singhiozzando in silenzio ed io, al culmine della mia pazienza, gli passai la manica della mia maglietta sotto al mento, così facendo un leggero strato di make up chiaro si cancellò dalla sua pelle, rivelando il piccolo neo che mi fece immediatamente spalancare gli occhi. Era Jungkook, non ci potevo credere. Quasi come se una scarica elettrica mi avesse attraversato il corpo da cima a fondo feci tre passi indietro, sconvolto. Lui, disperato, allungò una mano verso la mia direzione ma era senza forze e non riuscì ad aggrapparsi alla mia maglia.
«Che storia è questa?» Domandai tremando.
«Lascia che ti spieghi, Taehyung. È una storia assurda e lunga. Avevo bisogno di tempo per cercare di trovare le parole giuste, e quando stavo per riuscirci, prima, Jimin è tornato e…»
«Spiegami cosa sta accadendo! Perché nascondevi la cicatrice e il neo? Tu… tu sei Jungkook, non è così?» Alzai la voce.
Il ragazzo, a cui non sapevo più dare un nome, si guardò le scarpe con rammarico. Le mancate risposte, per me, furono come urlate dal silenzio che veleggiava attorno a noi dopo avergli chiesto cosa stava accadendo. Strinse il pigiama tra i pugni e fece dei respiri profondi, cercando disperatamente la forza di parlare e spiegare ogni cosa.
Nel frattempo io venivo travolto da un senso di delusione che mi fece quasi barcollare. Non potevo veramente accettare che lui si fosse nascosto per così tanto tempo, fregandosene dei miei attacchi di panico e dell'asma che mi rendevano debole quando mi fermavo a pensare alle sorti che gli erano capitate. Era inaccettabile per me.
«Ri-rispondi. Sei Jungkook? Sei veramente tu?»
L'aria iniziava a mancarmi, e dentro di me due sentimenti molto forti stavano facendo a botte per prevalere l'uno sull'altro. Non sapevo se essere felice, perché finalmente dopo tante sofferenze lui era tornato, sano e vegeto, o se essere furioso per come si era comportato. Certe cose non vanno prese tanto alla leggera, e lui si era divertito a giocare con me e il mio cuore.
«Fammi spiegare un attimo, ti prego» rispose avanzando verso di me.
«Non ti avvicinare! Non ci posso credere… soffro da mesi ormai la tua scomparsa e tu eri qui, al mio fianco, e non hai detto nulla? Co-come hai… hai…» mi strinsi il petto con una mano.
Jungkook, o Jay, o chiunque lui fosse, preoccupato si guardò intorno in ricerca del mio inalatore. Lo trovò subito sopra una mensola vicino al divano in cui dormiva, e corse in mia direzione aiutandomi a inalarne il medicinale al suo interno. Mi tenne stretta la testa così da assicurarsi che stessi prendendo la giusta dose di farmaco, e quando respirare divenne più semplice lo spintonai.
«Taehyung, è qualcosa che va ben oltre la semplice comprensione. Tu non sai quello che ho passato quando sono stato rapito e portato in Corea Del Nord, e fino a quando tu non me ne hai parlato non credevo che fossi il ragazzino con cui giocavo da piccolo. Non potevo ricordare il tuo nome, me ne sono reso conto soltanto quando hai raccontato tu la mia storia e-» stava dicendo, ma furioso lo interruppi immediatamente.
«E quanto è passato da quel momento, eh? Quanto? Ti stai solo arrampicando sugli specchi» mi passai le mani in mezzo ai capelli, adesso debole anch'io.
«Non puoi capire come mi sia sentito tornando qui. I miei ricordi erano sfocati, eppure credevo che ci fosse un motivo ben preciso se mi sentissi tanto a casa qui a Seoul. Quando ci siamo incontrati la prima volta, mentre camminavi a testa bassa per la strada, oltre a pensare che fossi veramente bello ho creduto di averti già conosciuto, non sapevo se in una vita passata o se fosse semplicemente una strana sensazione. E poi ci siamo rivisti al negozio alimentari, e tu eri lì e io ho creduto che il destino mi stesse giocando dei brutti scherzi. E infine-»
«Non stai dicendo niente di concreto! Stai solo ricordando come ci siamo conosciuti, ma continui a non menzionare il fatto che mi hai tenuto nascosta la tua identità, Jungkook! Perché l'hai fatto?» Urlai in lacrime.
Dire il suo nome adesso mi faceva uno strano effetto. Parlare con lui, chiamarlo con il suo vero nome… mi sembrava di star sognando. Tutte le mie sensazioni legate a Jay, quel ragazzo di cui mi ero innamorato, si stavano rivelando più chiare che mai: mi sentivo tanto bene insieme a lui, e mi aiutava a dimenticarmi di Koo, soltanto perché si trattava del mio piccolo migliore amico. Di lui mi ero innamorato, perché in Jay immaginavo la faccia e i comportamenti di Jungkook. Adesso era tutto più semplice, e allo stesso tempo più complicato di quanto pensassi. Koo era cresciuto in Corea Del Nord, lontano dalla sua famiglia e costretto a vivere in una società ben diversa da quella a cui era stato abituato. Forse dovevo essere un po' più comprensivo con lui? Ma non ci riuscivo. Nella mia testa, il fatto che lui si fosse nascosto da me ignorando la mia condizione, mi faceva stare male.
«Perchè l'hai fatto, Jungkook?» Ripetei con un filo di voce.
Lui mi fissava, le sue labbra tremavano per il pianto e le lacrime calde scorrevano copiose sulle guance pallide. Si strinse il fianco ferito con una mano e si sedette su una delle sedie attorno al tavolo da pranzo.
«Perché… ero qui per una missione importante. Dirti che ero io, e poi sparire di nuovo nel nulla dopo aver fatto scoppiare una guerra mi faceva stare male. La decisione di non portarla a termine è arrivata dopo, ma tu avevi già sofferto abbastanza per colpa mia. Non me la sentivo di deluderti nuovamente. Prima che Jimin tornasse avevo trovato il coraggio di confessartelo… ma sono stato interrotto, e ho creduto fosse l'universo a trainare le corde del destino. Pensavo fosse meglio così, forse non dovevi saperlo. In fin dei conti, non so ancora cosa mi accadrà da qui in avanti.»
«Mi sembrano solo scuse. Sembrano tutte bugie»
«No, ma che cosa dici? Tutto quello che ti ho raccontato è vero!»
Scossi la testa, deciso a non ascoltarlo. Ero confuso e scioccato, e il mio corpo non collaborava. Feci qualche passo indietro, mentre lui mi distruggeva il cuore in mille pezzi, piangendo a dirotto e cercando di raggiungermi, ma non ci riusciva, gli mancavano le forze.
«Ti prego, aspetta» piagnucolò.
Non risposi, corsi in camera mia e mi ci chiusi dentro. Mi misi a piangere anch'io, non so se per la gioia di sapere che era vivo e stava bene, o se per rabbia visto che veniva nal nord, era arrivato qui per fare danni e non mi aveva detto niente. Ero in confusione totale, e di certo non potevo lasciarlo da solo in quel momento, mentre aveva la febbre alta, gli mancavano le forze e stava male anche mentalmente, ma una parte di me non riusciva proprio ad accettare che mi avesse tenuta nascosta la verità, soprattutto sapendo quanto ci stessi male e quanto avrei voluto rivedere Jungkook. Non mi aspettavo di certo che sbucasse fuori dal nulla, come se niente fosse, che aveva cancellato con il trucco quei dettagli che avrei immediatamente riconosciuto se li avessi visti, e che mi avesse parlato, fino a quel momento fingendosi un altro. Non potevo perdonarlo.

Ho inseguito le stelle|Taekook🦋Onde histórias criam vida. Descubra agora