Capitolo 26. Tra morsi e sospiri

188 28 9
                                    

Capitolo 26. Tra morsi e sospiri pt2

"I'll give you my life for you."

È stata la notte più movimentata della mia intera esistenza. Non ho detto a Jungkook chi mi aveva chiamato e quando ha notato l'irrequietezza che mi ha tenuto sveglio, chiedendomi di conseguenza se fosse accaduto qualcosa e se stessi bene, fui costretto a mentire. Il comandante Jun mi aveva esplicitamente chiesto di presentarmi a tutti i costi l'indomani a lavoro perché doveva dirmi una cosa molto importante, e mille paranoie mi stavano appannando la mente, facendomi sentire ansioso e in continua agitazione. Che cosa voleva chiedermi? E c'entrava in qualche modo Jungkook? Faticavo persino a respirare normalmente.
Ho sperato che il tempo scorresse meno velocemente possibile e che il giorno arrivasse in ritardo, ma la sveglia delle sei suonò più in anticipo di quanto pensassi e il mio affranto divenne più pesante che mai. Jungkook si è destato dal suo sonno per qualche minuto, poi si è rigirato addormentandosi. Gli ho lasciato un bigliettino attaccato al frigorifero, poi con le gambe ridotte a gelatina e lo stomaco pieno di bile mi sono messo in macchina e sono andato a tutta velocità verso l'ufficio. Il sole stava ancora tramontando; il cielo era striato di nuvole bianche misto a un grigio spento, e il tutto mi rendeva più malinconico che mai. Avevo infatti una strana sensazione dentro di me, quasi presagiva l'inizio di un inferno terribile e drammatico. Nella mia mente si stavano susseguendo milioni di scenari che sarebbero potuti accadere da lì entro pochi minuti, e il tremolio si espanse quasi a macchia d'olio per tutto il mio corpo.
Sentivo addosso ancora il profumo di Jungkook, ma nemmeno questo bastò a calmarmi. C'era qualcosa nell'aria, o forse semplicemente dentro di me, che mi stava facendo preoccupare. Il tono con cui il maggiore Jun mi si era rivolto non presagiva niente di buono, e considerando che aveva lasciato a me il compito di scoprire chi fosse il nordcoreano venuto al Sud per creare scompiglio, e scoprire cosa stava accadendo, avvertivo la tensione come moltiplicata. Un brutto scherzo del destino aveva voluto che quel disertore non solo fosse Jungkook, in più lo amavo anche! Non potevo di certo tradirlo ma allo stesso tempo non potevo nemmeno mentire in quel modo, altrimenti avrei solo peggiorato la situazione. Eppure continuavo però a non sapere cosa fare e come comportarmi, né se dire una bugia o sperare nella clemenza del comandante Jun e dello Stato. Mi ero ficcato in una situazione più grande di me, Jimin mi aveva avvertito, ma come ci si comporta quando nel mezzo c'è la persona che ami più al mondo? Le situazioni si complicano, la testa non riesce a trovare una soluzione e si finisce col creare danni irreversibili, che non si possono aggiustare nemmeno mettendoci tutta la volontà possibile.
Parcheggiarsi accrebbe la mia ansia. Adesso mi era venuta la nausea, volevo vomitare tutto e scappare via senza dare alcuna spiegazione, ma sarebbe stato tutto sospetto e io non aveva alcuna intenzione di aggiungere altri problemi a quella condizione già particolare di suo.
Alcuni dei soldato mi salutarono educatamente quando scesi dall'auto e camminai verso l'ufficio. Feci loro un solo cenno della testa, poi mi affrettai a presentarmi al cospetto del comandante Jun. Mentre camminavo, mi ricordai che a Seoul c'erano già altri disertori nord coreani. Forse, se fossi stato chiaro nelle spiegazioni e non mi fossi lasciato prendere dal panico, sarei riuscito a garantire a Koo una possibilità, anche se la brutta sensazione non mi  abbandonava ancora.
Bussai piano sulla porta, speravo che un qualche contrattempo avesse allontanato il maggiore Jun da quel posto per un po' di tempo, e invece la sua voce strascicata mi diede il permesso di entrare quasi immediatamente. Feci tre respiri profondi, poi entrai dentro. Mi tolsi il cappello dalla testa, feci un inchino educato e mi misi dritto in attesa della sentenza. Qualcosa mi diceva che aveva scoperto ogni cosa.
«Buongiorno Taehyung. Siediti, perché sei tanto rigido?» Mi chiese indicandomi la sedia situata dall'altra parte della sua scrivania.
«Buongiorno» riuscii a dire, anche se con la gola secca.
Presi posto davanti ai suoi occhi e le gambe iniziarono a tremarmi. Non riuscivo a smettere, ero troppo nervoso e sapevo che se mi fossi comportato così, tutto sarebbe stato peggio perché mi sarei fatto scoprire, ma non sapevo cosa fare per calarmi.
«Taehyung, come stanno andando le ricerche per la missione che ti ho lasciato?» Domandò accavallando una gamba. Mi fissava come se volesse captare le menzogne dipinte sul mio viso, e per tale ragione fui costretto a guardare altrove.
«Bene. Non mi sono ancora concentrato a pieno però, ultimamente sto sempre male.»
«L'ho notato. Manchi da lavoro da due settimane ormai, eppure non sembri tanto moribondo. Non so se mi spiego» afferrò la caraffa con l'acqua e se ne versò una generosa quantità nel bicchiere.
Deglutii a fatica, sentendomi già accaldato. Mi spostai in colletto della camicia, divenuta troppo stretta, dal collo e mi mordicchiai le labbra con l'ansia a mille.
«Ma lo sono stato. Sono ancora in convalescenza. Se non mi crede domani porterò i certificati medici»
Il maggiore fece un piccolo sorriso, incrociò le mani sotto al mento e ci si appoggiò.
«Un certificato medico fatto dal tuo migliore amico? Scusa, ma non me la bevo.» Si mise in piedi, e il mio cuore scoppiò, aumentando il suo battito cardiaco alle stelle.
«Che cosa vuole dire?»
«Che qualcosa mi puzza. Vuoi dirmi cosa sta accadendo, Taehyung?»
Si mise a giocare con la fede che aveva al dito. Il tremolio continuava insieme al mio smisurato nervosismo. Perché mi stava facendo quelle domande? E come aveva scoperto, eventualmente, la verità?
«Non sta accadendo niente, signore. Ultimamente sono solo stato vittima dell'asma, questo mi ha costretto a starmene a casa qualche giorno.»
«Quindi eri a casa anche ieri?» Chiese portandosi le mani dietro la schiena.
Mi morsi l'interno guancia, poi annuii.
«Taehyung, quando dici una bugia devi avere un alibi, altrimenti vieni subito scoperto»
«Non ho idea di cosa stia dicendo. Sono stato a casa e se vuole una prova, allora chiami il mio dottore di fiducia.»
«Non crederò mai alle parole del dottore Park Jimin, lui è come un fratello per te, mentirebbe allo scopo di salvarti.»
Iniziò a fare avanti e indietro per la stanza, ridendo divertito e scuotendo la testa, come se stesse pensando a un mucchio di cose divertenti che voleva tenersi per sè.
«Mi sono giunte strane voci ieri pomeriggio. I ragazzi erano di servizio alla zona demilitarizzata e stavano facendo un giro di controllo sul punto in cui sono state lasciate le false mine antiuomo» riprese a parlare.
Corrucciai le sopracciglia, guardandolo come se non riuscissi nemmeno a vederlo. Cosa voleva dire?
«Non ci vedo alcun collegamento con me e la mia salute fisica.» Risposi risentito.
Lui si fermò davanti la scrivania, appoggiò le mani sul piano di legno e mi osservò con freddezza negli occhi.
«Ieri pomeriggio sembravi stare bene insieme a un ragazzo dai capelli molto scuri, mentre facevate baldoria.»
Arrossii di colpo, avevo dimenticato di essere stato lassù insieme a Jungkook per tutta la mattinata.
«Cosa?»
«Ma non eri fidanzato con una ragazza? Sto scoprendo un mucchio di cose nuove sul tuo conto.»
«La mia vita personale non c'entra niente con il mio lavoro.» Mi alterai.
«No, hai ragione. Ma quando menti in questo modo, nascondendoti e inventandoti bugie sulla tua salute fisica, mi vengono solo brutti presentimenti in testa»
«E cioè?»
«Che lui sia il ragazzo venuto dal nord.»
Mi sembrò di essere stato appena colpito a fondo da un proiettile, dritto dritto nel cuore. Ero stato scoperto.
«Blatera. Lui è del sud» e in parte era vero. Anzi, lo era del tutto.
Jungkook era stato rapito all'età di sette anni, non era colpa sua se lo avevano indotto a comportarsi in quella maniera. C'erano di mezzo minacce e traumi, e in fin dei conti non aveva mai fatto del male a nessuno, nemmeno a una mosca.
«Quindi se ti chiedessi di portarlo qui, e di mostrarmi i suoi documenti, non sarebbe un grosso problema no?» Chiese con un ghigno.
Lo fissai malissimo. Stava sfidando la mia pazienza, ma non potevo fare molto.
«Perché mai dovrei farlo sentire sporco e indegno? Non ho alcuna intenzione di costringerlo a venire qui come se fosse un criminale.» Alzai un po' la voce.
«Sta solo confermando le mie teorie in questo modo. Non succederà niente, se tu hai ragione sarà solo un semplice controllo di routine.»
«E deve controllare il mio ragazzo?»
Dire quella parola mi faceva sempre venire le farfalle nello stomaco, anche nella situazioni meno opportune.
«Ho un sospetto, e intendo risolvermi il dubbio prima di agire in maniera affrettata.» Rispose.
Sbuffai, ormai vittima dell'ansia e della nausea. Non riuscivo a stare nemmeno seduto, mi tremava tutto.
«Può stare tranquillo. Lui è innocente.» Dissi con determinazione.
«Dimostramelo. Ci vorranno solo cinque minuti»
«Se lo può scordare.»
Mi alzai dalla sedia e mi precipitai fuori dall'ufficio. Mi sentivo confuso e ancora sottopressione nonostante non fossi più davanti lo sguardo freddo del maggiore. Il sole era alto quando uscii fuori dal quel posto, ma c'erano delle nuvole enormi e scure all'orizzonte, portavano in temporale abbastanza violento.
Mentre camminavo in direzione dei cancelli di ferro, vidi una figura familiare venire verso la mia direzione. Mi ci vollero due minuti esatti per riconoscere Jungkook, e agghiacciato corsi verso di lui.
«Che cosa ci fai qui? Perché diamine sei venuto?»
«Ero preoccupato, Tae. La chiamata di ieri sera, poi quel biglietto… temevo fosse accaduto qualcosa»
«Andiamo, immediatamente prima che…»
Gli occhi di Koo si spalancarono, io rimasi immobile.
«Prima che il comandante Jun ti becchi.»
M'interruppe il maggiore.
Mi mancò l'aria quando mi voltai verso di lui, era dietro di me insieme ad altri due soldati, entrambi armati. Istintivamente allargai le braccia per proteggere Jungkook, lui sembrava alquanto confuso.
«Hai visto? A volte, i dubbi, si rivelano utili. Piacere di fare la tua conoscenza, ragazzo di Taehyung» alzò una mano per salutarlo, in due soldati camminavano lentamente, con le pistole cariche puntate su di noi.
«Ci lasci andare»
«Negativo. Bisogna interrogare il suo compagno»
«La prego. Non ha fatto niente…» mi si ruppe la voce, nel frattempo indietreggiavo intenzionato a scappare via.
«Questo verrà deciso in seguito, Taehyung. Andiamo»
«Taehyung, cosa sta succedendo?» Sussurrò Jungkook.
Rimasi in silenzio, gli diedi solo una spinta per dirgli di scappare via ma… uno dei soldati se ne accorse, e puntò la pistola sulla mia gamba premendo il grilletto solo che… a essere colpito fu Jungkook, proprio sulla spalla.
Il sangue mi schizzò sul viso, costringendomi a chiudere gli occhi. Jungkook si voltò, fece un piccolo sorriso e mi cadde addosso.

Ho inseguito le stelle|Taekook🦋Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora