Capitolo 27. Ti fidi di me?

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Capitolo 27. Ti fidi di me? Pt 1/3

"I don't wanna fall asleep"

La vita, a volte, ti riserva un destino meraviglioso… la mia invece si stava trasformando piano piano in un incubo terribile

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La vita, a volte, ti riserva un destino meraviglioso… la mia invece si stava trasformando piano piano in un incubo terribile. Stupidamente mi sono pizzicato forte una gamba, sperando che fosse solo un sogno da cui desideravo svegliarmi subito, ma il sangue caldo sulla mia faccia e il corpo senza sensi sull'asfalto grigio di Jungkook bastarono a farmi portare le mani in mezzo ai capelli e a urlare disperato. Il maggiore Jun stava rimproverando il soldato che aveva sparato addosso a Koo, ma la sua voce era ovattata e lontana, non voleva raggiungermi. Con le gambe tremanti mi sono inginocchiato vicino a lui, e piangendo a dirotto ho pregato a Dio che lo salvasse. Confuso e abbattuto, non prestando alcuna attenzione a ciò che stava accadendo davanti a me, ho preso il cellulare e ho chiamato Jimin, ma non so con quali fantastici poteri lui è riuscito a decifrare ogni mia parola; gli ho detto velocemente cos'era accaduto e dove fossi, ma la mia voce era così travolta dal pianto che io stesso faticai a capirmi, e invece Jimin mi comprendeva sempre. Mi assicurò che lui, insieme all'ambulanza, sarebbe arrivato entro cinque minuti esatti, poi riattaccò. Allora tutto è diventato un martirio.
Mettendo le mani in mezzo alle ciocche scure sulla testa si Jungkook, ho provato a chiamare il suo nome sperando che aprisse gli occhi, e invece lui restava inerte, sdraiato su un bagno di sangue e con il viso rivolto in direzione del cielo. Le sue labbra erano pallide e secche, la sua faccia stava diventando piano a piano sempre più malata, si notava dal colorito spento che stava assumendo. Le mie lacrime non ne volevano sapere di smettere di scorrere e cadevano in maniera dolorosa sugli occhi chiusi di Jungkook. La rabbia mi stava facendo diventare matto. Ce l'avevo a morte con quel mondo tanto crudele che aveva diviso le nostre strade per diciassette anni, e poi come se niente fosse le aveva riunite e di nuovo distrutte. Se Koo fosse morto io non mi sarei mai più ripreso, e la mia esistenza sarebbe diventata talmente misera che desiderare di raggiungerlo ovunque lui sarebbe andato era l'unica cosa che poteva farmi respirare senza lacerarmi il petto. Eppure in quel momento faceva tanto male… così forte, che cercai di prendermi a pugni il cuore nel tentativo di alleviare un dolore, che certo, non sarebbe mai passato se Jungkook non si fosse svegliato. Ma il destino non poteva essere un po' clemente con me? Non avevo già visto troppe pene per darmi anche quel colpo di grazia? Non osavo immaginare nemmeno cosa sarebbe accaduto da quel momento in poi dopo la dipartita di Jungkook. Avrei dovuto dire ai suoi genitori che lo avevo ritrovato ma che il fato mi odiava e per colpa mia aveva lasciato il mondo prima che potesse fare ritorno a casa. Con quale coraggio potevo andare dalla signora Jeon e dirle tutto questo? Mi sentivo morire alla sola idea.
Mi sono quasi convinto che la felicità per me era un'utopia, bellissima sì, ma irraggiungibile. Avevo avuto un suo assaggio con la comparsa di Jay, poi con il ritrovamento di Jungkook, ma la dura verità era che non meritavo di essere felice, quindi mi era stato tolto tutto, persino l'amore della mia vita. Se questo era ciò che mi spettava, allora volevo morire anch'io. Tutto sarebbe andato meglio in qualsiasi posto, l'importante era che al mio fianco ci fosse Jungkook, nessun altro poteva essere paragonato a lui, e nessun altro poteva farmi stare meglio se non era lui.
«Perché l'ha fatto?» Stranamente la mia voce era un sussurro nonostante la rabbia mi divampasse dentro.
Il maggiore Jun si avvicinava a piccoli passi, vedevo nel suo volto un pentimento quasi tangibile, ma ciò non bastava a farmi calmare.
«Come hai potuto proteggere, nascondere e amare… un soldato del nord. Come?» Notai un certo risentimento nelle sue parole, mischiate al senso di colpa per aver colpito quel ragazzo tanto giovane e bello che non meritava di morire.
«Non era del nord. Lui… lui è originario di qui. Era stato rapito diciassette anni fa e costretto da un sistema più grande a comportarsi in questo modo, ma non ha mai fatto del male a nessuno e me la pagherete tutti se non si riprenderà!» Urlai.
Il maggiore Jun si fermò a metà strada, strabuzzò lo sguardo e aprì la bocca agghiacciato.
«Che cosa significa che è stato rapito?» Domandò.
Mi faceva male la gola per via dei singhiozzi e delle urla. Una piccola speranza si accese in me quando sentii in lontananza il suono stonato dell'autoambulanza, quindi raccolsi tutte le mie forze e sollevai Koo da terra, stringendolo forte tra le mia braccia.
«È Jeon Jungkook. Si ricorda? Fu rapito del duemilacinque.» L'odio che traspariva dalla mia voce era abbastanza chiaro. Non li avrei mai perdonati, nè per non essersi impegnati a dovere nella sua ricerca durante a tutti quegli anni, nè per averlo colpito con un proiettile che poteva ucciderlo.
«Com'è possibile? Io non…» fui interrotto dall'arrivo dell'ambulanza, subito seguita dalla Porsche bianca di Jimin. Due infermieri mi raggiunsero con la barella, la poggiarono a terra e poi mi strapparono via dalle mani Jungkook. Buttai il viso tra i palmi, sentendo l'aria mancarmi. Se qualcuno lassù mi stesse ascoltando, volevo che lo salvasse.
Jimin sbatté lo sportello dell'auto, corse in mia direzione e mi strinse tra le braccia. Anche lui era molto pallido, lo sentivo tremare sul mio corpo.
«Lo salveremo, te lo prometto Tae» sussurrò avvilito.
«Ti prego Jimin, è tutto ciò che mi resta… se dovesse morire, morirò insieme a lui» piansi.
Nel frattempo gli infermieri stavano cercando di dare un primo soccorso a Jungkook, ma i loro tentativi erano vani.
«Dottor Park! Non mostra alcun segno di vita e i suoi battiti sono veramente deboli»
Jimin si abbassò all'altezza di Jungkook, mise due dita sul suo collo, poi sui polsi freddi. La sua espressione non mi piaceva affatto, l'ansia mi stava torturando vivo.
«Che succede Jimin?» Domandai disperato.
Lui non mi rispose, si rivolse agli infermieri. «Dovete caricarlo in ambulanza e portarlo immediatamente in ospedale. Io vi sto dietro. Subito!» Esclamò, si rimise in piedi e mi prese la mano, trascinandomi verso la sua macchina.
«No, non lo voglio lasciare… Jimin, dimmi cosa sta accadendo» dissi disperato.
Il mio migliore amico mi fece entrare in auto e dopo che l'ambulanza partì a tutta velocità lui fece lo stesso.
«Tae, credo che il proiettile sia finito troppo vicino al cuore» rispose all'improvviso.
Mi sentii invaso dalla nausea provocata dalla bile che risaliva senza fermarsi mai fino al mio petto.
«Cosa… cosa significa… pensavo che fosse stato colpito sulla spalla, perché mi stai dicendo così?»
«Il buco sul giubbotto che indossava Jungkook è qualche centimetro più in là del cuore. Bisogna che il proiettile venga immediatamente rimosso e applicare un massaggio cardiaco» andava velocemente, senza mai spostare la sua attenzione dalla strada.
Rimasi bloccato a fissare un punto indefinito della macchina di Jimin, con la testa che mi scoppiava e il cuore che chiedeva un po' di pietà, stava soffrendo come un cane e io non sapevo cosa fare per dargli sollievo.
«Questo significa… significa che…» mi mancavano le parole.
«Adesso non devi pensare a cosa significa. Farò tutto quello che è in mio possesso sulle mie capacità per salvare Jungkook. Anche a costo di operarlo per una giornata intera senza sosta, ma per fare ciò ho bisogno che tu stia tranquillo e non ti faccia prendere dal panico.»
«Come posso? Come posso, Jimin? Se rischia la morte… io come posso stare tranquillo e non pensare alle terribili conseguenze che potrebbero riversarsi su Jungkook? Lui è tutta la mia vita, non posso stare tranquillo quando qualcosa minaccia la sua» mi passai le mani sugli occhi, ma non aveva alcun senso perché tanto le lacrime non smettevano mai di scorrere.
«So che è molto difficile, ma se mi dai modo di preoccuparmi anche di te non riuscirò a concentrarmi a dovere. Sarai informato di qualsiasi cosa accadrà dentro la sala operatoria, ma promettimi che non ti torturerai di paranoie e sensi di colpa.»
«Non posso promettertelo. Sto già pieno di ansia a paranoie. Non posso prometterti questo, Jimin. Fino a quando non verrai a dirmi che lui sta bene ed è tutto passato, io non starò bene altrettanto»
Jimin fece un sospiro, e stava per voltarsi un attimo solo verso di me quando fu costretto a frenare di botto. L'ambulanza era ferma, la strada chiusa per lavori in corso.
«Cazzo, no» sussurrò Jimin.
Fissai la scena con gli occhi spalancati. Non poteva essere vero.
«Non c'è una strada secondaria, Jimin?» Chiesi trattenendo il respiro.
«È troppo lunga, il viaggio potrebbe essere fatale per Jungkook» disse non togliendo mai gli occhi dalla transenne. Sembrava che stesse pensando attentamente a qualcosa, mentre io perdevo il controllo di me stesso.
«Che cosa facciamo allora Jimin? Non voglio che muoia!» Alzai la voce.
Lui mi mise una mano sulla gamba, poi mi rivolse una lunga occhiata.
«Ti fidi di me?» Domandò.
Rimasi un attimo in silenzio. Che cosa aveva in mente?
«Sì, Jimin. Mi fido»
«Benissimo» si slacciò la cintura di sicurezza e raggiunse gli infermieri.
Lo raggiunsi subito, anche se non avevo idea di cosa volesse fare. Avrebbe salvato Jungkook? Non m'importava nulla dei modi, volevo solo che lui non morisse.

Ho inseguito le stelle|Taekook🦋Where stories live. Discover now