I bulli

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A volte i bambini possono essere peggiori degli adulti che li hanno generati e cresciuti. 

A volte dicono e fanno cose sbagliate, che possono ferire qualcuno e il più delle volte lo fanno senza capire il vero motivo del gesto né e soprattutto la gravità del danno arrecato.

Tutti sapevano che Rosso era diverso e ciò che è diverso ahimè spaventa sempre. Così per difendersi iniziarono ad attaccare invece di venir spinti dalla curiosità di capire per meglio conoscere.

Sapevano che Rosso aveva l'abitudine di alzarsi presto e passeggiare lungo il margine esterno del bosco. 

Così quella mattina, un gruppetto di ragazzini un po' più grandi di lui, decise di metter paura al povero Rosso, così senza un vero motivo, solo per puro divertimento.

Lo aspettarono nascosti dietro i primi cespugli che facevano da cornice d'ingresso al sentiero che portava dritto al cuore del bosco, trattenendo con le mani il respiro della bocca carico delle risate che già pregustavano di farsi.

Quella mattina Rosso non era di buon umore, di più. 

Sua madre, la sera prima, gli aveva fatto un dono inaspettato. Dopo essere rientrata a casa dal bosco, particolarmente allegra ed entusiasta, si era messa a lavorare di buona lena, fino all'ora di cena, senza fermarsi un istante.

Quando ormai la stanza era accesa solo dal lume della candela, era andata da lui e gli aveva messo tra le mani un fagotto ben annodato.

"È un regalo, aprilo" gli aveva detto sorridente.

"Un regalo? Per me?" aveva chiesto lui colmo di stupore.

Lei aveva annuito, gongolandosi nell'attesa di vedere la sua reazione.

Rosso aveva aperto in un lampo il fagotto mettendo alla luce una stoffa di un rosso brillante che anche nella flebile luce della candela era apparso talmente vivo da sembrare pulsante.

Con le manine aveva preso due lembi di quel tessuto e allargando le braccia, aveva lasciato che la sorpresa prendesse forma: un mantello con tanto di cappuccio si era fatto ammirare dai suoi occhi già colmi di gioia.

"È per me?" aveva chiesto incredulo, per averne la certezza.

La mamma si era limitata ad annuire, assaporando tutto l'entusiasmo dilagare nelle espressioni incontenibili del figlio.

"È bellissimo!" aveva esclamato saltando giù dal letto ed indossandolo subito "Come mi sta?"

"Più che bene direi" aveva commentato lei sistemandogli la chiusura in un fiocco ben fatto.

"Non vedo l'ora che sia domani per poterlo indossare!"

E così aveva fatto.

Entusiasta, era uscito di casa, sfoggiando con orgoglio il cappuccio rosso vivo sulla testa.

 L'avrebbe mostrato anche al Cacciatore che però quella mattina, non solo non era passato alla fontana ma era stranamente in ritardo. 

Decise di attenderlo all'inizio del bosco, al punto fino a cui di norma era solito accompagnarlo per poi lasciarlo entrare e sparire nel verde fitto.

L'attesa fu lunga ma Rosso aveva pazienza perché ci teneva troppo a mostrargli il lavoro della sua mamma. Ma il Cacciatore non arrivò e purtroppo Rosso, al posto di un amico, finì con l'attendere, inconsapevolmente, più di un nemico.

Sbucarono tutti insieme dai loro nascondigli, con un balzo quasi all'unisono, che fece schizzare il cuore in petto al povero Rosso.

I ragazzini, sull'esempio dei genitori, se ci si mettono, sanno far male anche e soprattutto con le parole. E di parole brutte ne dissero a Rosso: che era una femmina, che era malato, che era brutto, che era un mostro.

Il Cappuccio RossoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora