Capitolo 28. Ricordi indelebili

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Capitolo 28. Ricordi indelebili pt1

"Moon in a summer night, whispering of the stars"

Jungkook è sempre stato il mio migliore amico dai tempi dell'infanzia, ricordo il giorno in cui è arrivato a Seoul con estrema chiarezza

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Jungkook è sempre stato il mio migliore amico dai tempi dell'infanzia, ricordo il giorno in cui è arrivato a Seoul con estrema chiarezza.
Quasi fosse arrivato il momento di abbandonare per sempre il mondo, tutti i momenti più belli passati insieme si sono accesi all'improvviso, come proiettati da uno schermo del cinema direttamente dentro la mia testa. Non so quale strana magia stesse accadendo, forse Dio aveva richiamato entrambi a sé perché ha capito che senza l'altro vivere non aveva senso per nessuno dei due, e allora si è preso prima lui e subito dopo anche me. Mi sentivo felice, o estremamente triste? Fino a pochi minuti prima stavo parlando con mia madre, quello dopo ero finito in un loop buio e infinito, e da lontano, come se stessi guardando attraverso un binocolo gigante, c'eravamo io e Jungkook, avevamo fatto un salto nel tempo di ben diciassette anni. È stato così che mi è tornato nella memoria il primo giorno in cui l'ho visto.
Piangeva all'ombra sicura di una quercia nel parchetto vicino a casa mia. Cosa mi ha spinto ad avvicinarmi a lui, quella mattina? Forse la curiosità, forse mi mancava un vero amico a cui confidare ogni cosa di me. Certo, in verità avevo Bogum. Noi due siamo stati ottimi amici per molto tempo, prima che però certe mancanze hanno iniziato a farsi strada del mio petto come un fiume in piena. Ero piccolo, a soli nove anni cosa potevo mai comprendere di amicizia e amore? Quando si è bambini non si fa caso a queste cose, ed essere il compagno di giochi di uno o di un altro non fa alcuna differenza, l'importante è divertirsi insieme. Invece io avevo già capito a quei tempi la sottile differenza che c'è tra un amico e un migliore amico, mi bastava guardare Bogum e poi Jungkook per comprenderla.
Io e Koo abbiamo legato subito, probabilmente le nostre anime stavano aspettando che l'altro arrivasse per cambiare la nostra vita. Sono stati gli anni più belli della mia esistenza. Non passava un giorno soltanto in cui non stavo almeno un'ora in sua compagnia; l'ho difeso da Bogum un sacco di volte, abbiamo giocato a casa Jeon, nella mia, nei cortili e nei parchetti. Sembrava che niente potesse renderci più felici che essere insieme, sia che fuori ci fosse il sole, sia che piovesse a dirotto. È stato in questo modo che ho compreso l'importanza di avere un amico caro, sempre presente nei momenti belli che in quelli brutti. È stato tutto bellissimo fino a quando, all'alba del mio nono compleanno, nessuno mi ha aperto la porta quando sono andato a cercare Jungkook per festeggiare con lui. Mi è sembrato strano, ma non ho dato nessun peso a quel dettaglio. Ma poi nessuno ha aperto il giorno dopo, né quello dopo ancora. Tutto rimaneva silente a casa Jeon. Poco più tardi mia madre si è seduta sul mio letto. Aveva gli occhi lucidi e il naso arrossato. Ho subito avuto il sentore che fosse accaduto qualcosa di terribile, l'asma ha iniziato piano piano a smorzare il mio respiro.
«Taehyung, amore mio. Jungkook è stato portato via, i suoi genitori non riescono più a trovarlo»
In questo modo è arrivato il mio primo attacco di panico. Ho sentito che i miei polmoni si sono rifiutati categoricamente di funzionare. La gola si è chiusa in un nodo talmente stretto che persino le parole non riuscivano a passare da lì, non fui nemmeno in grado di esprimere quanto diamine facesse male avere la sensazione di non poter mai più rivedere una persona a cui si vuole tanto bene.
I giorni di convalescenza sono stati pesanti per mia madre. Per un paio di settimane sono stato costretto a stare a letto, il dottore veniva continuamente a farmi visita e mi chiedeva ogni volta  se mi ricordassi di un certo Jeon Jungkook. La risposta era sempre no, le lacrime di mia madre sempre pronte a scorrere dai suoi occhi gentili. Cosa c'era d'importante da ricordare? Non avevo alcuna idea di chi fosse quel bambino che mi veniva spesso nominato.
Crescendo ho quasi del tutto dimenticato quella vicenda, a volte però sentivo una mancanza dentro al petto, quasi ci fosse un pezzo meno nel puzzle che mi componeva. Credevo che Jimin e Somin bastassero a riempire i buchi, ma non era così e dopo ben sei anni di relazione con quella ragazza, una sera di aprile ho capito che lei non era la persona giusta per me. Eravamo stati insieme fino a qualche ora prima; un film al cinema e una pizza nel suo ristorante italiano preferito. Abbiamo anche parlato del più e del meno, fantasticava su quali nomi scegliere per il nostro primo bambino, è stato allora che qualcosa dentro di me si è rotto. Non ero pronto ad avere un figlio, la sola idea mi destabilizzava. È bastata una sola parola negativa da parte mia a far scoppiare la lite, una lacrima solitaria le ha rigato la guancia, delle frasi poco carine le sono uscite di bocca ed ecco che ho appreso una verità scomoda: l'amore che provavo per lei non era platonico, somigliava a quello che mi legava a Jimin, anzi ancora meno.
«Ho bisogno di una pausa. Lasciami stare un po' di tempo da solo»
«Sei uno stronzo, non voglio mai più vederti»
Mi ha lasciato lì. Ha preso le sue cose ed è andata via. Non so per quale ragione, mentre correvo da Jimin, piangessi tanto. Forse mi sentivo solo in colpa per ciò che le avevo fatto, in fin dei conti non meritava di essere trattata in quel modo. Camminai a testa bassa, con le lacrime agli occhi, per un lungo tratto di strada. Il cielo brillava grazie ai mille puntini luminosi che creavano delle scie luccicanti in quello che sembrava essere un sentiero da seguire, e allora mi sono scontrato con un ragazzo che camminava verso la mia direzione. Abbiamo battuto le spalle. Ho alzato velocemente lo sguardo sul suo, lui mi ha guardato dritto dritto nell'anima.
«Perdonami» ho detto velocemente.
Lui mi ha rivolto una lunga occhiata, ma non potevo vedere bene il suo viso perché era coperto da una mascherina.
«Fa nulla, non preoccuparti»
Sei sempre stato al mio fianco, Jungkook? Ho come avuto la continua sensazione che lui non mi avesse mai abbandonato. Il suo ricordo viveva ancora nel mio inconscio, avevo solo bisogno di tempo per riuscire a svegliarlo. Che strane coincidenze che crea la vita a volte. Quella stessa sera io mi sono ricordato di lui, e tutto perché lo avevo incontrato. Se solo l'avessi saputo prima l'avrei portato in un luogo lontano, dove potevamo stare insieme per sempre senza se e senza ma. Un luogo in cui non esistevano conflitti tra i paesi, dove non c'era un padre pronto a odiarti solo perché non accettava uno stile di vita. Quello allora sarebbe diventato il mio mondo ideale, e lui avrebbe fatto parte della mia vita fino a quando la morte non ci avrebbe separati. Forse quel momento era già arrivato?
Nella mia mente c'erano ancora delle frasi sconnesse che rimbombavano tutt'intorno, stavano prendendo posto delle scene insieme a Jungkook.
«Taehyung? Taehyung! Perché non mi hai ascoltato, dovevi farti controllare!»
Stava gridando qualcuno.
«Scusa, hai detto Jeon Jungkook? La cartella di Jeon Jungkook?» un'altra voce richiamava la verità.
«No, no, no! Jungkook, respira!  Ji-Nah aumenta la frequenza. Uno, due, tre, libera.» quello era Jimin.
Non capivo cosa stava accadendo, e prima del buio più totale mi chiesi se fossi ancora vivo o meno.

Ho inseguito le stelle|Taekook🦋Where stories live. Discover now